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Testimonianza dall’Osservatorio del Nursing Up: la voce di Laura, infermiera “dal fronte”

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La confessione shock: «Questo lavoro mi schiaccia e mi toglie il respiro, se potessi scapperei via. Ci penso ogni giorno»

ROMA, 3 NOVEMBRE 2025 – “Fare l’infermiere non è una vocazione. Basta con queste tristi retoriche. È resistenza, è come essere ogni giorno al fronte, laddove il triste teatro delle nostre battaglie è la corsia di un ospedale”. Con queste parole comincia il racconto della “nostra” Laura, infermiera, come tante, “al fronte”, che attraverso l’Osservatorio del Sindacato trasforma la propria confessione in un grido collettivo che vuole, può e soprattutto deve arrivare dritto e forte alla politica e ai media.

Un racconto che non parla solo di lei, perché la storia di Laura è la storia di tante infermiere, ma soprattutto di migliaia di donne italiane, professioniste qualificate, ma soprattutto madri, mogli, figlie, stremate e schiacciate nel profondo da un sistema che le vuole invisibili per le istituzioni, ma sempre presenti per i pazienti.

«Resistiamo come su una nave alla deriva, al collasso di un sistema che ci celebra solo quando serve, poi ci dimentica e ci getta via come rifiuti», scrive Laura all’Osservatorio Nursing Up. «Combattiamo come soldatesse in trincea: i nostri nemici, però, si chiamano turni infiniti e massacranti, ferie negate, burocrazia che ci soffoca e ci stringe come un nodo alla gola. La professione infermieristica, più che mai nel 2025, vale la pena ribadirlo, non è vocazione, basta con queste affermazioni: è scelta, è competenza, è dignità. Ma a volte mi sembra di vivere in apnea: respiro solo quando esco dall’ospedale, e anche lì, il peso che porto sul petto non si stacca, non mi lascia vivere serena come vorrei».

La voce di Laura è quella di tante infermiere italiane, che condividono il suo grido di dolore

Il racconto di Laura è il racconto di chi lavora oltre cinquanta ore a settimana, spesso con contratti precari, di chi non vede riconosciuto il proprio impegno, di chi teme le aggressioni da parte di pazienti fuori controllo, di chi si ritrova costretto a rinunciare, gioco forza, al tempo da dedicare famiglia, agli affetti, alla vita personale, di chi non ha più energie per essere madre o moglie come vorrebbe.

«Come può una donna oggi essere serena – si chiede Laura – quando si guadagna così poco rispetto a ciò che si offre ogni giorno ai pazienti, in termini di competenze e valori umani? Come dobbiamo sentirci rispetto al marito o ai figli a cui resta solo il tempo di una carezza distratta?».

L’Osservatorio Nursing Up, già operativo come strumento di ascolto e monitoraggio costante del disagio professionale, ha raccolto negli ultimi mesi decine di testimonianze analoghe. I dati confermano un allarme che non è più silenzioso: secondo l’OMS Europa1 infermiere su 3 mostra sintomi di ansia o depressione1 su 10 ha avuto addirittura pensieri suicidari1 su 3 è stato vittima di bullismo o minacce1 su 10 di molestie o violenze fisiche.

In Italia, i dati INAIL segnalano oltre 14.000 casi annui di disturbi da stress lavoro-correlato, con una crescita del 42% negli ultimi dodici mesi.

Dietro ogni cifra, c’è una vita che si incrina: turni massacrantiassenza di turnoverstipendi non adeguati al costo della vitascarse opportunità di carriera. Un lavoro che diventa una lotta quotidiana per non crollare, una “resistenza” che, come scrive Laura, “è la nostra salvezza silenziosa, ma anche il segnale che qualcosa si è davvero rotto”.

Per il presidente Antonio De Palma, «questa testimonianza, come tante raccolte dall’Osservatorio, è la prova lampante che la salute mentale degli infermieri non è più una questione privata. È un tema di sanità pubblica, un’emergenza sociale che il Paese deve affrontare con coraggio politico. Non si può curare senza essere curati, non si può ascoltare senza essere ascoltati».

Il Nursing Up lancia così un appello alle istituzioni: rendere priorità nazionale la tutela della salute mentale degli operatori sanitari, attivando percorsi di supporto psicologico, riconoscimenti economici e condizioni di lavoro che restituiscano dignità a chi cura.

Perché, come ricorda Laura, «basta con la favola del cuore grande. Parliamo di diritti, non di sacrifici. Di dignità, non di missioni. Di lavoro, non di miracoli».

E quando la resistenza si incrina, serve ascoltare, serve capire, serve risolvere, serve ricostruire. Serve capire che resistere non è vocazione, è reale allarme sociale.
Ed è proprio l’Osservatorio Nursing Up a tenere accesa la luce su quel grido che nessuno può più ignorare. «E nessuno osi spegnerla», conclude De Palma. 

Redazione NurseTimes

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