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Suicidio assistito, a due anni dalla richiesta arriva il via libera dell’Asl per Laura Santi, affetta da sclerosi multipla

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Laura Santi, 50enne di Perugia, affetta da una forma progressiva e avanzata di sclerosi multipla, è ora libera di scegliere: dopo due anni dalla sua richiesta per l’accesso al suicidio assistito, due denunce, due diffide, un ricorso d’urgenza e un reclamo per ottenere una risposta da parte della azienda sanitaria umbra, è arrivata la relazione della commissione medica che attesta il possesso da parte di Laura Santi di tutti e quattro i requisiti previsti dalla sentenza della Corte Costituzionale sul caso Cappato\Dj Fabo che in Italia ha legalizzato il “suicidio assitito”.

Per individuare farmaco e modalità per procedere, dalla Direzione Sanitaria con una rappresentanza della Commissione medica, è stato richiesto un incontro che avverrà nelle prossime settimane. La relazione medica ha riconosciuto, dunque, che Laura Santi è: 1) capace di autodeterminarsi; 2) affetta da una patologia irreversibile; 3) che provoca sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili;  4) dipendente da trattamenti di sostegno vitale.  

In particolare, la commissione medica ha confermato la presenza di questo ultimo requisito, inizialmente non riconosciutole, anche sulla base dell’ultima sentenza della Corte costituzionale (135/2024) -dove la stessa Laura Santi era intervenuta nel giudizio in Corte costituzionale ed era stata ammessa- secondo cui alcune procedure che “si rivelino in concreto necessarie ad assicurare l’espletamento di funzioni vitali del paziente, al punto che la loro omissione o interruzione determinerebbe prevedibilmente la morte del paziente in un breve lasso di tempo, dovranno certamente essere considerate quali trattamenti di sostegno vitale”. 

Laura Santi è dunque la prima cittadina umbra, e la nona  persona in Italia, a ottenere il via libera per l’accesso alla morte volontaria assistita. Prima di lei avevano ricevuto il via libera Federico Carboni (nelle Marche), la signora “Gloria” (in Veneto) e “Anna” (in Friuli Venezia Giulia) che in seguito hanno proceduto con l’autosomministrazione del farmaco letale. Mentre Stefano Gheller (in Veneto), dopo aver ricevuto la relazione finale con la conferma dei requisiti previsti dalla Consulta, scelse di non procedere con l’aiuto alla morte volontaria, è successivamente deceduto a causa della malattia, e “Antonio” (sempre nelle Marche) che ha ottenuto il “semaforo verde” e ha poi deciso di voler continuare a vivere.

Laura Santi per ottenere il rispetto della sua volontà e l’applicazione delle due sentenze della Consulta ha dovuto rivolgersi alla giustizia civile e penale, depositando le denunce contro la USL Umbria e partecipando sempre alle udienze in Tribunale.

Laura Santi ha dichiarato: “Sono anni che lotto per difendere la libertà di scelta alla fine della vita. Una battaglia che porto avanti, per me e per tutte le persone che si trovano si troveranno in situazioni simili, da molto prima che la mia malattia si aggravasse e mi rendesse completamente tetraplegica, preda di dolori, spasmi e sofferenze quotidiane. Ora sono felice di sentirmi veramente libera di scegliere. I tempi di risposta del Servizio Sanitario Regionale, così come sono ora, sono intollerabili perché aggiungono sofferenza a sofferenza. Per questo, se ci fosse stata una legge regionale che stabilisce tempi certi di verifica, avrei evitato circa due anni di attesa. Mi auguro che il prossimo Consiglio regionale voglia finalmente discutere e approvare la legge “Liberi Subito”, come chiediamo insieme all’Associazione Luca Coscioni da 2 anni”. 

Dichiarazione di Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, e Filomena Gallo, segretaria dell’Associazione Luca Coscioni e coordinatrice del team legale che assiste Laura Santi: “La tenacia con la quale Laura ha resistito e persistito nell’agire alla luce del sole per l’affermazione dei propri diritti è un atto di amore e di fiducia -nonostante tutto- nei confronti della legge, e persino della sua Regione. I due anni di attesa ai quali è stata costretta sono invece il risultato di accanimento burocratico e ostilità ideologica da parte del potere regionale che gestisce la Sanità. Speriamo che ora Laura, anche grazie alla risposta finalmente ottenuta, riesca ora a conquistare nuovo tempo ed energie per proseguire la nostra comune lotta di libertà. Noi resteremo al suo fianco qualunque sarà la sua scelta”.

QUI tutte le tappe della storia di Laura Santi

LE RICHIESTE DI “SUICIDIO ASSISTITO” IN ITALIA


CHI HA CHIESTO E OTTENUTO L’ ACCESSO AL SUICIDIO ASSISTITO IN ITALIA

  1. Nel giugno 2022, Federico Carboni, 44enne di Senigallia, conosciuto durante la sua battaglia con il nome di fantasia “Mario”, è stato il primo italiano ad aver chiesto e ottenuto l’accesso al suicidio medicalmente assistito, reso legale dalla sentenza della Corte costituzionale 242/2019, dopo quasi due anni dalla prima richiesta alla azienda sanitaria e dopo una lunga battaglia legale, in cui è stato assistito dall’Associazione Luca Coscioni. La strumentazione per l’autosomministrazione del farmaco è stata acquistata tramite una raccolta fondi organizzata dall’Associazione Luca Coscioni e la consulenza medica è stata del dottor Mario Riccio, già anestesista di Piergiorgio Welby. (Qui l’intera vicenda)
  2. Nel 2023, “Gloria” (nome di fantasia), donna veneta di 78 anni, paziente oncologica, è stata la seconda italiana, dopo Federico Carboni, ad accedere al suicidio medicalmente assistito e la prima ad aver ricevuto il farmaco letale e la strumentazione per la sua autosomministrazione da parte della ASL competente. Anche nel suo caso, l’assistenza medica è stata prestata dal dottor Mario Riccio, anestesista di Welby e medico di fiducia di Federico Carboni. L’azienda sanitaria veneta, nel valutare la presenza dei requisiti per l’accesso al “suicidio assistito” di “Gloria”, ha considerato i farmaci antitumorali mirati come trattamento di sostegno vitale. Il Veneto è dunque la prima Regione in cui la sentenza numero 242/19 della Corte costituzionale è stata applicata nel pieno rispetto della Carta costituzionale.
  3. Nel 2023, “Anna” (nome di fantasia), donna di 55 anni affetta da sclerosi multipla, è la terza italiana ad accedere al suicidio medicalmente assistito, la prima ad aver potuto accedere alla procedura con l’assistenza completa del Servizio sanitario nazionale. Infatti il farmaco letale e la strumentazione sono stati forniti dal SSN e un medico individuato dall’azienda sanitaria, su base volontaria, ha provveduto a supportare l’azione richiesta nell’ambito e con i limiti previsti dalla Ordinanza cautelare pronunciata dal Tribunale di Trieste, il 4 luglio 2023, e quindi senza intervenire direttamente nella somministrazione del farmaco, azione che è rimasta di esclusiva spettanza di “Anna”.


CHI HA CHIESTO E OTTENUTO L’ACCESSO AL SUICIDIO ASSISTITO IN ITALIA, MA HA SCELTO DI NON PROCEDERE

Oltre a chi ha chiesto e ottenuto il suicidio assistito in Italia, ci sono state altre due persone che, dopo aver fatto richiesta e aver ricevuto il via libera, hanno scelto di non procedere.

  1. “Antonio” (nome di fantasia), marchigiano tetraplegico dal 2014, dopo ben due anni dalla sua richiesta, nel 2023 ha ottenuto il via libera per poter accedere legalmente al “suicidio assistito”. Da quel momento è libero di scegliere se e quando porre fine alle sue sofferenze.

2. Nel 2023, Stefano Gheller, 49enne veneto, affetto da distrofia muscolare. Dopo aver ottenuto questo diritto, Gheller ha scelto di non accedere alla pratica. È morto a causa dell’evoluzione della malattia nel 2024.

CHI HA CHIESTO E OTTENUTO L’ACCESSO AL SUICIDIO ASSISTITO IN ITALIA, MA NON HA ANCORA POTUTO PROCEDERE   

Tre persone ad oggi hanno chiesto ed ottenuto il via libera al suicidio assistito in Italia ma al momento non hanno ancora potuto procedere.

CHI AD OGGI HA CHIESTO, MA NON OTTENUTO, IL VIA LIBERA PER ACCEDERE AL SUICIDIO ASSISTITO IN ITALIA

  1. Nel 2021, Daniela, pugliese di 37 anni, affetta da un tumore al pancreas senza possibilità di cura, ha inoltrato la richiesta di accesso alla morte volontaria assistita, alla ASL della regione di residenza (Lazio) e a quella di domicilio (Puglia). Dopo mesi di attese e il primo diniego, dall’Asl di Roma, Daniela muore a causa del cancro, come non avrebbe voluto. Dopo due giorni dalla sua morte, la ASL pugliese comunica l’inizio delle visite per la valutazione delle sue condizioni. 
  2. Nel 2022 Fabio Ridolfi, 46enne di Fermignano, da 18 anni immobilizzato a letto, a causa di una patologia irreversibile, ha fatto richiesta per poter accedere al “suicidio assisitito” ma a causa dei ritardi e della inadempienza dell’ASUR Marche, ha scelto di voler porre fine alle sue sofferenze tramite la sedazione profonda e continua.
  1. Martina Oppelli, 49 anni di Trieste, tetraplegica, affetta da sclerosi multipla, completamente immobile, e dipendente dall’assistenza di terzi, ha diffidato l’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (ASUGI) dopo il diniego ottenuto nel 2024 alla sua richiesta di accesso al “suicidio assistito” e presentato ricorso in Tribunale per la corretta identificazione della sua condizione. L’azienda sanitaria di riferimento non le riconosce il criterio del “trattamento di sostegno vitale”. Oppelli ha dichiarato di essere pronta ad andare in Svizzera per porre fine alle proprie sofferenze.

Oltre a loro, un’altra persona ha richiesto, ma non ottenuto l’accesso alla morte volontaria in Italia. A seguito del diniego, è stata costretta ad andare in Svizzera per poter porre fine alle proprie sofferenze. 

  1. Sibilla Barbieri, 58 anni, paziente oncologica, ha ricevuto nel 2023 un diniego da parte della propria ASL alla richiesta di accesso al suicidio medicalmente assistito, perchè non sarebbe stato presente il requisito del “trattamento di sostegno vitale”. Barbieri, tramite i suoi legali, si è opposta al diniego della ASL, senza avere alcun riscontro. La ASL senza effettuare ulteriori verifiche ad un mese dalla prima verifica, ha confermato il parere espresso. Per questo, visto il progressivo peggioramento delle sue condizioni di malata terminale ha deciso di autosomministrarsi il farmaco letale lontana da casa sua e andare quindi in Svizzera, dove è stata accompagnata tramite un’azione di disobbedienza civile dagli attivisti di “Soccorso Civile”.

Redazione Nurse Times

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