La vulnerabilità del Ssn è uno dei temi centrali affrontati durante il convegno “Sicurezza nel lavoro in sanità: infortuni, stress, burnout e incolumità fisica. Affrontare l’importanza della sicurezza del lavoro tra gli operatori sanitari”, organizzato all’Università UniCamillus di Roma nel contesto del ciclo di convegni “Orizzonti della Medicina”, promosso da Terza Missione.
Vulnerabilita che rappresenta un vero paradosso, come sottolinea il Rapporto Inail 2023, dal quale risulta che la categoria più esposta a rischi sul lavoro è quella degli infermieri. E come ribadito da Barbara Porcelli, consigliera Fnopi, all’interno del focus sulla sicurezza sul lavoro in ambito sanitario: “Non dovrebbe esservi organizzazione più sicura del sistema sanitario, considerando che il suo obiettivo è proprio la sicurezza dei cittadini, mentre poi non si è altrettanto attenti alla sicurezza degli operatori sanitari”.
Il problema della mancanza di sicurezza per medici e operatori sanitari è dovuta a rischi evitabili e non evitabili. Lo ha evidenziato Giovanni Palombi, responsabile della Uoc Sicurezza e prevenzione dell’Asl Roma 2: “Tra i rischi evitabili figurano i turni massacranti e la mancanza di organizzazione. Tra i rischi non evitabili, invece, figurano quello di aggressione e quello biologico da contatto con fluidi infetti. Il problema è di tipo culturale, perché manca la sensibilità in merito alla sicurezza”.
Centrale appare la figura del medico del lavoro, spiegata da Antonio Pietroiusti, professore ordinario di Medicina del lavoro all’UniCamillus: “Si tratta di una figura cruciale, poiché si occupa di prevenire gli infortuni e di effettuare visite mediche per assicurarsi che i lavoratori godano di buona salute. Quindi il medico competente deve coniugare conoscenze mediche e lavorative, e adattarle allo specifico contesto lavorativo. Ma non solo: deve anche avere buone skill di comunicazione per spiegare ai lavoratori il perché di determinate scelte di sicurezza, rendendoli consapevoli del valore della propria salute”.
Patrizio Rossi, sovrintendente sanitario centrale Inail, ha ricordato come sia spesso l’integrità psico-fisica degli operatori sanitari a essere minata: “Medici e infermieri sono sottoposti a uno stress cronico, dovuto a responsabilità, lavoro spesso svolto da soli e turni logoranti. La scala percentuale di malattie contratte più spesso sul luogo lavorativo ci dice che il 68% riguarda le patologie osteo-articolari, il 15% le malattie del sistema nervoso, l’8% problemi all’udito, il 4% i tumori e un altro 4% le malattie respiratorie, con un 1% di malattie della cute”.
Da non sottovalutare, poi, il fenomeno del burnout. “E’ uno dei rischi maggiori, ma tra i meno denunciati dagli operatori sanitari, perché sarebbe come confessare una fragilità”, ha spiegato Lucilla Livigni, coordinatrice dell’Area benessere organizzativo e rischi psicosociali della sezione Medicina del lavoro di Tor Vergata, in pieno accordo con Andrea Magrini, direttore sanitario del Policlinico Tor Vergata, il quale ha anche sottolineato “l’aspetto dei suicidi tra gli operatori sanitari”.
Il concetto di organizzazione del gruppo è una chiave che può tornare utile anche dal punto di vista contrattuale. E’ quanto affermato infine da Andrea Filippi, segretario nazionale Cgil – Area Sanità Funzione Pubblica: “Altrimenti i liberi professionisti rischiano di diventare meri prestatori d’opera”.
Redazione Nurse Times
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