Il sindacato evidenzia la carenza di 175mila infermieri e avverte: la nuova riforma di accesso a Medicina rischia di ingrossare un esercito di giovani medici disoccupati, con gravi ripercussioni sul SSN.
Il recente provvedimento che ha ampliato drasticamente i posti nei corsi di laurea in Medicina apre le porte a decine di migliaia di nuovi studenti. Secondo Nursing Up, questo cambiamento strategico delle politiche sanitarie potrebbe tradursi, nel medio termine, in un surplus di oltre 10.000 giovani medici in cerca di collocazione professionale, in un contesto già fragile per carenza di personale infermieristico e ostetrico.
Riforma di accesso a Medicina: un “effetto devastante”
I sindacati di categoria hanno definito “devastanti” le conseguenze della riforma voluta da Governo e Regioni. Il rischio concreto è di trovarsi, entro pochi anni, con un vero e proprio “esercito” di neolaureati in Medicina senza sbocchi lavorativi né piani di inserimento adeguati. Una situazione paradossale, se si considera che i medici stessi non manifestano entusiasmo per questo ampliamento indiscriminato dell’offerta formativa.
La voragine infermieristica: numeri e cause
- 175.000 infermieri mancanti: il gap italiano rispetto agli standard UE è ormai insostenibile, con dati aggiornati al 2024 che confermano lo scarto più alto d’Europa.
- Iscrizioni in calo del 50%: dal 2010 al 2024 le immatricolazioni ai corsi di infermieristica hanno subito una drastica flessione, sintomo di una professione sempre meno attrattiva per i giovani.
- Recesso e turnover: nel 2024 oltre 20.000 professionisti dell’area non medica hanno lasciato il servizio; più del 70% degli infermieri non rifarebbe la stessa scelta lavorativa, scoraggiato da turni massacranti e condizioni contrattuali inadeguate.
- Fuga e pensionamenti: con un tasso di abbandono del 30% annuo tra dimissioni, pensionamenti e migrazione all’estero, il ricambio generazionale è ormai insufficiente a garantire la tenuta del Servizio Sanitario Nazionale.
Politiche sanitarie in contrasto con la realtà
Invece di prioritizzare il potenziamento delle professioni sanitarie assistenziali, il Governo e le Regioni stanno progettando:
- Introduzione della figura dell’assistente infermiere, potenzialmente penalizzante per la qualità assistenziale.
- Reclutamento di professionisti stranieri poco avvezzi alla lingua e alle procedure italiane, come misura tampone alla carenza di personale.
Una strategia che, secondo Nursing Up, non risolve le criticità strutturali e rischia di aggravare ulteriormente le disuguaglianze e l’efficienza del sistema.
Verso soluzioni concrete: priorità agli infermieri
“La politica deve finalmente riconoscere che il cuore pulsante dell’assistenza sono gli infermieri e le ostetriche – sottolinea Nursing Up – prima di aprire nuovi canali formativi in Medicina, servono misure concrete per arginare l’emorragia di professionisti e rendere nuovamente attrattiva la carriera infermieristica”.
Proposte chiave per uscire dalla crisi infermieristica:
- Revisione strutturale del contratto collettivo nazionale, con aumenti retributivi e tutele migliorate.
- Incentivi mirati per l’iscrizione ai corsi di laurea in infermieristica (borse di studio, percorsi agevolati, tirocini retribuiti).
- Piani di valorizzazione professionale e di carriera, per trattenere il personale esperto e stimolare il ricambio generazionale.
- Maggiore integrazione tra formazione e fabbisogno sanitario, attraverso osservatori regionali e monitoraggio continuo dei posti letto e degli organici.
La denuncia del Presidente del Nursing Up Antonio De Palma
“In Italia mancano all’appello 175mila infermieri rispetto agli standard europei. Nessuno osi dire il contrario con cifre riduttive e vetuste. Soprattutto in Italia servono prima di tutto gli infermieri e non i medici, sia chiaro una volta per tutte!
Dal 2010 al 2024 abbiamo perso oltre il 50% di iscrizioni a infermieristica. I giovani sono sempre meno attratti dalle professioni sanitarie.
Siamo agli ultimi posti in Europa per retribuzioni, attendiamo da tempo un contratto che va ricostruito in modo strutturale, e nel 2024 oltre 20mila professionisti dell’area non medica hanno lasciato volontariamente il servizio. Più del 70% degli infermieri non rifarebbe questa scelta professionale o non è soddisfatto delle condizioni in cui lavora. La quotidianità infermieristica continua a raccontare di turni massacranti e turn over inesistente.
E mentre la voragine di infermieri, con questo “pericoloso andazzo”, è destinata a diventare incolmabile (perdiamo il 30% di infermieri ogni anno tra fughe all’estero, pensionamenti e dimissioni, dal momento che manca un ricambio adeguato), il Governo e le Regioni cosa fanno?
Pensano alla figura dell’assistente infermiere che mette a rischio la qualità di un sistema già fragilissimo, oppure per tappare le falle della carenza di infermieri, progettano di reclutare, nelle nostre corsie, “eserciti” di professionisti stranieri a digiuno di lingua italiana.
La domanda allora è inevitabile: avevamo davvero bisogno di una riforma di Medicina che ci regalerà un surplus di nuovi medici (con quale collocazione poi?), quando il cuore dell’assistenza, rappresentato dagli infermieri e dalle ostetriche, vive una carenza strutturale senza precedenti?
Tutto questo quando la valorizzazione che attendiamo è così impellente e non può attendere oltre?
Prima di aprire nuovi fronti formativi nella sanità, la politica finalmente si interroghi, lo faccia una volta per tutte: servono risposte concrete a una crisi infermieristica che mette a rischio ogni giorno la tenuta del fragile Servizio Sanitario Nazionale. E’ in gioco il presente e il futuro della salute dell’intera collettività. La politica però, pare, non averlo compreso fino in fondo”, conclude De Palma.
La riforma di accesso a Medicina appare scollegata dalle reali esigenze dell’SSN. Salvaguardare la qualità dell’assistenza significa prima di tutto investire su chi ogni giorno garantisce cure e sostegno ai pazienti: infermieri e ostetriche. Fino a quando la politica non riconoscerà questa priorità, il Servizio Sanitario Nazionale rischierà non solo inefficienze, ma anche un serio pericolo per la salute collettiva.
Redazione Nurse Times
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