Essere infermiere non è una passeggiata, come vuol farci credere chi è al di fuori delle mura di un ospedale. Finito il turno, ci si toglie la divisa e si torna a casa, dove ad aspettarti c’è la tua famiglia. Ed è proprio qui che per qualcuno inizia un’altra sfida, un secondo turno: essere genitore di un figlio con spettro autistico. Un turno altettanto impegnativo, una “consegna” che non ricevi, ma che hai avuto in dono. Un dono speciale.
Noi infermieri siamo abituati ad ascoltare, osservare e intervenire, a gestire dolore, ansia e disperazione, ma l’empatia professionale ha dei limiti che ci permettono di proteggere noi stessi. Ma a casa, quando ad avere bisogno è tuo figlio, la distanza che crei tra te e i tuoi pazienti svanisce. Proprio perché ad avere bisogno è tuo figlio. Ogni situazione, ogni risposta non ricevuta, ogni silenzio ti colpisce nel profondo.
Le giornate dell’infermiere non sono semplici: sono scandite da turni, ritmi frenetici, turni di notte e festivi. Ma se questo si unisce alla gestione di un figlio con bisogni speciali, il carico mentale diventa spesso insostenibile. Le terapie, gli incontri con il personale scolastico vanno conciliati con quello che è il nostro lavoro, che non permette distrazioni nè ritardi. Il senso di colpa può diventare un compagno di vita, perché per la stanchezza non puoi dedicare più attenzioni di quelle necessarie.
Essere infermiere significa anche avere strumenti in più per comprendere certe diagnosi, per leggere segnali e per navigare nel sistema sanitario. Questa doppia competenza può essere una lama a doppio taglio, perché percepisci tutti gli ostacoli che una famiglia come la tua può attraversare nel duro percorso di avvicinamento alle strade per un intervento efficace. Perché, nonostante il tuo mestiere, talvolta non riesci a sistemare ciò che fa soffrire il tuo bambino.
In mezzo a queste immani responsabilità e sofferenze serve crearsi una rete: colleghi che comprendano le tue assenze, le tue distrazioni e le tue paure; un datore di lavoro flessibile; collegamenti tra genitori che stanno affrontando le tue stesse difficoltà. Ricordandoci sempre che nessuno di noi infermieri è invincibile e può farcela da solo, magari caricandosi per intero la responsabilità dell’intera situazione.
Concludendo, essere infermiere di un bambino con spettro autistico è convivere con un equilibrio fragile e dinamico, fatto di amore, professionalitaà, stanchezza e resilienza. E’ portare il cuore in corsia e poi riportarlo a casa, spesso a pezzi. E’ un doppio turno che richiede presenza continua, ma che sa anche regalare uno sguardo più profondo sulla cura, quella autentica, che probabilmente non guarirà, ma che ci accompagnerà per sempre.
Demetrio Arco
Infermiere di psichiatria
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