Il monossido di carbonio (o ossido di carbonio) è un gas incolore ed inodore, di densità 0,967 g/cm3 e formula chimica CO.
Il monossido di carbonio si forma infatti in seguito ad una combustione in difetto di ossigeno del carbonio o dei composti che lo contengono, oppure nel caso in cui la combustione venga fatta avvenire in presenza di una sufficiente quantità di ossigeno ma ad altissime temperature (ed è per questo che uno dei componenti dei gas di scarico delle autovetture).
Per quanto il monossido di carbonio si trovi in piccole quantità occluso nel carbone fossile, in alcune meteoriti e talvolta nelle emanazioni vulcaniche, esso si riscontra nell’atmosfera dei centri abitati a causa della incompleta combustione del carbone o degli oli minerali; nell’aria dei grandi centri abitati è sempre presente soprattutto nei gas di scarico degli autoveicoli.
Il monossido è un gas estremamente velenoso: un uomo adulto trova la morte entro 30 minuti in un ambiente contenente lo 0,1% di CO!
Le normali maschere antigas sono inefficaci verso questo gas e pertanto devono essere dotate di speciali filtri a base di ossido di manganese che riescono a trasformare il CO in anidride carbonica.
I meccanismi su cui si basa la sua tossicità coinvolgono lo spiazzamento dell’ossigeno dall’emoglobina (il CO ha una maggiore affinità per Hb rispetto all’O2) e la riduzione del rilascio di O2 dall’Hb ai tessuti. Non sono esclusi, poi, gli effetti tossici diretti a livello cerebrale.
I sintomi tendono a correlare con il dosaggio ematico della carbossiemoglobina (COHb) nel paziente.
Con un’intossicazione lieve possono iniziare cefalea, nausea e vomito. Livelli più alti di monossido di carbonio causano vertigini, astenia, debolezza, dispnea da sforzo e dolore toracico. Inoltre, possono subentrare anomalie neuro-comportamentali (disorientamento, confusione mentale, difficoltà di concentrazione e irritabilità) ed effetti cardiocircolatori (tachicardia, tachipnea e cardiopalmo).
Una grave intossicazione può comportare convulsioni, obnubilamento del sensorio (visione offuscata, ipoacusia, sonnolenza e atassia), ipotensione, rigidità muscolare generalizzata, insufficienza respiratoria, arresto cardiocircolatorio, perdita di coscienza e coma.
A distanza di giorni o settimane dall’esposizione, possono manifestarsi sintomi neuropsichiatrici tardivi come demenza, psicosi, parkinsonismo e alterazioni mnesiche.
La diagnosi non è immediata, dal momento che l’intossicazione può causare effetti su diversi organi e sistemi, quindi la sintomatologia è aspecifica e variabile. Qualora si sospetti un’intossicazione da monossido di carbonio, deve essere misurato il livello di carbossiemoglobina nel sangue. L’emogasanalisi e la pulsossimetria, che misurano la saturazione di O2, possono supportare la diagnosi.
Il monossido di carbonio (CO) intossicazione è la causa più comune di avvelenamento accidentale nei paesi sviluppati e, sebbene la maggior parte dei dati pubblicati si riferiscono alle sue manifestazioni neurologiche, spesso porta a danni cardiaci. Ipossia miocardica è causata dalla formazione di carbossiemoglobina e spiega l’ inibizione reversibile della respirazione mitocondriale e stress ossidativo.
Il danno cardiaco secondario ad avvelenamento da CO può essere rilevato non solo nei pazienti con nota cardiopatia ischemica, ma anche in soggetti con coronarie indenni. Data l’ampia gamma di manifestazioni cardiovascolari (l’entità dei quali è relativo alla gravità dell’intossicazione), informazioni utili possono essere ottenute registrando accuratamente la storia medica del paziente, analizzando alterazioni elettrocardiografiche, e determinare i marcatori biochimici di necrosi cardiaca. Inoltre, con l’esame ecocardiografico si può evidenziare l’entità delle alterazioni della funzione ventricolare sinistra. Gli studi clinici suggeriscono che tutti i pazienti ricoverati in ospedale con dispatch di grave avvelenamento da CO dovrebbero essere sottoposti a ECG e valutazione di serie di markers cardiaci, e che quelli con i segni positivi di cytonecrosis miocardica o preesistente cardiopatia ischemica dovrebbero anche essere studiati con l’ecocardiografia. Un risultato di danno miocardico in pazienti con avvelenamento da CO sembra indicare una prognosi sfavorevole a lungo termine, anche se richiede ulteriore conferma.
Le conseguenze di un’intossicazione da CO dipendono dalla durata di esposizione e dalla concentrazione del gas inalato.
Nota Bene: Quando si manifestano disturbi di qualunque tipo in un ambiente dove sono presenti processi di combustione o quando si manifestano sintomi in più persone nello stesso ambiente, è importante sospettare la presenza di monossido di carbonio, e quindi aerare subito l’ambiente e chiamare i soccorsi.
Nella esposizione lieve abbiamo cefalea, nausea, vomito, stanchezza; nella grave abbiamo confusione mentale, perdita di coscienza, sopore, coma, convulsioni, ma anche dolore toracico o cardiopalmo. Occorre fare molta attenzione ai sintomi, da non confondere con quelli di altre patologie, quali intossicazioni alimentari o sindromi influenzali.
La terapia per gli intossicati è l’ossigenoterapia che, in molti casi, deve essere effettuata in camera iperbarica.
Ogni anno presso il Centro Antiveleni (CAV) di Pavia – Centro Nazionale di Informazione Tossicologica (CNIT) dell’IRCCS Fondazione Maugeri vengono trattati circa 400 soggetti per intossicazione da monossido di carbonio. Per il 68% di questi risulta necessario il ricorso alla camera iperbarica. Nella casistica degli ultimi due anni circa il 50% dei soggetti intossicati sono cittadini immigrati; questo gruppo di pazienti ha un’età media più bassa (24 anni) rispetto ai soggetti di origine italiana (40 anni); tra i bambini intossicati di età inferiore a 3 anni l’82% è di origine straniera.
Le situazioni particolarmente rischiose sono determinate dall’utilizzo di mezzi di riscaldamento impropri (es. bracieri e stufe difettose), e dal malfunzionamento di caldaie. La messa in funzione di impianti o camini inattivi da tempo e non controllati, come può avvenire nelle case di vacanza, è causa frequente di intossicazioni soprattutto nel periodo invernale.
In questi casi quando gli infermieri del soccorso extraospedaliero 118 vengono chiamati su questi scenari prima di intervenire, per testare la sicurezza del luogo, possono utilizzare dei rilevatori di monossido se in dotazione alle ambulanze, che necessitano di periodica manutenzione e calibrazione (ne esistono pochi di modelli che fanno l’autocalibrazione e necessitano di sostituzione/ricalibrazione una volta sola all’anno), la mancata calibrazione dello strumento ne vanifica completamente l’utilità.
CALABRESE Michele
Sitografia e Bibliografia:
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