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Cibi ultra-processati, l’allarme da un nuovo studio: accrescono il rischio di morte prematura

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I risultati di un nuovo studio, pubblicati sull’American Journal of Preventive Medicine, rivelano che il consumo di cibi ultra-processati (snack, dolciumi, carni lavorate, bevande zuccherate, bibite gassate…) può aumentare il rischio di morte prematura. In particolare, ogni incremento del 10% della quantità di questi prodotti nella dieta accresce del 3% la probabilità di morire fra i 30 e i 69 anni.

Gli studiosi hanno preso in esame i dati sulle abitudini dietetiche di 240mila persone in otto Paesi: In Colombia, ad esempio, il consumo medio di cibi ultra-processati ammonta a circa il 15% dell’apporto energetico totale; in Brasile al 17,4%; in Cile al 22,8%; in Messico al 24,9%. In Canada si arriva al 43,7% e negli Usa si supera addirittura il 50%. E proprio negli States circa il 14% delle morti premature è attribuibile al consumo di tali alimenti.

“Lo studio dimostra che la mortalità attribuibile è significativa in tutti i contesti e che affrontare il consumo dei cibi ultra-processati dovrebbe essere una priorità nutrizionale pubblica globale – spiega il dottor Eduardo Augusto Fernandes Nilson, della Fondazione Oswaldo Cruz (Brasile), ricercatore principale dello studio –. I cibi ultra-processati influiscono sulla salute oltre l’impatto legato all’elevato contenuto di ingredienti come sale, grassi e zuccheri, a causa delle modifiche negli alimenti che avvengono durante la lavorazione industriale e dell’uso di coloranti, aromi, dolcificanti artificiali, emulsionanti e molti altri additivi”.

E ancora. “Stando al nostro modello, a seconda del consumo, la percentuale di decessi prematuri prevenibili per tutte le cause dovuti al consumo di alimenti ultra-processati può variare dal 4% nei Paesi con assunzioni più basse a quasi il 14% nei Paesi con il consumo più elevato. Ad esempio, nel 2018 circa 124mila decessi prematuri sono attribuibili al consumo di cibi ultra-processati negli Stati Uniti. Numeri preoccupanti, che dimostrano quanto siano necessarie politiche per disincentivare il consumo di tali cibi a livello globale, promuovendo modelli tradizionali basati su alimenti locali freschi e minimamente trasformati”.

Redazione Nurse Times

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