Riceviamo e pubblichiamo una nota a firma di Maurizio Zega, presidente Opi Roma.
Vorrei spendere qualche riflessione sulla triste vicenda della notte di caos al San Raffele di Milano, che pure risulta fra le eccellenze del sistema ospedaliero italiano. In particolare, sulla denunciata – e grave – carenza di professionalità del personale infermieristico appartenente, se si è ben compreso, a una cooperativa esterna alla struttura ospedaliera.
Quanto denunciato fa paura. E dovrebbe far paura non solo e non tanto agli infermieri, ma prima di tutto ai pazienti, e quindi alla cittadinanza tutta. Cose come queste non devono accadere e, spiace dirlo, sbaglia chi ritiene che si tratti di una criticità “fisiologica”. Al contrario, questa vicenda, a maggior ragione perché accaduta in un centro di eccellenza, può ritenersi esemplare di una carenza strutturale del sistema sanitario.
Allora, la prima lezione che andrebbe letta con attenzione è che, se l’infermiere non è all’altezza dei suoi compiti, la gente muore: le preoccupazioni sulla carenza di infermieri (siamo tra gli ultimi in Europa per rapporto Infermieri-popolazione) non sono piagnistei corporativi ma questione sanitaria fondamentale.
Seconda lezione: banalizzare il ruolo infermieristico e ridurlo (come largamente si continua a fare, non senza il contributo della comunicazione di massa) a “semplice” supporto dell’attività clinica significa non rendersi conto della realtà. Pensare di “sostituire” la professionalità infermieristica con figure non adeguatamente formate comporta un rischio gravissimo per la salute pubblica: altro che “tre mesi di corso”, come asseriva uno sfortunato candidato alla carica di sindaco di Roma.
Eppure, da un lato il privato è spinto a ridurre i costi appunto con sostituzioni il cui esito è prevedibile, dall’altro la politica recalcitra a riconoscere la centralità del problema e applica pannicelli caldi di emergenza in emergenza, senza un disegno sistemico del problema sanitario, magari andando a reclutare all’estero gli infermieri.
Terza lezione: la corretta formazione degli infermieri è evidentemente essenziale. La formazione universitaria deve essere adeguata alle responsabilità che i futuri professionisti si assumeranno. Spazio quindi alla specializzazione, tanto nelle lauree magistrali quanto nel riconoscimento di esse nell’esercizio della professione.
E poi – e anche questa è una lezione – non si può in eterno proletarizzare sul piano economico una professione e poi stupirsi di carenze professionali come quelle denunciate. Non abbiamo titolo per entrare nel merito della vicenda San Raffaele, ma nell’apprenderla queste riflessioni ci sono sorte spontanee.
Redazione Nurse Times
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