Home Regionali Calabria Aggressioni agli operatori dell’emergenza, Sposato (Opi Cosenza): “Medico in ambulanza non è garanzia di cure migliori. Fiducia agli infermieri del 118”
CalabriaInfermiere dell’EmergenzaNT NewsRegionaliSpecializzazioni

Aggressioni agli operatori dell’emergenza, Sposato (Opi Cosenza): “Medico in ambulanza non è garanzia di cure migliori. Fiducia agli infermieri del 118”

Condividi
Fuga di infermieri all'estero, Sposato (Opi Cosenza): "Trend destinato ad aggravarsi. I professionisti vanno valorizzati"
Condividi

Il presidente dell’Ordine cosentino lancia alcune proposte per contrastare il fenomeno della violenza contro gli operatori di pronto soccorso e 118.

L’aggressione all’equipaggio di un’ambulanza del 118 a Foggia, perpetrata venerdì scorso dai parenti di una donna soccorsa e poi deceduta, ha riacceso il dibattito sulle azioni da porre in essere per contrastare la violenza contro gli operatori dell’emergenza. Un dibattito al quale ha voluto dare il suo contributo anche Fausto Sposato, presidente di Opi Cosenza, da noi contattato per un parere.

“Intanto non è vero, come sostiene qualcuno, che il paziente soccorso da un’ambulanza ha maggiori possibilità di salvarsi se c’è il medico a bordo – esordisce Sposato –. Si tratta di uno stereotipo che va superato, perché gli infermieri del 118 sono perfettamente in grado di salvare vite anche in assenza del medico. È vero, semmai, che la loro preparazione può essere implementata attraverso un supplemento di formazione”.

Che poi è il tema emerso all’indomani dei fatti di Foggia. “Le aggressioni al personale del 118 si verificano in tutta Italia, non solo al Sud – tiene a precisare Sposato –. Detto questo, bisogna riconoscere che il nostro Paese, al contrario di altri, è ancora alle prese con una cultura ospedalocentrica e medicocentrica, da cui deriva l’impossibilità per gli infermieri di esprimere le proprie potenzialità professionali. Senza dimenticare che gli infermieri, al contrario dei medici, sono abituati a lavorare in equipe”.

Cosa si può fare, allora, per arginare l’odioso fenomeno della violenza contro il personale sanitario in generale, e contro gli operatori dell’emergenza in particolare? “È necessario un percorso di alfabetizzazione – sostiene Sposato –. A partire dalla scuola, dove andrebbero inseriti corsi di educazione sanitaria per formare i cittadini di domani sul funzionamento dei pronto soccorso e del 118. Come Ordine degli infermieri cosentini, siamo molto attivi sul fronte della sensibilizzazione. E non solo nelle scuole, perché pure gli adulti vanno educati al rispetto per chi indossa una divisa da operatore sanitario”.

In tema di aggressioni, dunque, la parola d’ordine è “prevenzione”, da attuare anche attraverso il dialogo. Un altro esempio? “Credo molto nell’utilità del caring nurse, figura già presente nei grandi ospedali calabresi e deputata alla comunicazione con i famigliari dei pazienti in pronto soccorso. Quando il parente è costantemente aggiornato sulle condizioni della persona in cura, affronta l’attesa in modo migliore”.

Opi Cosenza è anche pronto a lanciare nuove proposte. “Bisogna distinguere le aggressioni in ospedale da quelle sul territorio – spiega Sposato –. Per quanto riguarda le prime stiamo preparando con la prefettura un protocollo che prevede l’attivazione di un pulsante rosso nei pronto soccorso. Premendolo, parte una segnalazione alle forze dell’ordine, che possono così intervenire rapidamente per scongiurare il rischio di violenza. Ciò permetterebbe di guadagnare tempo rispetto alla telefonata, che talvolta risulta tardiva”.

E per quanto riguarda il 118? “Un’idea valida, anch’essa da portare all’attenzione della prefettura, è l’installazione sulle ambulanze di telecamere da attivare all’arrivo sul luogo dove si presta soccorso. Sapere di essere ripresi, a mio parere, potrebbe fungere da deterrente contro le aggressioni”.

Ultima riflessione di Sposato. “Le aziende devono tutelare gli operatori sanitari. È una questione di sicurezza sul lavoro, e le conseguenze di un’aggressione vanno quindi considerate come infortunio. inoltre è una questione di risparmio economico, perché mettere il lavoratore in malattia dopo un episodio di violenza, per poi magari spostarlo in un altro reparto, comporta costi notevoli”.

Redazione Nurse Times

Articoli correlati

Condividi

Lascia un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli Correlati
CittadinoEducazione SanitariaNT News

Trapianti di rene, si va verso un organo “universalmente compatibile”?

Di seguito un approfondimento sul tema a cura di Pazienti.it. Un rene capace...

CdL InfermieristicaNT NewsStudenti

Formazione universitaria infermieristica: da ostacolo percepito a leva strategica per la sanità del futuro

L’infermieristica è una disciplina autonoma, fondata su un sapere scientifico, metodologico e...

CittadinoEducazione SanitariaNT News

Ulcera tibiale: raro caso dovuto a schegge metalliche

INTRODUZIONE La gestione delle problematiche cutanee croniche risulta complessa, soprattutto tra la...

NT News

Morbillo imperversa negli Usa: mai così tanti casi dal 2000

Continuano a crescere i casi di morbillo negli Usa. Ad agosto si...