Home Aggressioni a infermieri e medici: +33% in un anno. Boom di violenze negli ospedali italiani

Aggressioni a infermieri e medici: +33% in un anno. Boom di violenze negli ospedali italiani

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Indagine Nursing Up: "Il 60% degli infermieri lascerebbe il lavoro"
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Negli ospedali italiani si è registrato un allarmante aumento delle aggressioni ai danni di medici, infermieri e operatori sociosanitari. Secondo un recente report dell’INPS, nel 2023 i casi di infortunio sul lavoro per aggressioni sono stati oltre 18.000, segnando un preoccupante +33% rispetto all’anno precedente.

La sanità si conferma uno dei settori più colpiti dalla violenza sul posto di lavoro. Ben uno su dieci degli infortuni accertati nel 2023 è stato causato da aggressioni, un dato tre volte superiore a quello registrato nel resto del comparto industria e servizi. In prima linea, gli infermieri e le ostetriche, coinvolti nel 30% degli incidenti, seguiti dagli operatori sociosanitari (25%) e da altre figure professionali come assistenti alla poltrona, puericultrici e autisti di ambulanze.

Le fasce d’età più colpite sono quelle dai 50 anni in su: quasi la metà degli infortunati (48,3%) ha più di 49 anni, mentre i decessi sono concentrati soprattutto tra i 50 e i 64 anni (quattro su cinque). Le parti del corpo più frequentemente colpite sono mani, colonna vertebrale, ginocchia e caviglie, con contusioni, lussazioni e distorsioni a rappresentare oltre il 70% delle diagnosi.

Cosa si nasconde dietro questo boom di violenze?

Le cause del fenomeno sono molteplici. Da un lato, la crescente sfiducia dei pazienti nei confronti del sistema sanitario porta a tensioni e aspettative non realistiche. Sempre più spesso i pazienti vedono la terapia come un “bene di consumo” e reagiscono in modo violento quando non ottengono ciò che chiedono. Dall’altro, le lunghe liste d’attesa e i tempi estenuanti nei pronto soccorso esasperano i familiari, trasformando la frustrazione in atti di violenza contro il personale sanitario.

Le misure adottate dal governo: basteranno?

Nel tentativo di contrastare questa escalation, il governo ha varato nel 2023 un decreto legge che introduce misure più severe. Tra queste:

  • Arresto obbligatorio in flagranza per chi aggredisce il personale sanitario.
  • Arresto in flagranza differita entro 48 ore in particolari circostanze.
  • Introduzione del reato di danneggiamento dei beni destinati all’assistenza sanitaria, con pene da 1 a 5 anni e multe fino a 10.000 euro.
Interventi strutturali: una priorità non più rinviabile

Nonostante l’inasprimento delle pene, gli esperti sottolineano l’urgenza di adottare interventi strutturali per garantire la sicurezza degli operatori. Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale di ANAAO ASSOMED, avverte: “Le nuove misure deterrenti sono utili, ma insufficienti senza un cambiamento organizzativo”.

Le direzioni sanitarie dovrebbero investire in infrastrutture adeguate, rafforzare la presenza di posti di polizia nei pronto soccorso e adottare filtri più efficaci per prevenire situazioni di rischio. Inoltre, costituirsi parte civile in ogni caso di aggressione rappresenterebbe un segnale importante per tutelare il personale e rafforzare la fiducia.

Numeri preoccupanti anche a livello globale

Il fenomeno delle aggressioni sul lavoro non è limitato all’Italia. Negli ultimi cinque anni, gli episodi di violenza sono aumentati del 38% a livello nazionale, del 32% in Europa e del 39% nel resto del mondo.

Questi dati evidenziano come il problema sia sistemico e richieda una risposta coordinata a più livelli, con l’obiettivo di garantire agli operatori sanitari un ambiente lavorativo sicuro, all’altezza del loro impegno quotidiano per la salute dei cittadini.

Redazione NurseTimes

Fonte: INPS

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