L’Evidence Based Nursing (EBN) è definito come un processo per mezzo del quale gli infermieri assumono le decisioni cliniche utilizzando le migliori ricerche disponibili, la loro esperienza clinica e le preferenze dei pazienti in un contesto di risorse disponibili.
In italiano questo processo è stato tradotto come ”Infermieristica basata sulle prove di efficacia”, ma vista la rapida popolarità che ha ottenuto compare spesso, purtroppo, con una traduzione letterale non corretta e nello specifico diventa ”evidenza”.
Ma quale evidenza?! In Italiano con ”evidenza” si intende qualcosa che si giustifichi di per sè, che non necessità di prove, l’esatto opposto dell’approccio EBN.
L’approccio evidence based rappresenta, dunque, uno strumento per un migliore utilizzo delle limitate risorse economiche e ha lo scopo di favorire l’integrazione tra i risultati delle ricerche disponibili e la pratica clinica proprio per assicurare un’assistenza ottimale fondata sull’onere della prova.
Prima dell’avvento dell’EBN e ancora oggi in alcuni contesti ospedalieri le pratiche infermieristiche si sono tramandate e si sono applicate per tradizione e consuetudine e il tutto basato sulla propria conoscenza soggettiva. In seguito, durante gli anni ’90 e con l’avvento dell’EBN, la pratica è iniziata a basarsi su evidenze standardizzabili, validate e riproducibili, sviluppate con rigore metodologico, capacità critiche e in completa autonomia.
Ecco che quindi l’approccio Evidence based mira ad un’assistenza fondata su delle conoscenze documentate e accettate dalla comunità scientifica contenute nella letteratura internazionale che il professionista ricerca, analizza ed applica nella pratica.
L’EBN si costituisce attraverso 5 differenti fasi:
1) la traduzione del problema in un quesito di ricerca;
2) la revisione delle migliori evidenze disponibili;
3) la valutazione critica delle migliori evidenze reperite;
4) la messa in pratica delle evidenze reperite;
5) la valutazione degli esiti di salute ottenuti grazie alla messa in pratica di queste evidenze.
L’EBN costituisce la migliore modalità possibile di aggiornamento professionale e anche il codice deontologico ci ricorda nell’articolo 11 l’importanza dell’autoaggiornamento e nell’articolo 12 della ricerca scientifica in campo infermieristico.
A tal proposito, recentemente con la legge n.24 dell’8 marzo 2017 si sancisce l’importanza dell’autoaggiornamento e la mancata effettuazione diviene punibile per legge.
La pratica dell’EBN ha numerosi effetti positivi documentati, tra cui l’incentivazione all’aggiornamento, una risposta efficace da parte dell’assistito, un aumento della qualità delle cure, un incremento della soddisfazione sul lavoro e la riduzione dei costi nella sanità.
Non è però esente da alcuni limiti come la mancanza di prove conclusive che dimostrino l’efficacia dell’EBN in senso generale, la non sovrapponibilità del campione dei trial clinici con gli assistiti della nostra realtà clinica per motivi epidemiologici, sociali o culturali.
In letteratura non esistono ancora, quindi, studi che documentino l’efficacia dell’EBN in senso generico ma solamente la sua applicazione in precisi contesti come in trattamenti o in patologie.
Anche la revisione della letteratura Eastbroocks del 2003 e di Squires del 2011 individua che i fattori che aumentano l’adesione all’EBN sono un atteggiamento positivo, la partecipazione a conferenze, una formazione avanzata, il lavoro in area critica e alti livelli di soddisfazione lavorativa.
E in Italia a che punto siamo?
Ad oggi in merito la letteratura è estremamente limitata in quanto continua ad essere una pratica scarsamente diffusa tra gli infermieri italiani ma non del tutto assente.
Un’indagine sulla produzione infermieristica italiana negli anni 1998-2003 evidenziava un persistente scarso interesse del gruppo professionale.
Questa carenza colpisce ancora e soprattutto gli infermieri in possesso del diploma e della laurea di primo livello; per questo è auspicabile un contributo della diffusione dell’EBN da parte degli infermieri con livelli di studio superiori poichè tale carenza rappresenta un problema trasversale a tutti gli infermieri seppur maggiormente presente negli ospedali di rete.
Tra le carenze maggiori emerge la capacità di autocritica verso le proprie capacità nonchè il tempo da dedicare all’aggiornamento e proprio nelle aziende di rete si riscontra una carenza nella capacità di fare ricerca, di analizzare criticamente le evidenze reperite e di aggiornare la propria pratica sulla base di queste evidenze.
In Italia fino agli anni’80 dalle riviste della Federazione nazionale dei collegi IPASVI i rari riferimenti alla ricerca sono connessi a indicazioni espresse dall’OMS o a esperienze condotte in altri Paesi e questa poca attenzione si può rimandare alla battaglia impiegata nel far emergere una nuova immagine di professione.
Oggi, però, stiamo assistendo a un più diffuso sviluppo della ricerca infermieristica in alcune sedi universitarie dove sono partiti da alcuni anni i dottorati di ricerca e dove sono presenti infermieri in possesso di tale titolo, sebbene non sia ancora possibile fare un bilancio del risultati in termini culturali e di incidenza sulla qualità dell’assistenza erogata in quanto bisognerà attendere ancora qualche anno per valutare l’andamento della ricerca infermieristica italiana.
Ma nel frattempo come si può misurare e rendere concreta l’applicabilità dell’EBN?
E’ necessario l’impegno di tutti gli infermieri perchè ci sia una cultura alla ricerca che spinga gli infermieri ad aggiornarsi, a informarsi, a dare maggiore consapevolezza che il proprio lavoro può essere migliorato attraverso la ricerca stessa.
Bisogna indirizzare gli infermieri alla lettura di articoli relativi alla ricerca infermieristica italiana e internazionale e diffondere progetti formativi orientati a formare infermieri che sappiano leggere i risultati della ricerca in maniera critica.
Il bisogno di migliorare sè stessi è importante in quanto la pratica basata sulle prove di efficacia e l’autoaggiornamento sono fondamentali per superare le pratiche obsolete apprese in precedenza che sono ancora oggi, purtroppo, ampiamente diffuse e sono un grande male in quanto non permettono all’assistito di ricevere la migliore assistenza possibile che il nostro dovere è invece di fornire.
Anna Arnone
Bibliografia
Introduzione alla ricerca infermieristica. C. Sironi, Casa Editrice Ambrosiana
La ricerca infermieristica: leggerla, comprenderla e applicarla. J. A. Fain, Editore McGraw-Hill
La ricerca infermieristica: Manuale introduttivo. L. D’Aliesio, E. Vellone, M.L. Rega, C. Galletti, Editore Carocci-Faber
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