La pratica moderna e le linee guida per il trattamento delle lesioni superficiali prevedono l’approccio per la guarigione nell’ambiente umido, considerato ideale per la proliferazione cellulare. Infatti sul mercato oggigiorno abbiamo una vastissima gamma di prodotti che favoriscono il mantenimento dell’umidità sul letto della ferita. Ma sempre questa umidità fa così bene e ci aiuta ad indirizzare i naturali processi cellulari verso la strada giusta per ottenere il risultato desiderato, cioè il ripristino del tessuto perso?
Per capirlo ricordiamoci che la via verso la guarigione della ferita prevede tre fasi:
- Essudativa, nella quale il nostro organismo si attiva per fermare il sanguinamento e favorire la pulizia della ferita.
- Proliferativa caratterizzata dalla formazione del tessuto di granulazione e parallelamente dalla degradazione di fibrina.
- Riparativa, nella quale il tessuto di granulazione si trasforma in tessuto cicatriziale.
Facendo questo ripasso viene subito in mente che l’ambiente umido sarebbe ideale per tutti questi processi. Ma lasciamo stare un attimo le medicazioni avanzate e cerchiamo di ricordare cosa fa il nostro organismo con una ferita se noi non interveniamo.
Come esempio prendiamo una escoriazione o abrasione superficiale che può essere una ferita da stiramento o una LDP di secondo stadio. Questi tipi di ferite sono caratterizzate dall’integrità della membrana basale, cioè lo strato profondo dell’epitelio dal quale avviene la proliferazione delle cellule epiteliali.
E qui il meccanismo che mette in atto il nostro organismo per chiudere questa lesione è banalmente semplice – ne costruisce una crosta formata dalle cellule del sangue essiccate. Poi in gioco entrano altre due fasi nominate sopra: proliferativa e riparativa. Ma tutto cioè avviene sotto la crosta, nell’ambiente protetto da questo meraviglioso cerotto naturale.
Applicando sull’abrasione superficiale i prodotti che favoriscono l’umidità noi interrompiamo il processo di formazione della crosta e di conseguenza rallentiamo la guarigione della ferita.
L’altro aspetto che andiamo a creare con le medicazioni umide è la lacerazione cutanea. Infatti molto spesso quando alla ferita superficiale vengono applicati gli idrocolloidi dopo qualche ora possiamo notare che questi si gonfiano per l’azione delle secrezioni prodotte dalla ferita stessa (anche quando sono scarse) ed una volta scollati si osserva la cute biancastra e delle volte anche rotta lungo dei bordi della ferita. Questo fenomeno non è altro che la lacerazione cutanea dovuta all’eccessiva umidità data dalle medicazioni.
Qual è allora la strada giusta da percorrere per evitare le problematiche appena descritte?
Semplicemente non interferire con i processi naturali del nostro organismo. In altre parole consentire che si formi la crosta sopra la ferita.
Ovviamente ci sono delle situazioni nelle quali serve dare un giusto supporto all’organismo per fare questo importante lavoro. E qui ci possono essere molto utili alcune medicazioni avanzatecome l’alginato ad esempio, un prodotto d’eccellenza per la capacita batteriostatica ed essiccante. Ma esistono anche altri prodotti con il costo decisamente minore e la capacita batteriostatica e antiessudante non meno potente dell’alginato. Ci riferiamo in particolare all’ Eosina.
Si, avete sentito bene. Eosina è un composto chimico utilizzato come il colorante ed antisettico ormai da tantissimi anni. Con l’arrivo delle medicazioni moderne questo prodotto è stato messo da parte e caduto quasi in disuso, un po’ per il fatto che lascia una evidente macchia rossa sulla pelle, un po’ perché nel frattempo sono stati creati altri prodotti di più comodo utilizzo. Ma nessuno di questi ha la capacità cosi potente di essiccare le ferite come l’eosina.
Abbiamo condotto uno studio osservazionale per testare il trattamento essiccante per le lesioni di secondo grado (abrasioni,escoriazioni superficiali, LDP di secondo grado e le ferite da stiramento). I risultati di questo studio sono stati presentati nell’ambito del Congresso Nazionale di Wulnotech che si è svolto a Rocca Priora (RM) dal 3 al 5 ottobre 2024.
Come prodotti, nello studio sono stati utilizzati Eosina, Iodopovidone, Alginato, garze sterili o in TNT. La domanda che ci siamo posti prima di iniziare era: l’utilizzo del trattamento essiccante fa davvero guarire la ferita nei tempi più rapidi rispetto al trattamento nell’ambiente umido?
L’indagine è stata svolta sia in ambiente ospedaliero, presso il reparto di Predimissione dell’A.O. San Giovanni Addolorata, sia a domicilio dei pazienti seguiti con il CAD dell’ASL Roma 3 mediante la cooperativa OSA. Sono stati trattati 850 pazienti in ospedale di cui 113 con le lesioni già presenti all’atto di ricovero e 14 pazienti a domicilio seguiti per molto tempo. A tutti i partecipanti è stato adottato il trattamento essiccante per le lesioni di secondo grado.
Risultati
I risultati dell’osservazione hanno confermato a pieno il beneficio del trattamento essiccante per le lesioni di secondo grado sopratutto per quanto riguarda i tempi impiegati per ottenere la chiusura completa della ferita. I migliori risultati sono stati ottenuti con l’impiego di Eosina: in alcuni casi addirittura un giorno per la formazione della crosta e due o tre giorni per la completa chiusura del letto della ferita.
I risultati simili sono stati ricevuti in seguito al trattamento con lo Iodopovidone, ma in questo caso i tempi sono stati leggermentepiù lunghi: due giorni per la formazione della crosta e tre o quattro giorni per la completa chiusura della ferita. Purtroppo essendo un prodotto capace di provocare le reazioni allergiche agli individui sensibili, lo Iodopovidone non può essere utilizzato come una reale alternativa all’Eosina.
Per quanto riguarda invece il prodotto più costoso utilizzato nella ricerca, cioè Alginato i risultati sono stati meno impressionanti. Il motivo è semplice: l’Alginato (sia contenente l’argento, sia quello a base di ossalato di calcio) svolge la sua funzione essiccante solo inizialmente, cioè nel momento in cui ancora non è impregnato dalle secrezioni della ferita. Una volta superata la sua capacità assorbente l’alginato si trasforma in una sorta di gel ed inizia a svolgere la funzione opposta – favorisce l’aumento dell’umidità nella ferita con la conseguente lacerazione cutanea dei bordi ed impossibilità di creare una crosta idonea.
Tutto questo significa che bisogna abbandonare il trattamento delle ferite nell’ambiente umido?
La risposta è “No”. Esistono dei casi nei quali l’ambiente umido creato sulla ferita svolge un ruolo importantissimo nell’innesco dei meccanismi di degradazione del tessuto necrotico.
Sappiamo bene che il tessuto devitalizzato, l’escara o la fibrina devono essere sbrigliate per permettere all’organismo di avviare i processi di rigenerazione cellulare e ricostruire i tessuti persi. Non entriamo nel merito di toilette chirurgica della ferita che sarebbe una pulizia meccanica, concentriamoci invece sul tipo di sbrigliamento che avviene alle spese dell’organismo stesso: lo sbligliamento autolitico oppure fisiologico, chiamato così perché la degradazione dei tessuti devitalizzati avviene con l’impiego degli enzimi dell’organismo stesso. Ma tutto cioè può iniziare solo avendo le condizioni bel specifiche – l’ambiente umido. Ed è proprio qui è opportuno ricorrere alle medicazioni che favoriscono l’insorgenza ed il mantenimento dell’umidità.
È stato visto che gli Idrocololloidi sono dei prodotti d’eccellenza per sciogliere la fibrina o ammorbidire l’escara dura indipendentemente dalla profondità della ferita quale questi ricoprono. Se queste medicazioni vengono abbinate agli enzimi proteolitici o all’idrogel la degradazione del tessuto devitalizzato dal letto della ferita avviene in tempi miracolosamente rapidi: addirittura un giorno per ammorbidire l’escara dura o sciogliere la fibrina al punto tale che essi possono essere asportati con il bisturi.
Ricordiamoci sempre che l’eccessiva umidità, com’è stato mostrato nello studio risulta dannosa per le ferite per una seria di metamorfosi alle quali queste vanno incontro se vengono tenuti nell’ambiente umido per i periodi lunghi. Quindi una volta che si è completato lo sbrigliamento è necessario passare alle medicazioni che mantengono il giusto equilibrio secco-umido.
Conclusioni
- Il trattamento essiccante si è verificato essere il migliore per le lesioni da pressione di secondo grado e le abrasioni o escoriazioni superficiali soprattutto per quanto riguarda i tempi necessari per la guarigione di questi tipi di ferite.
- L’ambiente umido è l’ideale per innescare il meccanismo di sbrigliamento autolitico o enzimatico della ferita portandola verso le fasi successive della guarigione. Ma deve essere usato con cautela e per tempi ristretti per evitare la lacerazione dei bordi e per non interferire con la formazione della crosta.
Dott.ssa Natalia Naydenova (Coop OSA (Operatori Sanitari Associati)
Dott. Ivo Camicioli (A.O. San Giovanni Addolorata)
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