In Italia siamo abituati a due cose: il caffè ristretto e le riforme che non arrivano mai. Così, quando il ministero della Salute ha annunciato che le prime tre lauree specialistiche infermieristiche potrebbero partire già dal prossimo anno accademico molti infermieri hanno fatto quello che fanno sempre davanti alle “buone notizie”: hanno sorriso, alzato un sopracciglio e trattenuto il fiato, ché non si sa mai.
Ma sì, pare che sia vero: il decreto è stato scritto, firmato insieme al Mur e addirittura inviato alle commissioni parlamentari. Un percorso così rapido che qualcuno, per un attimo, ha creduto che fosse un errore di protocollo. Invece no, è tutto reale. E ora dobbiamo chiederci cosa significhi davvero per la professione.
Tre specializzazioni che potrebbero cambiare la vita professionale degli infermieri
Le nuove lauree non sono master, non sono corsi Ecm e non sono attestati stampati male rilasciati nelle sale conferenze degli hotel a tre stelle. Sono specializzazioni cliniche riconosciute per legge, pensate per costruire infermieri con competenze avanzate e ruoli più definiti.
Le specializzazioni saranno:
- Cure primarie e sanità pubblica, per chi ormai vive più nelle case di comunità che a casa propria.
- Cure pediatriche e neonatali, per chi sa che un neonato può diventare critico più velocemente di un adulto stressato in triage.
- Cure intensive ed emergenza, per chi lavora dove il tempo non è denaro, ma è vita vera.
Sono percorsi verticali, molto più simili ai modelli internazionali di Nurse Specialist e Nurse Practitioner che alle attuali magistrali generaliste. Insomma, finalmente non tutti gli infermieri saranno costretti a essere tutto per tutti.
Fnopi: “Non possiamo più pensare che un infermiere valga l’altro”
Barbara Mangiacavalli lo ha detto chiaramente: geriatria, emergenza, neonatologia e territorio non possono più essere trattati come se fossero la stessa cosa. È un concetto semplice, quasi ovvio. Talmente ovvio che in Italia abbiamo impiegato decenni per riuscire a pronunciarlo.
Il ministero intanto sottolinea che gli infermieri rappresentano “una parte fondamentale del capitale umano del Ssn”. Un riconoscimento quasi rivoluzionario, visto che per anni gli infermieri sono stati percepiti più come una risorsa inesauribile che come professionisti altamente qualificati.
E nel frattempo prende forma anche la figura dell’assistente infermiere, pensata per attività semplici e standardizzate: un ruolo complementare, non sostitutivo, che il ministero vuole formare esclusivamente attraverso percorsi erogati dalle strutture sanitarie e dagli infermieri stessi.
Perché servono davvero queste specializzazioni
Perché la complessità assistenziale è aumentata, il territorio è diventato il vero fronte della sanità, e negli ospedali la pressione è costante. E perché non si può affrontare tutto questo con un’unica formazione generalista.
Le nuove lauree specialistiche permetteranno:
- ruoli avanzati più chiari e definiti;
- maggiore autonomia clinica in ambiti specifici;
- percorsi di carriera concreti;
- team più equilibrati e funzionali;
- competenze avanzate certificate e riconosciute;
- una futura apertura alla prescrizione infermieristica in settori mirati, già discussa a livello nazionale.
Non si tratta solo di arricchire il curriculum, ma di cambiare l’architettura stessa della professione.
Il contesto: la politica sanitaria si accorge degli infermieri (finalmente)
Nel dibattito emergono anche le misure economiche adottate negli ultimi anni: aumento dell’indennità di specificità infermieristica, detassazione del lavoro straordinario, interventi per l’emergenza-urgenza e assunzioni straordinarie.
Sono passi importanti, ma non sufficienti. Le lauree specialistiche, invece, rappresentano qualcosa di diverso: una scelta strutturale, che può collocare gli infermieri in un ruolo centrale nel futuro del Ssn.
Cosa potrebbe cambiare davvero per gli infermieri
Cambia la prospettiva di carriera. Cambia l’idea di formazione. Cambia il modo in cui gli infermieri verranno inseriti nei percorsi clinico-assistenziali.
La riforma apre a:
- nuove possibilità formative avanzate;
- competenze cliniche più specializzate;
- ruoli professionali definiti per ambito;
- maggiore riconoscimento e responsabilità;
- un modello professionale più vicino agli standard europei.
È un cambio di paradigma che può incidere sulla qualità dell’assistenza, sulla gestione della complessità e sul benessere dei professionisti.
Conclusione
Le lauree specialistiche infermieristiche non sono un dettaglio accademico. Sono un tassello fondamentale per costruire una professione più solida, più autonoma e più riconosciuta.
Per anni abbiamo lavorato in un sistema che chiedeva molto e restituiva poco. Ora, per la prima volta, si intravede la possibilità di invertire la rotta, costruendo percorsi che valorizzino davvero competenze e responsabilità.
Non sarà una riforma immediata né priva di ostacoli. Ma è un’occasione storica. E questa volta, forse, il futuro della professione non è una promessa: è un percorso che inizia davvero.
Guido Gabriele Antonio
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