Torniamo a parlare di ventilazione meccanica a lungo termine, terapia sempre più diffusa a causa dell’innalzamento dell’età media (con conseguente aumento delle patologie croniche) e che sempre più infermieri si ritrovano a gestire sul territorio. Lo facciamo con una serie di articoli che ne analizzano gli aspetti fondamentali. Oggi affrontiamo le sue caratteristiche generali
La ventiloterapia meccanica necessaria a far fronte ad alcune condizioni che causano Insufficienza Respiratoria Cronica, è oramai intesa da diversi anni come trattamento domiciliare a lungo termine. I motivi sono diversi: in primis per abbattere i costi, in quanto la costante crescita dell’età media della popolazione ha portato negli ultimi decenni ad un aumento considerevole delle patologie croniche, la cui gestione ospedaliera porterebbe il sistema sanitario al collasso; in secundis per una migliore gestione della condizione cronica, più facile e “comoda” per l’utente e per la sua famiglia tra le mura domestiche.
È nata durante l’epidemia poliomelitica degli anni ‘50 e si è poi evoluta in due direzioni distinte: come supporto vitale nei pazienti privi di indipendenza ventilatoria (con lesioni del midollo spinale, negli stadi terminali di malattie neuromuscolari, per il mancato svezzamento dalla ventilazione meccanica istituita per insufficienza respiratoria acuta), oppure come trattamento elettivo nei pazienti che sviluppano stadi avanzati di insufficienza respiratoria cronica.
I candidati perfetti per la ventilazione meccanica a domicilio sono di solito persone affette da patologie neuromuscolari o BPCO, che non si trovano (più) in una condizione di criticità e che quindi non hanno più bisogno di essere curati in un ambiente intensivo.
I suoi obiettivi dipendono strettamente dal tipo e dalla modalità di ventilazione utilizzata, dai parametri impostati, dalle caratteristiche di ogni singolo paziente e dal tipo di patologia che è causa dell’Insufficienza Respiratoria: può essere erogata durante il sonno, a fasi alterne oppure per 24 ore, può vicariare totalmente o parzialmente l’azione dei muscoli respiratori, ottimizzare i volumi polmonari, ridurre il lavoro respiratorio, prevenire le atelectasie e riventilare le aree atelectasiche.
Può altresì permettere uno stretto controllo della FiO2 erogata, rende possibile il mantenimento di una pressione positiva costante nelle vie aeree (PEEP), previene la fatica respiratoria indotta da alterazioni meccaniche e/o parenchimali (ridotta compliance e/o aumentata resistenza), migliora lo scambio gassoso, la qualità di vita e l’outcome clinico (ricoveri ospedalieri, interventi rianimatori, ecc) del paziente.
Per quanto riguarda le modalità di erogazione, i sistemi a pressione positiva sono quelli di gran lunga più usati. Prevedono l’utilizzo di un ventilatori meccanici domiciliari (per l’appunto, a pressione positiva), che insufflano ritmicamente un determinato flusso d’aria all’interno delle vie aeree del paziente, secondo modalità e parametri differenti (rescritti e impostati preventivamente).
In fase inspiratoria, l’aria viene spinta dalla macchina nelle vie aeree per vincere le resistenze toraco-polmonari e favorire l’abbassamento del diaframma e l’espansione della gabbia toracica; in espirazione, la macchina smette invece di insufflare e una valvola espiratoria, regolata elettronicamente, si apre per favorire il ritorno elastico delle strutture anatomiche e quindi lo svuotamento polmonare.
La ventilazione meccanica a pressione positiva può essere erogata per via non invasiva (NIV) e invasiva (VMI).
La NIV prevede l’utilizzo di supporti nasali, oro-nasali, facciali, buccali ed olive nasali (pillow) che vengono connessi tramite un circuito di ventilazione alla macchina. È considerata la modalità d’elezione per contrastare l’Insufficienza Respiratoria ipossiemica-ipercapnica causata da patologie ostruttive, restrittive, OHS (Sindrome Obesità Ipoventilazione) ed ipoventilazione centrale. Viene di solito scelta in tutti quei pazienti che necessitano di assistenza ventilatoria notturna (per ipopnee o apnee ostruttive del sonno) o comunque meno di 12 ore al giorno, che non presentano disfagia importante (rischio di inalazione) e le cui secrezioni tracheobronchiali/salivari sono gestibili. La NIV presenta degli aspetti negativi che possono essere: le perdite d’aria attraverso l’interfaccia maschera/paziente, il rischio di ulcere da pressione sui punti d’appoggio dei vari supporti e la scomodità che l’utilizzo di tali presidi comporta, influendo negativamente sulla qualità di vita del paziente;
Nella VMI domiciliare, il ventilatore e i circuiti di ventilazione sono connessi al paziente per mezzo di una cannula tracheostomica.
Viene indicata in quei pazienti che presentano le stesse indicazioni alla NIV ma che sono soggetti ad incontrollabili secrezioni tracheobronchiali e salivari, hanno una deglutizione compromessa con rischio continuo di inalazione cronica e polmoniti ab ingestis e necessitano di un supporto ventilatorio prolungato (superiore alle 12 ore al giorno);
Le risorse necessarie per poter attivare un servizio di ventilazione meccanica domiciliare a lungo termine, sono essenzialmente un equipaggiamento di materiali e presidi (con relativa assistenza) e del personale sanitario specializzato.
Materiali
Ventilatore meccanico domiciliare (due se la dipendenza dal ventilatore è maggiore di 16 ore al giorno oppure se il paziente vive in posti non raggiungibili in poco tempo dal servizio tecnico responsabile della sostituzione, una fonte di corrente elettrica adeguata, allarmi adeguati, sistemi di riscaldamento e umidificazione dei gas inspirati (VEDI ARTICOLO), circuiti respiratori e accessori medicali prescritti, pallone ambu con porta per l’O2-reservoir (VEDI ARTICOLO) e una maschera della misura appropriata, cannule tracheostomiche (VEDI ARTICOLO) della giusta grandezza e più piccole di una misura (da usare in caso di ricannulazione difficoltosa), equipaggiamento per l’aspirazione tracheobronchiale (VEDI ARTICOLO), che include anche un aspiratore aggiuntivo a batteria per la mobilità ed in caso di black out, equipaggiamento per l’ossigenoterapia domiciliare (qualora prescritta), sistemi con cui il paziente può comunicare o chiedere aiuto (computer con puntatore oculare o tavole Etran, VEDI ARTICOLO), servizio di telemedicina, telesoccorso e di emergenza tecnica.
Il personale assistenziale deve essere in possesso di dimostrate competenze nel monitoraggio e nella gestione del paziente e di tutto il suo equipaggiamento.
Deve conoscere le caratteristiche della malattia di base, il piano assistenziale (PAI) con i suoi obiettivi, la ventilazione meccanica e le sue caratteristiche, deve saper cogliere segni/sintomi di Insufficienza Respiratoria Acuta, valutare la risposta del paziente alla ventilazione artificiale, decodificare gli allarmi delle macchine, far fronte alle situazoni di urgenza/emergenza ed effettuare una costante opera di educazione sanitaria sia all’utente sia al suo caregiver.
Redazione Nurse Times
Fonti: Biondino A. et al., Assistenza Respiratoria Domiciliare – Il paziente adulto tracheostomizzato in ventilazione meccanica a lungo termine, 2013; Torri G. et al., Ventilazione artificiale meccanica, 2013; Vitacca M. et al., Home mechanical ventilation patients: a retrospective survey to identify level of burden in real life; Corrado A., Rassegna – Gestione dell’insufficienza respiratoria cronica; Kohorst J. et al., Long-Term Invasive Mechanical Ventilation in the Home – 2007 Revision & Update.
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