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Turnover elevato di infermieri e medici associato a maggior numero di decessi tra i pazienti. Lo studio

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“Un elevato turnover di infermieri e medici potrebbe rappresentare un potenziale rischio per i pazienti. La fidelizzazione del personale sanitario dovrebbe essere una priorità per migliorare la continuità e la qualità delle cure per i pazienti”. È il messaggio lanciato da uno studio pubblicato sul British Medical Journal (Bmj) che analizza l’impatto potenziale di un fenomeno che si sta verificando in diversi Paesi, e anche in alcune realtà d’Italia: un aumento del numero di operatori sanitari che lasciano gli ospedali, tra fughe in cerca di condizioni lavorative ed economiche migliori, abbandoni e picchi di pensionamenti.

“La crisi globale degli operatori sanitari è fonte di preoccupazione in molti Paesi”, sottolineano gli autori, ricercatori dell’Università del Surrey, dell’Istituto di Economia del lavoro Iza di Bonn, dell’Università di Aberdeen e del Cambridge University Hospitals Foundation Trust.

Il risultato dell’analisi condotta sul Servizio sanitario nazionale inglese (Nhs) – relativo ai dati annuali di 236mila infermieri, 41.800 medici senior e 8,1 milioni di pazienti ricoverati in 148 strutture ospedaliere per acuti dal 1° aprile 2010 al 30 marzo 2019 – suggerisce che un elevato turnover di infermieri e medici potrebbe essere associato a un aumento dei decessi dei pazienti negli ospedali e che uno sforzo per ridurlo potrebbe invece migliorare l’assistenza e la qualità ospedaliera.

“La fidelizzazione degli operatori sanitari è fondamentale per la fornitura di assistenza ai pazienti – ribadiscono gli autori -. Precedenti ricerche hanno indagato l’associazione tra turnover del personale clinico e aumento dei costi organizzativi, ma finora non era stato misurato l’effetto del turnover del personale sui risultati che si ottengono sui pazienti a livello nazionale”.

I ricercatori si sono concentrati sui tassi di turnover mensile, cercando di verificare l’esistenza o meno di un’associazione con i decessi e i ricoveri non programmati di pazienti nell’arco di dieci anni. Per farlo hanno raccolto dati sul rischio di morte per qualsiasi causa entro 30 giorni dal ricovero e sul rischio di ricovero non pianificato entro 30 giorni dalla dimissione dopo un trattamento ospedaliero elettivo.

Dopo aver tenuto conto di età, sesso e condizioni preesistenti dei pazienti, i ricercatori hanno scoperto che un aumento nel tasso di turnover mensile degli infermieri, equivalente a circa 20 infermieri che lasciano l’azienda ospedaliera, era associato a 35 decessi aggiuntivi ogni 100mila ricoveri in un dato mese, cioè a 239 decessi mesili in più nelle 148 aziende ospedaliere prese in considerazione. Per i medici senior un aumento equivalente a circa sette specialisti che lasciano l’azienda ospedaliera è stato associato a 14 decessi aggiuntivi ogni 100mila ricoveri in un dato mese, cioè 96 decessi mensili in più negli ospedali del campione.

Un turnover più elevato di infermieri è stato collegato a un aumento dei decessi tra i pazienti nei reparti di chirurgia e medicina generale, mentre un turnover più elevato tra i medici senior è stato collegato a un aumento dei decessi tra i pazienti con malattie infettive e disturbi di salute mentale. Non è stata riscontrata alcuna associazione statisticamente significativa tra i tassi di turnover del personale e i decessi tra i pazienti non sottoposti a cure d’urgenza, probabilmente a causa del rischio più elevato di decesso nei pazienti che necessitano di ricovero d’urgenza.

Gli autori tengono comunqua a sottolineare che si tratta di risultati osservazionali, su cui non è possibile trarre conclusioni definitive in termini di causalità. Non si può dunque escludere la possibilità che altri fattori non misurati possano aver influenzato questi esiti. Tuttavia, puntualizzano ancora i ricercatori, si è trattato di uno studio di ampia portata, che ha analizzato quasi un decennio di dati provenienti da tutti gli enti ospedalieri del Ssn inglese. E i risultati sono stati simili anche dopo ulteriori analisi volte a testare la solidità delle associazioni.

“Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per analizzare i meccanismi alla base di queste associazioni – concludono gli esperti – un approccio pragmatico per ridurre i tassi di turnover del personale ospedaliero potrebbe essere quello di concentrarsi su fattori quali pacchetti retributivi, coinvolgimento del personale e condizioni di lavoro più favorevoli”.

E ancora: “Il Governo potrebbe anche dare priorità agli aumenti degli stipendi degli infermieri nel settore del Ssn, perché tassi di turnover più bassi potrebbero in realtà comportare maggiori rendimenti nell’assistenza ai pazienti e aumentare la fidelizzazione dei medici senior”. Questi risultati, aggiungono ricercatori norvegesi in un editoriale correlato, “sottolineano l’importanza della continuità delle cure”. Una sfida importante, che va affrontata agendo su più fattori da cui dipende la fidelizzazione del personale.

Redazione Nurse Times

Fonte: Doctor33

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