La direzione convoca staff, sindacati e psicologi: Usl definisce il comportamento «forma non idonea» e avvia formazione e supporto per ricostruire il clima professionale
Treviso. Un primario è stato richiamato formalmente dopo ripetuti insulti rivolti alle infermiere durante i turni: la direzione sanitaria, i rappresentanti sindacali e il personale hanno concordato un confronto formale e l’attivazione di un percorso formativo (definito “corso anti-rabbia”) insieme a interventi di supporto psicologico aziendale. L’Azienda Sanitaria Locale ha definito la «forma» di relazione del primario «non idonea» al clima di cura che deve contraddistinguere un ospedale.
La notizia mette in luce una problematica più ampia: la diffusione di aggressioni verbali e molestie nei luoghi di cura, fenomeno che coinvolge non solo la sicurezza psicologica degli operatori ma anche la qualità dell’assistenza ai pazienti. Secondo rilevazioni recenti della Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (FNOPI), il 40,2% degli infermieri ha denunciato aggressioni verbali o fisiche nell’ultimo anno, con una prevalenza nel settore pubblico e in reparti ad alto stress come il pronto soccorso.
A livello globale l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) segnala che la violenza sul lavoro nel settore sanitario è un fenomeno diffuso: la forma non fisica più comune è l’abuso verbale, che include insulti, minacce e comportamenti denigratori. Le raccomandazioni internazionali sottolineano la necessità di politiche di prevenzione, formazione e supporto psicologico.
Cosa è stato fatto nell’ospedale: richiami, formazione e psicologi in campo
Richiamo formale al primario: la direzione ha emesso un provvedimento di richiamo responsabilizzante. In casi analoghi le aziende sanitarie curano la verbalizzazione degli episodi e l’apertura di procedimenti disciplinari se previsti dal contratto e dal codice deontologico.
Percorso formativo (definito “corso anti-rabbia”): corso mirato alla gestione della rabbia e delle comunicazioni difficili, con moduli su comunicazione non violenta, tecniche di autoregolazione emotiva e gestione del conflitto. Questi interventi sono coerenti con le best practice per la prevenzione della violenza sul lavoro proposte da organismi nazionali e internazionali.
Supporto psicologico e debriefing: attivazione di psicologi aziendali per incontri individuali e gruppi di confronto (debriefing) destinati agli infermieri coinvolti, finalizzati ad elaborare il vissuto emotivo, ridurre il rischio di burnout e ripristinare la sicurezza psicologica nell’equipe.
Impatto su staff e assistenza: dati e riferimenti
Le aggressioni — anche verbali — hanno impatti misurabili su assenteismo, turnover, motivazione e sulla qualità dell’assistenza: l’INAIL e analisi di settore hanno registrato un numero rilevante di casi di violenza contro il personale sanitario, con costi e ricadute organizzative significative. In Italia i report segnalano migliaia di segnalazioni ogni anno e una quota consistente di infermieri tra le vittime.
Aspetti deontologici e ruolo dei sindacati
L’episodio apre questioni deontologiche: il rispetto reciproco e la dignità della persona sono principi centrali nei codici professionali — per i medici come per gli infermieri — e i sindacati rivendicano procedure di tutela e percorsi di tutela giuridica e psicologica per il personale offeso. I rappresentanti sindacali intervenuti al confronto hanno chiesto trasparenza nelle verifiche e misure preventive strutturate a livello aziendale e regionale.
Redazione NurseTimes
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