I primi 1.000 giorni di vita (dall’inizio della gravidanza al compimento del secondo anno di età) rappresentano un periodo di particolare importanza, poiché in questi anni vengono poste le basi per un normale sviluppo fisico-psico-intellettivo dell’organismo umano. Vari fattori sono in grado di esercitare un’influenza negativa su tale sviluppo e la ricerca scientifica si è particolarmente concentrata, negli ultimi anni, su un ampio gruppo di sostanze chimiche, largamente diffuse nell’ambiente, note come interferenti endocrini.
Oggi è molto facile entrare in contatto con sostanze che possono alterare alcune funzioni fisiologiche dell’organismo soprattutto nei più piccoli, come nel caso dei cosiddetti interferenti endocrini (un tipo di inquinanti ambientali).
Questi argomenti di grande attualità sono stati il cuore dell’intervento del prof. Sergio Bernasconi, Ordinario di Pediatria, già Direttore delle Cliniche Pediatriche delle Università di Modena e Parma, durante il recente Symposium sulla Medicina dei Sistemi, tenutosi presso l’Università degli Studi di Milano e promosso da Guna, azienda farmaceutica milanese specializzata nella produzione di medicinali a basso dosaggio. In particolare, il professore ha approfondito e sottolineato l’impatto di questo tipo di inquinanti sullo sviluppo e sulla crescita staturale di un bambino.
Gli interferenti endocrini sono sostanze chimiche in massima parte prodotte industrialmente presenti nella plastica, in molti materiali di costruzione, nei cosmetici, pesticidi, contenitori di cibi e prodotti di uso comune. Possono determinare patologie di vario tipo e, in particolare durante i primi mille giorni di vita, possono interferire con lo sviluppo fisico e neuropsicologico dei bambini e creare una predisposizione a malattie cardiovascolari e metaboliche che si manifesteranno successivamente da adulti.
Risulta quindi cruciale che si ponga la giusta attenzione all’uso e al consumo di prodotti e alimenti contenenti interferenti endocrini, sia da parte del bambino che anche da parte della madre, poiché questi possono rappresentare una via di esposizione anche durante la gravidanza, potendo attraversare la placenta ed entrare in contatto con il feto.
Grazie ai più recenti studi in materia, come sottolineato dal prof. Bernasconi, si stanno iniziando ad acquisire elementi scientifici che indicano come queste sostanze possano interferire anche su uno dei sistemi fondamentali che regola la crescita staturale: l’asse tra l’ormone della crescita (GH) e i fattori di crescita insulino-simili (IGF-1).
“Abbiamo a disposizione dati sperimentali, grazie ai quali possiamo dire che questi interferenti endocrini possono alterare il sistema GH-IGF-1 nel bambino – spiega il prof. Bernasconi -. Lo stiamo valutando anche dal punto di vista clinico, in particolare in quello che sappiamo essere il momento più delicato e importante della vita di un essere umano, cioè i primi mille giorni di vita. È stato infatti segnalato che in neonati nati prima del termine e di basso peso, il sistema GH-IGF-1 non è completamente efficiente. Anche nella vita post-natale inoltre esistono segnalazioni di rapporto tra interferenti endocrini e crescita staturale”.
Alla luce di questo delicato contesto e sulla scia dei nuovi studi in materia, nella valutazione della crescita staturale di un bambino e delle possibili terapie collegate è importante tenere in considerazione anche questa tipologia di esposizioni. Come suggerito dal prof. Bernasconi, anche il trattamento farmacologico per favorire la crescita di un bambino potrebbe essere rivisto prendendo in considerazione anche un approccio basato sulla low dose medicine, che mira a curare l’individuo piuttosto che la singola malattia, concentrandosi non solo sui sintomi, ma anche sulle cause profonde delle patologie, considerando l’essere umano nella sua totalità di mente-corpo e nella sua unicità.
“La Medicina dei Sistemi in ambito pediatrico – afferma Alessandro Pizzoccaro, presidente e fondatore di Guna – spiega molto bene come le patologie caratteristiche dei bambini dipendono sia da fattori per esempio immunologici o biochimici ben conosciuti, ma anche, e sempre di più, da condizioni legate all’ambiente. Esiste quindi una stretta correlazione tra patologie e ambiente in cui vive il bambino, e di questo è necessario tenere conto tanto in termini di prevenzione, quanto di terapia”.
Redazione Nurse Times
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