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Lesioni da pressione e Laserterapia: come accelerare la guarigione

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Ogni giorno per motivazioni disparate, migliaia di persone sono costrette a letto, anche per molto tempo…è qui che le professioni infermieristiche e quelle riabilitative si intrecciano e il buon esito di una terapia è spesso la somma di un buon lavoro di equipe. Il paziente è inerme, e la sua unica possibilità è affidarsi alle nostre cure.

In questa condizione purtroppo, una tra le evenienze più fastidiose, dolorose, e talvolta anche pericolose, è certamente la comparsa di lesioni da pressione. Generalmente vengono maggiormente colpite le persone anziane, debilitate, che spesso sono affette da polipatologie quali Parkinson, fratture, demenze senili…ma in certe situazioni anche un giovane allettato può subire questa complicanza.

Il paziente allettato, subisce una pressione prolungata su alcune aree sporgenti del corpo, creando un area in cui la temperatura locale tende ad aumentare (situazione ben dimostrata grazie a strumenti termografici), se sommiamo una umidità (generalmente liquidi corporei come sudore oppure urina che possono provocare anche infezioni cutanee sopratutto alle zone genitali), il tessuto cutaneo viene messo a dura prova.

Sicuramente condizioni aggravanti sono sicuramente anemia, infezioni intercorrenti, intossicazioni, disidratazione, malnutrizione, ipoproteinemia, insufficienza cardiaca e polmonare, ipossia e ipercapnia.

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Nella pratica clinica le piaghe da decubito colpiscono maggiormente aree di tessuto sottocutaneo come talloni, zona sacrale, ischiatica, trocanterica, scapolare, gomito.

Affinché si verifichi la comparsa di una lesione è sufficiente una pressione minima di 15 mmHg applicata per un ora (quindi anche una nottata a volte può bastare per la comparsa di una lesione).

Va detto che la prevenzione è sicuramente la strategia più efficace, ma anche la più difficile da attuare a causa spesso della carenza di personale che spesso non riesce a far fronte alle innumerevoli richieste in un reparto di lunga degenza, e il povero infermiere non riesce a mobilizzare il paziente frequentemente durante la giornata.

Inoltre il paziente non essendo collaborativo, e spesso incosciente non percepisce fastidi per la posizione prolungata.

Per facilitare la stadiazione di una lesione, esiste una classificazione della NPUAP (National Pressure Ulcer Advisory Panel) attribuendo un valore compreso tra 1-4 :

  1. arrossamento od eritema cutaneo che non scompaiono alla digitopressione;
  2. parziale perdita cutanea, dell’epidermide o del derma, tuttavia senza interessamento del sottocutaneo. Si tratta di un’ulcera superficiale che si presenta clinicamente come abrasione, vescica o cratere appiattito;
  3. danneggiamento di tutti gli strati della pelle che si spinge fino alle fasce, senza però attraversarle. L’ulcera si presenta come un cratere profondo che può essere sottominato;
  4. perdita di cute a tutto spessore con necrosi tissutale estesa e danneggiamento di muscoli, tendini, ossa, con formazione di tasche.

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La gestione infermieristica della piaga cambia naturalmente in base al momento in cui viene identificata, e purtroppo nel terzo stadio, in presenza di tessuto necrotico, sarà necessario un approccio chirurgico con rimozione dei tessuti infetti, e disinfezione accurata delle areee circostanti, per evitare infezioni.

Dal punto di vista Fisioterapico Per migliorare le condizioni di vascolarizzazione, di microcircolo e per accellerare la duplicazione cellulare, oltre a ridurre l’eccesso di umidità, ai fini di una più rapida cicatrizzazione, Possono essere impiegate diverse forme di terapia fisica.

Sicuramente la magnetoterapia a campi pulsati, e soprattutto la Laserterapia con indubbi effetti positivi.

Nello stadio 3, si possono usare sorgenti di laser a multidiodi con λ=950nm in modalità pulsata. Questi trattamenti vanno eseguiti con cadenza trisettimanale, con ripetizioni pulsate con una media di 5000 impulsi/sec.

Poichè l’interazione è superficiale, la sorgente ad alta energia deve irradiare con bassa densità di potenza.

Questo tipo di intervento fisioterapico è strettamente operatore dipendente, in quanto l’effetto fisico del laser è legato a watt, e densità di potenza. Nella nostra pratica ed esperienza abbiamo notato che risponde meglio una ferita estesa ma più superficiale, piuttosto che una profonda o con disomogeneità della superficie, ma poco ampia.

Naturalmente una condizione generale di idratazione e nutrimento del paziente, risulta essere di fondamentale importanza per il successo terapeutico.

La laserterapia, riduce i tempi di recupero naturali, diminuendo i rischi di incorrere in problematiche successive, oltre a permettere un intervento riabilitativo più tempestivo.

David Di Segni

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