Essere un operatore socio-sanitario è un lavoro che non si limita alla cura fisica dei pazienti, ma che tocca l’anima. È un mestiere che nasce dalla passione e dal desiderio profondo di fare la differenza nelle vite degli altri. E mentre lo faccio mi rendo conto che è proprio questo che mi arricchisce: l’opportunità di imparare, di crescere e di dare amore incondizionato.
Lo amo perché mi permette di guardare oltre le difficoltà, di osservare le persone non solo come pazienti o utenti, ma come esseri umani con storie, emozioni e un bisogno di compagnia che va oltre il trattamento. Quando vedo qualcuno sorridere, quando sento una mano che mi stringe e mi dice “Ti voglio bene, potresti essere mio nipote,” mi rendo conto che questo lavoro non è solo dare, ma ricevere tantissimo. In ogni abbraccio, in ogni parola gentile, c’è un dono che mi trasforma.
In un centro con 40 ragazzi con disabilità entrare e sentire il loro “Ciao!” entusiasta, vedermi abbracciato con gioia mi fa sentire veramente importante. Non è solo il mio intervento a fare la differenza, ma l’amore che loro riescono a darmi, una forza che alimenta la mia giornata e la mia motivazione. Certe manifestazioni di affetto non sono solo gesti: sono vere e proprie iniezioni di vita.
Il nostro mestiere è visto spesso come un atto di servizio, come se fossimo chiamati a “dare”, senza mai aspettarci nulla in cambio. Ma chi fa questo lavoro sa bene che la vera ricchezza non sta nell’essere servitori silenziosi, ma nell’essere capaci di instaurare legami profondi e genuini. Ecco perché il trasferimento emotivo (transfert) che avviene in molti di noi è una parte naturale di questa professione: siamo esseri umani, non macchine.
Questo non significa che non possiamo essere professionali. Al contrario, è proprio grazie a questa umanità che possiamo essere migliori, più sensibili, più efficaci nel nostro ruolo. Il mio lavoro non è solo una professione, è una chiamata. Ogni giorno, grazie a chi incontro, a coloro che mi permettono di entrare nelle loro vite, posso migliorarmi, imparare e crescere come persona. E per questo sono infinitamente grato.
Essere operatore socio-sanitario significa poter essere se stessi, senza timore di essere giudicati, perché chi ci sta accanto non vede solo il nostro ruolo, ma vede oltre. E, se posso, è questo che mi rende ogni giorno più ricco di prima.
Matteo Lucio Maiolo
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