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La dott.Ssa Fucile Arianna laureatasi presso all’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli presenta la sua tesi dal titolo “L’infermiere di famiglia nel fine vita”.
ABSTRACT
I cambiamenti importanti della professione infermieristica dalla sua nascita fino ai giorni nostri, hanno evidenziato un importante impatto sui livelli di responsabilità, e sui confini di autonomia, i quali, dovrebbero contribuire a sottolineare la consapevolezza del ruolo dell’infermiere, la sua identità e la coscienza professionale.
I cambiamenti avvenuti nell’ambito professionale riconoscono l’importanza dei diritti fondamentali della persona dove l’infermiere collabora insieme ad altre figure professionali per garantire le profonde istanze etiche, oggi espresse a livello sociale, promuovendo un’idea di salute che oltre all’aspetto fisico, la caratterizzano sul piano psichico, relazionale e sociale.
Per gli infermieri questo significa la capacità di trovare nel Profilo Professionale e nel Codice Deontologico, elementi di riflessione e confronto per far sì che ci sia una consapevolezza dell’esercizio professionale, evitando un rischio del tutto evidente: quello di trascurare il paziente al di fuori dell’ospedale.
Nasce l’esigenza di una nuova figura infermieristica, l’Infermiere di Famiglia, un professionista che si prende carico dei bisogni del cittadino, attivando processi assistenziali personalizzati, in quanto è sempre maggiore la tendenza a ridurre la degenza ospedaliera e ad aumentare i servizi senza ricovero di assistenza infermieristica domiciliare e territoriale.
L’Infermiere di Famiglia che opera nel territorio rappresenta una realtà consolidata durante tutto il percorso assistenziale, includendo la promozione della salute, la prevenzione delle malattie, la riabilitazione e l’assistenza ai malati ed ai morenti.
A tal proposito, molti pazienti, nella fase terminale della loro malattia preferiscono rimanere a casa, in quanto rappresenta un luogo privilegiato per poter “andare via “in modo tranquillo. Il processo del morire, non è accettato come un evento della vita, il paziente affetto da una malattia terminale, sviluppa un meccanismo di autodifesa, in quanto comprende che procura ansia e dolore a chi lo circonda, infatti, quando ci troviamo in un contesto domiciliare il peso
maggiore dell’assistenza ricade sul coniuge, sui membri della famiglia o su altre persone significative.
L’Infermiere di Famiglia in questo caso ha il compito non solo di erogare assistenza al paziente terminale ma ha il compito di supportare i caregiver ed aiutarli ad accettare la perdita ed elaborazione del lutto.
Erogare assistenza ad un paziente terminale vuol dire assicurargli il sollievo dei sintomi, e migliorare la sua qualità di vita fino al suo termine e quella dei suoi familiari, tutelando la dignità e l’autonomia del malato, senza alcuna discriminazione, dandogli un adeguato sostegno sanitario e socioassistenziale attraverso sia le cure palliative che sono un insieme di interventi terapeutici, diagnostici ed assistenziali rivolti appunto alla persona malata caratterizzata da una malattia con prognosi infausta e che non risponde più a trattamenti specifici e al suo nucleo familiare, sia la terapia del dolore che sono un insieme di interventi volti ad applicare appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche, riabilitative, tra loro integrate, allo scopo di elaborare idonei percorsi diagnostico-terapeutici per la soppressione ed il controllo del dolore.
I pazienti sembrano essere seguiti da un “sesto senso” a scegliere la persona che sarà per loro l’accompagnatore, che non è un ruolo da poco: l’accompagnatore deve farsi carico dei bisogni del malato, pur senza soccombere ad essi, e ciò significa condividerli, senza identificarsi completamente con lui.
In casi gravi in cui la famiglia non esiste o non è disponibile a farsi carico delle cure assistenziali, il Servizio Sanitario Nazionale offre, una rete nazionale, per le cure palliative e la rete nazionale per la terapia del dolore, volte a garantire la continuità assistenziale del malato dalla struttura ospedaliera a strutture territoriali ed assistenziali costituiti da figure professionali e dagli interventi diagnostici e terapeutici dedicati all’erogazione delle cure palliative ed al controllo del dolore nelle fasi avanzati delle malattie terminali.
Gli stadi avanzati di malattia e la fase terminale rappresentano uno dei momenti più difficili, per questo l’assistenza dovrebbe basarsi sulla conoscenza dettagliata
dei reali bisogni fisiologici, personali, emozionali, sociali, psicologici e spirituali del malato.
Diventare sensibili ai bisogni del morente, significa comprendere che necessita di una buona assistenza, che ha bisogno di calore umano, rispetto e coraggio per superare tutti i problemi che nascono dentro di lui nella coscienza della morte.
I diritti del paziente morente prevedono che il paziente riceva l’aiuto necessario a scegliere da chi e dove vogliono ricevere le cure di fine vita.
Lo scopo della tesi è quello di valutare le conoscenze degli Infermieri nel campo delle Cure Palliative e del fine vita. Definire un identikit dell’Infermiere di Famiglia e del suo ruolo nell’ambito della rete delle strutture territoriali dove eroga assistenza.
Fucile Arianna
Allegato
Tesi: “L’infermiere di famiglia nel fine vita”
- Manovra 2025: flat tax sugli straordinari degli infermieri e contributo per gli specializzandi non medici. Gimbe: “Soluzioni tampone”
- Aumenti da oltre 7.000 euro per ministri e sottosegretari: e gli stipendi di infermieri, oss e operatori sanitari?
- Concorso per 640 infermieri in Veneto
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- Amiloidosi cardiaca, atteso nel 2026 un nuovo farmaco che spegne il gene chiave della malattia
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