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Riceviamo la tesi della dott.ssa Sara Casoria, laureatasi presso l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli.
Titolo della tesi “La gestione infermieristica del Port a Cath e l’impatto del dispositivo sulla qualità di vita del paziente oncologico”
INTRODUZIONE
L’idea di sviluppare il presente lavoro di tesi nasce dall’esperienza di tirocinio clinico effettuata presso l’Unità Operativa Complessa di Oncologia dell’Ospedale “Vincenzo Monaldi” di Napoli.
Il catetere venoso totalmente impiantabile o Port a Cath (abbreviazione PaC) è un presidio largamente utilizzato per i pazienti che necessitano la somministrazione di terapia endovenosa cronica e continuativa; così come il Picc (catetere venoso centrale ad inserzione periferica) ma come si vedrà in questo lavoro di tesi, i pazienti preferiscono il PaC rispetto al Picc. Il primo, presentando un rischio di complicanze inferiore, sembra non incidere in modo significativo sulle attività quotidiane del paziente.
Durante i mesi di tirocinio ho avuto la possibilità di approfondire meglio la gestione infermieristica del catetere venoso totalmente impiantabile e il ruolo dell’infermiere, a mio parere estremamente importante e delicato, nella gestione e nella somministrazione dei farmaci antiblastici.
La gestione infermieristica prevede, oltre alla corretta somministrazione di farmaci antiblastici prescritti, la preliminare osservazione del sito del Port, al fine di individuare precocemente i segni di complicanze in atto, nonché il controllo della pervietà e del corretto funzionamento del dispositivo.
Aldilà dei consueti tecnicismi che la procedura impone, l’infermiere è tenuto a considerare il risvolto psicologico e sociale che tale dispositivo determina sulla qualità di vita della persona assistita. Infatti, l’infermiere in ambito oncologico si trova a percorrere, insieme al paziente, tutte le tappe del trattamento antitumorale, condividendo con lui stati d’animo e sentimenti differenti: dalla disperazione, alla paura di non farcela, al dolore, al senso di impotenza, alla devastazione.
Gli infermieri sono responsabili, al fianco dei medici, dell’educazione del paziente oncologico.
Grazie alla qualità delle informazioni che vengono fornite, è possibile migliorare l’esperienza della persona, la sua conoscenza della malattia, dei rischi e dei benefici relativi alle terapie e alla corretta assunzione dei farmaci, il riconoscimento e i comportamenti da mettere in atto di fronte alle tossicità dei trattamenti.
Proprio per questo motivo nasce il quesito di questa ricerca: ‘Come e quanto incide il Port a Cath nella vita quotidiana di un paziente oncologico?’.
Infatti, l’obiettivo dello studio è capire l’impatto che il dispositivo ha sui pazienti e sulle loro attività quotidiane, se hanno sviluppato complicanze e se il PaC ha avuto un impatto negativo o positivo, sia dal punto di vista psicologico e sia da un punto di vista di ‘comodità’ per affrontare la terapia.
Sara Casoria
Allegato
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- Prevenire le lesioni da pressione: il 21 novembre torna la Giornata Internazionale STOP Pressure Ulcers
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