ABSTRACT
La preservazione del patrimonio venoso è un punto chiave dell’assistenza infermieristica.
L’accesso vascolare è il primo presidio che viene inserito per l’assistenza del paziente ed è l’ultimo presidio che viene rimosso alla dimissione. Un buon accesso vascolare è essenziale per offrire al paziente la migliore assistenza possibile, ma non sempre è semplice reperirlo. In molti pazienti il patrimonio venoso risulta scarso e diventa problematico trovare una vena adeguata all’utilizzo preposto; questo può essere dovuto a vari fattori clinici e demografici e porta gli infermieri a fare vari tentativi che spesso falliscono prima di trovare una vena idonea.
La difficoltà ed i tentativi falliti portano inevitabilmente al depauperamento del patrimonio vascolare del paziente, con conseguente riduzione dell’accessibilità al sistema vascolare a breve e lungo termine. Tuttavia, è possibile preservare il patrimonio vascolare del paziente attraverso l’impiego di un algoritmo per la scelta del giusto accesso vascolare in base all’impiego previsto e all’utilizzo di una guida ecografica per identificare, valutare e pungere delle vene più profonde non valutabili con il metodo tradizionale.
La consulenza precoce del paziente difficile da parte del team di accessi vascolari e il reperimento di un accesso vascolare ecoguidato a medio/lungo termine apporta numerosi vantaggi, tra cui riduzione dei tempi, successo al primo tentativo, riduzione di ematomi e dolore nel paziente, miglioramento degli aspetti psicologici del paziente e preservazione del patrimonio venoso.
INTRODUZIONE
L’accesso vascolare è il primo presidio che viene inserito per l’assistenza del paziente ed è l’ultimo presidio che viene rimosso prima della dimissione o mantenuto anche a domicilio.
L’infermiere riveste un ruolo chiave nell’universo degli accessi vascolari: valutando il paziente, analizza il suo patrimonio venoso ed individua precocemente la difficoltà del cateterismo, decidendo la strategia migliore per ottenere un accesso.
Il grande numero di tentativi non andati a buon fine porta al depauperamento del patrimonio venoso del paziente che riduce progressivamente l’accessibilità al sistema vascolare nell’immediato ed a lungo termine. Se il paziente è considerato difficile da incannulare alla cieca, è indicato per il personale l’utilizzo della guida ecografica per identificare i vasi venosi d’elezione e l’incannulazione ecoguidata se adeguatamente istruiti.
In alternativa è indicata e strettamente consigliata la consulenza e la presa in carico del paziente da parte del team di accessi vascolari.
MATERIALI E METODI
Sono stati analizzati due gruppi di pazienti: nel primo caso l’impianto di un accesso venoso ecoguidato precoce, a tempo 0 prima di iniziare la terapia; nel secondo caso il reperimento di un accesso venoso ecoguidato in pazienti ospedalizzati che hanno già subito dei tentativi fallimentari. Sono stati rapportati i risultati per evidenziare i benefici di un inserimento precoce di un accesso venoso ecoguidato.
RISULTATI
Dall’analisi dei dati risulta evidente che il reperimento di un accesso venoso ecoguidato precoce apporta dei vantaggi, tra cui la migliore accettazione da parte del paziente, il successo al primo tentativo, la preservazione del patrimonio venoso, la riduzione di ematomi sugli arti del paziente con conseguente migliore gestione del paziente nel setting assistenziale.
CONCLUSIONI
In conclusione, il reperimento precoce di un accesso vascolare ecoguidato è indicato nel paziente con precedente storia di accesso venoso difficile e DIVA score medio/alto, per evitare il depauperamento del patrimonio venoso che riduce progressivamente l’accessibilità al sistema vascolare nell’immediato ed a lungo termine e la sua preservazione.
L’accesso vascolare è il primo presidio che viene inserito sul territorio durante il soccorso extraospedaliero ed è l’ultimo presidio che viene tolto prima della dimissione se a breve termine, altrimenti può essere mantenuto anche a domicilio, attuando una corretta gestione. Un buon accesso vascolare è essenziale per offrire al paziente la migliore assistenza possibile, ma non sempre è semplice reperirlo.
Nel 2015, durante una conferenza a Roma, gli accessi vascolari sono stati definiti come il “sesto parametro vitale”. Un buon accesso vascolare costituisce un presidio che accompagna il paziente durante la sua degenza, in ogni setting, ad ogni livello di intensità di cura e non solo in ospedale, ma anche a domicilio.
L’accesso venoso è un tubicino plastico biocompatibile che permette il collegamento tra un distretto venoso e l’ambiente esterno. In ogni setting, il disporre di un valido accesso venoso facilita il processo assistenziale e curativo.
L’infermiere riveste un ruolo chiave nell’universo degli accessi vascolari, dalla scelta del presidio all’impianto, dalla buona gestione, all’educazione del paziente e del care giver.
In particolare, ponendo attenzione alla scelta del giusto presidio, l’infermiere conosce il paziente, la sua storia e le sue esigenze, la terapia a cui deve essere sottoposto e la durata della stessa, la disponibilità dei siti di accesso vascolare, il suo stile di vita e basandosi su queste essenziali informazioni, utilizza un algoritmo di scelta dell’accesso vascolare d’elezione.
Durante la valutazione del paziente è essenziale analizzare il suo patrimonio venoso, in modo tale da individuare precocemente la difficoltà del cateterismo venoso.
Attraverso l’osservazione degli arti del paziente, è già possibile valutare la difficoltà di accesso venoso in base alle qualità apprezzabili; inoltre, esistono delle scale utili alla valutazione delle vene del paziente e all’individuazione precoce di pazienti difficili.
Il DIVA score (Difficult Intravenous Access) è uno strumento clinico utilizzato per valutare la probabilità che un paziente abbia difficoltà a ottenere un accesso venoso periferico. Questo punteggio viene calcolato in base a diversi fattori clinici e demografici.
Al calcolo di questo punteggio si sommano i fallimenti rapportati al numero totale di tentativi e storia personale di accesso venoso difficile, in modo tale da poter già classificare il paziente:
- Punteggio basso (0-3): probabilità bassa di difficoltà; si può procedere con l’accesso venoso periferico standard.
- Punteggio medio (4-6): probabilità moderata di difficoltà; potrebbe essere necessario un operatore più esperto o l’uso di tecniche avanzate come l’ecografia.
- Punteggio alto (7+): alta probabilità di difficoltà; si consiglia di considerare l’uso di accessi venosi centrali o dispositivi di accesso alternativo.
Una volta calcolato il punteggio, il personale medico può utilizzare il DIVA score per decidere la strategia migliore per ottenere un accesso venoso.
In molte realtà il paziente è considerato difficile già dopo il primo tentativo fallito, al termine del quale il personale infermieristico deve attuare il protocollo adatto.
Se il paziente viene classificato DIVA è assolutamente controindicata la cannulazione venosa con metodo tradizionale, anche detta alla cieca. Infatti, il grande numero di tentativi non andati a buon fine porta al depauperamento del patrimonio venoso del paziente che riduce progressivamente l’accessibilità al sistema vascolare nell’immediato ed a lungo termine.
Se il paziente è considerato difficile da incannulare alla cieca, è indicato per il personale l’utilizzo della guida ecografica per identificare i vasi venosi d’elezione e l’incannulazione ecoguidata se adeguatamente istruiti.
In alternativa è indicata e strettamente consigliata la consulenza e la presa in carico del paziente da parte del team di accessi vascolari.
L’ecografia è un esame strumentale che permette di visualizzare con chiarezza i vasi e le strutture dei vari distretti corporei, grazie agli ultrasuoni, ovvero le onde sonore ad elevata frequenza. Si tratta di una valutazione rapida, non invasiva e senza particolari controindicazioni per il paziente.
È possibile individuare i vasi attraverso l’ecografo, in quanto anaecogeni e quindi neri. È possibile individuare le vene, valutarne il calibro, la comprimibilità, la presenza di trombi e le strutture nervose: la guida ecografica sostanzialmente permette di incannulare il vaso d’elezione diminuendo il numero di tentativi ed i tempi e permettendo di preservare il patrimonio venoso.
In ambiente ospedaliero è comune imbattersi in pazienti con gli arti martoriati, con evidenti e numerosi ematomi dovuti ai tentativi falliti di inserimento di CVP alla cieca o alla cattiva gestione dei cateteri venosi.
Queste condizioni rendono difficile anche il reperimento della vena con tecnica ecoguidata, in quanto il vaso risente dei numerosi tentativi di incannulamento. A seguire due esempi.
In questi casi clinici, a causa dei numerosi tentativi falliti di reperimento di accessi venosi alla cieca, è stata richiesta una consulenza da parte del team di accessi vascolari.
Dalla valutazione dell’arto è risultata l’impossibilità di impianto di un accesso venoso ecoguidato per l’alto rischio di complicanze trombotiche ed infettive. L’unica possibilità consigliata è quella di inserire un FICC o un CICC in sala operatoria.
Questo dimostra che il reperimento di un accesso vascolare ecoguidato è fortemente consigliato nei pazienti con vene difficili già dal primo tentativo fallito, per preservare il patrimonio venoso del paziente ed evitarne il depauperamento con conseguente impossibilità di impiantare un accesso venoso periferico sia per la difficoltà di reperimento di un vaso periferico adatto che per l’alto rischio di complicanze.
Importante è anche la valutazione dell’aspetto psicologico legato all’impianto di un accesso venoso per l’utente: il paziente che sa di avere un patrimonio venoso scarso e conosce la difficoltà degli infermieri nel reperimento di un acccesso vascolare è spesso spaventato dagli innumerevoli tentativi falliti ed il dolore ad essi legato ma accetta più volentieri la puntura ecoguidata, in quanto si sente più sicuro nelle mani del professionista qualificato e specializzato in tale ambito, che durante il colloquio gli spiega la procedura, risponde a domande e dubbi e lo rassicura.
La puntura ecoguidata ha successo al primo tentativo la maggior parte delle volte; ha un impatto positivo sul paziente, che non dovrà subire numerosi tentativi fallimentari e non ne vedrà tutti gli esiti sugli arti, quindi meno ematomi e meno dolore.
Per dimostrare la suddetta tesi, sono stati analizzati 20 pazienti valutati presso il team di accessi vascolari dell’ospedale Mons. R. Dimiccoli di Barletta.
Questi 20 pazienti sono stati suddivisi in due gruppi studiati distintamente:
- 10 pazienti sono stati inviati in ambulatorio precocemente, dopo 1-2 tentativi falliti di reperimento di accesso vascolare con metodo tradizionale e la valutazione di paziente difficile.
- 10 pazienti sono stati inviati in ambulatorio tardivamente, dopo numerosi tentativi falliti di accessi vascolari alla cieca.
Nel primo gruppo di studio, formato dai 10 pazienti valutati precocemente, previa firma del consenso informato e della spiegazione della procedura, è stato possibile inserire un accesso vascolare ecoguidato al primo tentativo, su arti con patrimonio venoso intatto. Gli impianti hanno avuto esito positivo da diversi punti di vista: per l’impiantatore è stato più semplice scegliere ecograficamente il vaso d’elezione da pungere ed in cui inserire il catetere vascolare durante la prima ecografia esplorativa.
I pazienti hanno tutti risposto positivamente all’impianto sentendosi più sereni all’idea di non dover ricevere più punture durante il ricovero ospedaliero e durante la terapia ed anche da un punto di vista psicologico ed estetico, non dovendo più vedere grandi ematomi sugli arti dovuti ai numerosi tentativi falliti ed il dolore correlato.
In questi casi il patrimonio venoso è stato efficacemente preservato. A seguire alcuni esempi degli esiti dell’impianto precoce.
Nel secondo gruppo di studio, composto dai 10 pazienti inviati tardivamente nell’ambulatorio di accessi vascolari, gli esiti sono stati decisamente diversi. Previa spiegazione della procedura e firma del consenso informato, i pazienti non sempre si sono dimostrati collaboranti, in quanto spaventati dai numerosi tentativi falliti e dall’aspetto degli arti. Spesso partivano prevenuti, già consapevoli delle difficoltà ed impauriti dall’ennesimo tentativo, cosa che influisce anche sull’impiantatore e sulla scelta dell’arto e della vena.
L’ecografia esplorativa nella metà dei casi mostrava vene di piccolo calibro dovuto al traumatismo precedente. L’impianto in questi casi ha richiesto un po’ più di tempo nella canalizzazione del catetere ma ha in ogni caso avuto esito positivo. Purtroppo in questi pazienti risulta evidente il depauperamento del patrimonio venoso, che rende più complesso il reperimento di un accesso vascolare nell’immediato ed a lungo termine. Inoltre è necessario considerare la sofferenza del paziente dovuta alla condizione degli arti già lividi.
Dall’analisi dei dati raccolti dai due gruppi di pazienti studiati e dal confronto di essi, emerge chiaramente che l’uso precoce della guida ecografica per il reperimento dell’accesso venoso nei pazienti considerati difficili offre vari benefici, tra cui una maggiore accettazione da parte del paziente, un alto tasso di successo al primo tentativo, la riduzione dei tempi, una riduzione degli ematomi sugli arti e, di conseguenza, una gestione ottimizzata del paziente nell’ambito assistenziale e soprattutto la preservazione del patrimonio vascolare.
In conclusione, l’uso tempestivo della guida ecografica per ottenere un accesso vascolare da parte del team adeguatamente formato è fortemente raccomandato per i pazienti con una storia di difficoltà nel reperimento venoso e con un punteggio DIVA medio/alto, al fine di evitare il depauperamento del patrimonio venoso, che compromette progressivamente l’accessibilità al sistema vascolare sia a breve che a lungo termine, e garantirne la preservazione.
BIBLIOGRAFIA
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- Regione Lombardia, ASST Valle Olona. (2015). Diagramma di flusso per la scelta dell’accesso venoso sulla base del trattamento e della sua durata.
- Shiver, S. A., Blaivas, M., & Lyon, M. (2012). A prospective comparison of ultrasound-guided and blindly placed peripheral intravenous lines in emergency department patients with difficult access. Academic Emergency Medicine, 19(8), 859-864. https://doi.org/10.1111/j.1553-2712.2012.01393.x
Dott.ssa Elena Metta
Dott. Riccardo Scommegna
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