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Fuori dalla sala operatoria per rispondere al telefono (4 volte): anestesista rischia condanna per lesioni colpose

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Disabile trattato in modo "disumano": per la Cassazione scatta il reato di tortura
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Rischia la condanna per lesioni colpose un anestesista uscito ben quattro volte dalla sala operatoria per rispondere al telefono durante un intervento di mastoplastica additiva. Un reato per il quale, nel caso specifico, non si è potuto procedere perché prescritto, ma la Corte di Cassazione, decidendo solo sui danni (materiali e non) ai fini civili, ha confermato la condanna del professionista a risarcire con circa 600mila euro, i familiari di una una donna finita in stato vegetativo permanente.

L’anestesista era stato chiamato a rispondere del reato di lesioni in concorso col chirurgo, oltre che di falso nella cartella clinica per aver omesso alcune informazioni e mentito su altre, come la frequenza cardiaca della paziente. Al camice bianco era stato contestato di non essere intervenuto tempestivamente per far superare una crisi respiratoria alla paziente, rimasta in debito di ossigeno per circa sei minuti.

E per i giudici l’intervento era tardato perchè l’anestesista, proprio verso la fine dell’operazione era uscito quattro volte dalla sala per rispondere ad altrettante chiamate, come risultato dai tabulati telefonici. Un addebito mosso al medico riguardava l’aver consentito alla donna di sottoporsi all’intervento lasciando uno smalto gel sulle unghie dei piedi e delle mani, dove era stato messo il saturimetro. Circostanza, questa, che impediva ai sanitari di osservare il letto ungueale.

La Cassazione ha respinto dunque il ricorso con il quale si chiedeva di escludere la responsabilità, affidandosi al principio del “più probabile che non”. Secondo i giudici, infatti, è probabile che le conseguenze della crisi respiratoria sarebbero state meno drammatiche se il massaggio cardiaco e le altre manovre di rianimazione, che pure c’erano state, fossero state praticate prima.

Redazione Nurse Times

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