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Fuga di monossido in hotel a Roma, infermiere salva gli ospiti: “Potevano morire nel sonno”

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Danilo Lizzi

“Vedere un genitore in lacrime davanti al figlio piccolo che sta male e ti dice ‘Grazie, ci hai salvato la vita’ non ha davvero prezzo”. Così Danilo Lizzi, infermiere dell’Ares 118 Lazio, che due notti fa ha soccorso i 96 ospiti del Raganelli Hotel di Roma, dove si era sprigionata una fuga di monossido di carbonio dalla caldaia.

L’infermiere è rimasto intossicato con altre sette persone, ma è riuscito a portare fuori tutti, insieme con l’autista dell’ambulanza Marco Trinca, prima dell’arrivo di vigili del fuoco e polizia. Il governatore del Lazio Francesco Rocca gli ha rivolto i suoi complimenti: “Ha evitato una tragedia”. 

“Quel gas è inodore – ha detto l’infermiere, intercettato dal Corriere della Sera -. Se non avessi insistito con il portiere dell’albergo, sarebbero morti tutti nel sonno”. Fuori pericolo al Gemelli e al San Camillo, tre adulti e tre bambini, turisti di Frosinone andati a Roma per il concerto di Ultimo. “Ci hanno chiamati perché una bimba era caduta e si era fatta male alla testa, ma quando sono entrato il rilevatore di monossido che abbiamo sulla tuta ha cominciato a suonare”, racconta Lizzi.

E ancora: “Il portiere diceva che era un guasto, ma non mi sono fidato. I bimbi vomitavano, gli adulti avevano mal di testa. Abbiamo svegliato tutti, aperto le finestre, portato fuori gli ospiti. La nostra sala operativa ci ha supportato. Così abbiamo salvato tutte quelle vite”.

Sempre l’infermiere: “La chiamata dal 112 è arrivata poco prima delle 3. Siamo accorsi lì e abbiamo rischiato che l’intervento fosse in realtà una sequela di errori. Devo ringraziare la dirigente del servizio, Lucia De Vito, perché ha fortemente voluto che fossimo equipaggiati con il rilevatore di monossido di carbonio. Dovrebbero averlo tutti quelli che si occupano di soccorsi. Il dispositivo ha suonato non appena ho messo piede nella hall. Il portiere cercava di spiegarci che faceva contatto con qualcosa, che non avrebbe potuto avvertire il proprietario dell’hotel perché era tardi, mai io e l’autista ci siamo accorti che il pericolo era imminente. Sapevo che non mi stavo sbagliando”.

E la conferma è arrivata poco dopo, quando i pompieri hanno rilevato la perdita di monossido dalla caldaia, che è stata poi sequestrata dalla polizia. “Quando siamo arrivati in albergo, mi sono diretto subito verso la stanza in cui ci avevano segnalato la bambina che aveva avuto una sincope con possibile trauma cranico – ricorda l’infermiere -. Lì i genitori mi hanno spiegato che la piccola si era sentita male, ma che erano stati in piedi dall’alba per andare al concerto di Ultimo a Roma. Una giornata intensa, ore sotto il sole, poi la pioggia, tanta stanchezza: una situazione che poteva giustificare un malore. Ho consigliato comunque di accompagnare la bambina in ospedale per una valutazione più approfondita. Tuttavia la famiglia era in difficoltà perché non voleva dividersi, avendo tre bambini piccoli e una sola auto”.

Ancora Lizzi: “Siamo quindi saliti in ambulanza per preparare il trasferimento. Mentre stavamo per partire, però, ho chiesto alla signora di aspettare un attimo perché non ero convinto della situazione. Avevo il rilevatore di monossido che aveva suonato e, nonostante mi avessero parlato di un possibile guasto elettrico in hotel che avrebbe potuto interferire con i dispositivi elettronici e quindi giustificare quel suono, la situazione non mi convinceva. Ho informato immediatamente la centrale operativa Ares 118 di quanto stava accadendo, segnalando la lettura del sensore e la mia preoccupazione. La centrale, con grande professionalità, mi ha dato pieno supporto e mi ha chiesto se volessi già attivare i vigili del fuoco. Ho preferito però evitare falsi allarmi e ho chiesto di poter fare prima un’ulteriore prova”.

Continual Lizzi: “Insieme al mio autista soccorritore Marco Trinca ho deciso di far aprire tutte le finestre della hall dell’albergo, in modo da far defluire un’eventuale concentrazione di gas. Dopo circa dieci minuti ho chiesto a Marco di entrare con il rilevatore: il sensore non suonava più. Questo significava che l’aria si era ‘ripulita’ grazie alla ventilazione. A quel punto ho preso io stesso il rilevatore e mi sono diretto verso le camere. Appena mi avvicinavo alle stanze il sensore ricominciava a segnalare la presenza di monossido. Ho chiesto al padre della bambina di aprire la finestra della loro stanza e ho fatto la prova con il rilevatore: con la mano fuori dalla finestra non suonava più, dentro la stanza tornava a suonare. Lì ho avuto la certezza che la situazione fosse grave. Proprio in quel momento sono stati gli stessi ospiti dell’hotel ad avvisarci che un’altra persona era svenuta. Ho immediatamente allertato la centrale per attivare la procedura di maxi emergenza e richiesto il supporto dei vigili del fuoco, mentre mi attivavo per dare l’allarme generale”.

Prosegue il racconto dell’infermiere: “Un ringraziamento speciale e personale va al mio collega Marco Trinca, che si è coordinato con me in maniera impeccabile, spesso senza nemmeno bisogno di parole. Gli ho affidato il compito di mettere in sicurezza all’esterno dell’albergo tutte le persone evacuate, predisponendo sedie e ricoveri di fortuna, mentre io mi occupavo di percorrere cinque piani a piedi, stanza per stanza, chiamando in italiano e inglese per raggiungere anche i turisti stranieri”.

“In due siamo riusciti, nell’arco di circa 30 minuti, a far evacuare 96 persone. I vigili del fuoco, giunti poco dopo, hanno trovato la struttura ormai svuotata, salvo una stanza con due ospiti che stavano già scendendo. Non nego che il mio comportamento sia stato, sotto certi aspetti, rischioso. Ho respirato monossido di carbonio per oltre mezz’ora e ho riportato un’intossicazione che mi ha costretto alle cure ospedaliere. Ma non avrei potuto comportarmi diversamente. Non riuscivo a rimanere fermo sapendo di poter evitare il peggio”.

Quindi i ringraziamenti. “Desidero ringraziare la Centrale operativa Ares 118 per la disponibilità e l’attenzione costante verso la nostra sicurezza. Un grande aiuto lo devo inoltre all’esperienza che ho avuto sia quando lavoravo al 118 di Latina sia nell’esperienza come infermiere di Anestesia in Valtellina, presso Chiavenna, Sondrio e Sondalo, e ancora a Villafranca di Verona. E non posso dimenticare l’esperienza al Covid Hospital di Trecenta. In tutti questi posti ho lasciato un pezzo di me, ma soprattutto ho appreso qualcosa che porto sempre con me. Grazie anche ai miei colleghi della postazione Nuova Regina Margherita e Vittor Pisani, in particolare al coordinatore Franco Mosini, che mi hanno accolto sin dal mio arrivo (1° giugno), facendomi sentire parte della squadra e formandomi in modo impeccabile”.

Conclude l’infermiere: “Non dimentico, infine, le mie radici. Sono ancora in aspettativa dall’ospedale di Locri, in Calabria. Molta della mia formazione sanitaria è nata lì, in un territorio spesso denigrato, che però mi ha insegnato come con meno risorse si possa fare ancora di più. Quella notte è stata particolarmente impegnativa: io e Marco avevamo iniziato il servizio alle 17:30 – per dare supporto sanitario al concerto di Ultimo – e concluso dopo l’una, con in mezzo diversi interventi. L’allarme in hotel è arrivato alle 3 di notte, quando già la stanchezza era forte e avrebbe potuto compromettere lucidità e prontezza”.

Redazione Nurse Times

Fonte: Corriere della Sera

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