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E’ importante costruire percorsi di formazione sul campo in ambito Infermieristico?

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Il Tirocinio Clinico è davvero uno sfruttamento di manodopera semi-specializzata gratuita?
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Parole chiave: Formazione sul campo (FSC), non Tecnical skills, Formazione – Intervento, Andragogia, formazione degli adulti.

La formazione sul campo (di seguito, FSC) si caratterizza per l’utilizzo, nel processo di apprendimento, del contesto lavorativo socio sanitario, delle competenze dei professionisti impegnati nelle attività cliniche e assistenziali e delle occasioni di lavoro nelle organizzazioni.

In altri termini l’esigenza formativa che scaturisce dal contesto lavorativo deve essere attuata all’interno dell’attività lavorativa stessa, allo scopo di garantire non solo l’innalzamento della specifica professionalità, ma anche l’aumento delle capacità di ognuno di lavorare e di rapportarsi all’interno della propria organizzazione, di migliorare le competenze dei professionisti, la qualità e sicurezza dell’assistenza.

In questa sede si propone di presentare un percorso di FSC, accreditabile dal sistema ECM, allo scopo di implementare le competenze degli operatori sanitari, per garantire livelli qualitativi crescenti, di servizi forniti all’utente esterno. Ed intenzionalmente favorire come valore aggiunto, la crescita dei livelli motivazionali degli utenti interni, primi fra tutti ma non solo, gli Infermieri.

L’obiettivo è quello di illustrare le basi teoriche e metodologiche di un progetto di FSC accreditabile dal sistema ECM, in ambito socio sanitario, con l’utilizzo di strategie formative di natura andragogica, tramite la messa a punto di un percorso di formazione – intervento.

Come vedremo questa strategia permette di costruire competenze avanzate, tramite un progetto formativo sul campo, favorendo  un forte collegamento della teoria con la prassi.

L’intento è anche quello di far crescere negli operatori sanitari la necessità e la sensibilità nella rendicontazione informatizzata delle prestazioni erogate “accountability”, per permettere la valutazione delle performance assistenziali e procedere ad un eventuale processo di miglioramento della qualità dei percorsi assistenziali forniti agli utenti.

 

LA FORMAZIONE SUL CAMPO

Definizione e criteri per l’assegnazione di crediti ECM, approvato dalla Commissione nazionale per la formazione continua, 13 gennaio 2010.

L’assegnazione di crediti ECM, basata sulla partecipazione ad eventi congressuali, corsi e formazione a distanza non può essere la sola e principale modalità di garanzia formativa.

La pratica professionale con i suoi momenti di confronti, riflessioni, supervisione e ricerca, non fa ancora parte di questo sistema, quasi non fosse ancora completamente incoronata come occasione di formazione.

Occorre avanzare nello sviluppo del sistema ECM per riconoscere crediti anche alle esperienze di ricerca organizzativa, gestionale, per le attività di autoformazione e di tutta un’altra serie di opportunità formative e di crescita professionale che possono essere realizzate “sul posto di lavoro” e che esulano da quelle classicamente residenziali.

Esistono evidenze sui bassi risultati delle iniziative tradizionali nel modificare la pratica professionale: si e dimostrato, sin dagli anni ‘90, che le attività formative tradizionali, che pongono il partecipante in un modo prevalentemente di ascolto passivo, non sono efficaci nel modificare la pratica professionale.

Viceversa, le iniziative che coinvolgono attivamente i partecipanti e forniscono loro strumenti pratici, sono in grado di modificare la pratica professionale e gli esiti assistenziali.

La formazione sul campo (FSC) rappresenta una quota rilevante delle modalità di formazione continua e la possibilità di utilizzare per l’apprendimento direttamente le strutture sanitarie, le competenze degli operatori impegnati nelle attività assistenziali e le occasioni di lavoro, rappresentano un’opportunità positiva di formazione che è tuttora poco utilizzata.

Si tratta di incentivare attività che sul piano dell’impatto formativo e del miglioramento organizzativo si ritengono mezzi potenti e responsabilizzanti.

I presupposti che sostengono la necessità di valorizzare la FSC sono i seguenti:

  • gli adulti sono motivati ad apprendere se l’attività formativa è percepita come rilevante;
  • è costruita sulle precedenti esperienze;
  • coinvolge direttamente i discenti e ne consente la partecipazione attiva;
  • è basata su problemi concreti e specifici da risolvere;
  • responsabilizza verso il proprio apprendimento;
  • consente di applicare quanto appreso;
  • prevede cicli di azioni e riflessioni;
  • è rinforzata da contesti organizzativi favorevoli alla formazione e allo sviluppo professionale.

Il luogo di lavoro diventa il setting privilegiato per:

  • utilizzare l’esperienza come fonte di apprendimento;
  • condividere con colleghi, capi e collaboratori i processi formativi e le loro ricadute operative;
  • stimolare i professionisti ad interrogarsi sui problemi non risolti per ricercare ed interpretare le nuove conoscenze da applicare alla pratica professionale;
  • fornire la possibilità di riflettere sugli errori e sulle criticità della pratica attraverso un processo di audit strutturato;
  • far diventare l’educazione continua un’attività “realmente continua” e non sporadica.

La FSC si caratterizza per l’utilizzo, nel processo di apprendimento, delle strutture sanitarie, delle competenze dei professionisti impegnati nelle attività cliniche e assistenziali e delle occasioni di lavoro.

In altri termini l’esigenza formativa che scaturisce dal contesto lavorativo deve essere attuata all’interno dell’attività lavorativa con la finalità di garantire non solo l’innalzamento della specifica professionalità, ma anche l’aumento delle capacità di ognuno di lavorare e di rapportarsi all’interno della propria organizzazione, di migliorare le competenze dei professionisti e la qualità e sicurezza dell’assistenza.

L’apprendimento che ha luogo nel corso di tali attività è contraddistinto da un elevato livello di interattività, deve essere pertanto percepito dal partecipante come rilevante. Ciò si traduce in una responsabilizzazione verso i contenuti acquisiti per la possibilità di applicare quanto appreso direttamente nell’esercizio professionale e nel contesto organizzativo.

La valutazione ai fini dell’ECM delle attività di FSC si basa su quattro criteri:

  • la rilevanza dell’iniziativa per l’organizzazione che la propone;
  • la tipologia di FSC;
  • la complessità e durata dell’iniziativa;
  • l’impegno individuale del professionista.

Per evitare che  la FSC sia un mero mezzo finalizzato unicamente all’assegnazione di crediti formativi ECM alla ordinaria attività lavorativa, si ritiene necessario che tali attività siano progettate dal provider con atto formale e valutate nel loro impatto formativo.

Affinchè si possa sottoporre ad accreditamento ECM le attività di  F.S.C è necessario che queste iniziative siano progettate e valutabili nel loro impatto formativo. E’ la gestione del processo e le sue implicazioni per l`apprendimento di competenze degli operatori, che interessa il sistema ECM.

Tuttavia è necessario fare uno sforzo di formalizzazione di tali iniziative per accedere al loro accreditamento.

La Commissione Nazionale ECM, in una determinazione del 7 ottobre 2003 ha indicato nei sistemi sanitari regionali gli organismi deputati ad accreditare tale tipologie di attività formative.

E’ per questo che il sistema ECM di alcune realtà regionali (esempio: la regione Veneto) si prefigge di partire con l’accreditamento della F.S.C. tramite la realizzazione di apposite griglie di valutazione che permettono di realizzare un format unico e standardizzato, per l’implementazione del progetto formativo e la sua relativa valutazione e assegnazione dei crediti ECM.

Al fine di procedere ad una obiettiva ed uniforme valutazione degli eventi e delle ricadute di miglioramento professionale è richiesto ai provider/fornitori di attività di FSC lo sforzo di definire, la durata dell’attività e di collaborare alla sua valutazione attraverso la stesura di un progetto e la compilazione di una scheda che, come per gli eventi formativi residenziali, consenta di avere un quadro complessivo dell’evento. Inoltre è importante che  il progetto dia evidenza della modalità di attribuzione del punteggio in crediti ECM e della valutazione della qualità complessiva dell’evento formativo.

Le indicazioni di seguito riportate hanno lo scopo di supportare i Provider/Fornitori nella procedura di accreditamento delle attività di formazione sul campo.

La Commissione ECM ha stabilito di accreditare le seguenti tipologie:

  • Attività di training individualizzato;
  • Partecipazione a gruppi di lavoro/studio , di miglioramento e commissioni/comitati;
  • Partecipazione a ricerche;
  • Audit clinico e/o assistenziale;

Attività di training individualizzato

Acquisizione di abilità (saper fare) che si realizza nel contesto lavorativo attraverso l’applicazione di istruzioni e procedure, l’esecuzione di attività professionali specifiche, l’utilizzo di tecnologie o strumentazioni.

L’applicazione di istruzioni e procedure può essere estesa anche agli aspetti relazionali tra i professionisti e con frequenza purchè, per ogni progetto di training individualizzato, sia evidente nella progettazione e nella realizzazione della attività formativa, il contesto lavorativo e le ricadute professionali e organizzative.

L’attività di training individualizzato deve essere realizzata nelle strutture del SSN/SSR e le strutture private accreditate sulla base di una programmazione specifica e con il sostegno di un tutor nel rapporto preferenziale di l :l;  1:2.

Le metodologie didattiche possono essere diversificate per ogni situazione, ma sono ricondotte prevalentemente all’affiancamento e all’esecuzione con supervisione.

A tale attività può essere attribuito un numero di crediti da un minimo di 5 ad un massimo di 25, in funzione dell’impegno previsto, sempre dopo l’indicazione dei/del tutor che certificano i risultati raggiunti e la frequenza.

Criteri: durata (per un periodo che va da una settimana ad un mese da 5 ai 15 crediti, per periodi superiori fino a 25).

Qualità formative dell’esperienza evidenziata dal progetto, valutata attraverso:

  • valutazione di esito da parte del responsabile,
  • valutazione di terzi (limitatamente a stage fuori regione, si dovrà acquisire la valutazione del responsabile del servizio frequentato),
  • valutazione costo/beneficio dei risultati del progetto e della trasferibilità delle competenze apprese.

Partecipazione a gruppi di lavoro/studio, di miglioramento e commissioni/comitati

Per partecipazione a gruppi di miglioramento si intendono attività per lo più multi professionali e multidisciplinari organizzate all’interno del contesto lavorativo con la finalità della promozione alla salute, del miglioramento continuo di processi clinico-assistenziali, gestionali o organizzativi, del conseguimento di accreditamento o certificazione delle strutture sanitarie.

In essi l’attività di apprendimento avviene attraverso l’interazione con un gruppo di pari.

L’attività svolta nell’ambito dei lavori del gruppo deve essere documentata e può comprendere la revisione di processi e procedure sulla base della letteratura scientifica, dell’evidence based (EBN) o degli standard di accreditamento, l’individuazione di indicatori clinici e manageriali, le discussioni di gruppo sui monitoraggi delle performance.

Al fine di  riconoscerne la valenza formativa per  rilascio dei crediti ECM, è necessario che i Gruppi di Miglioramento, siano identificati nel Piano Formativo Azziendale del provider, in cui sia specificato l’obiettivo del progetto, il responsabile di progetto, i partecipanti, la durata e il numero degli incontri previsti.

Per partecipazione a Commissioni/Comitati si intende la designazione dei componenti con atto formale e la presenza documentata in comitati permanenti nell’ambito del S.S.N./S.S.R. o comunque delle istituzioni sanitarie del territorio nazionale/regionale (ad es. etico, controllo delle infezioni, buon uso degli antibiotici, buon uso del sangue, prontuario terapeutico, HACCP e ospedale senza dolore).

L’attività svolta nell’ambito della Commissione/Comitato può riguardare: ricerca e organizzazione di documentazione, lettura di testi scientifici e discussione in gruppo, analisi di casi, redazione, presentazione e discussione di elaborati, produzione di linee guida o procedure o protocolli, valutazione e verifica di attività svolte, revisione di procedure di lavoro, rilascio di autorizzazioni formali.

Le modalità di assegnazione dei crediti ECM, sono conseguenti alla verifica della partecipazione al progetto. Da un minimo di 10 ad un massimo di 25 crediti in funzione dell’impegno previsto.

Criteri: durata in ore di impegno in un arco temporale di più settimane o mesi. Qualità formative dell’esperienza evidenziata dal progetto, valutata attraverso:

  • valutazione di esito da parte del responsabile;
  • valutazione costo/beneficio dei risultati del progetto e della trasferibilità delle competenze apprese.

Partecipazione a Ricerche

Per partecipazione a ricerche si intende la collaborazione attiva a inchieste o studi finalizzati a ricercare nuove conoscenze rispetto a determinanti della salute, delle malattie e dell’organizzazione. Tale ricerca può assumere diverse forme: empirica (osservazionale), analitica, sperimentale, teorica e/o applicata. Sono incluse anche le sperimentazioni/valutazioni assistenziali e organizzative.

Tali ricerche vanno svolte nell’ambito del contesto professionale e lavorativo dei singoli professionisti coinvolti e comprendono: studio e organizzazione di documentazione bibliografica, collaborazione al disegno di studio, raccolta ed elaborazione dati, discussione di gruppo sui risultati, redazione, presentazione e discussione di elaborazione e valutazione dell’applicazione dei risultati nell’ambito lavorativo per produrre nuove conoscenze e attivare i processi di cambiamento culturale e operativo.

A tale attività può essere attribuito un numero di crediti ECM, da un minimo di 10 ad un massimo di 25 crediti.

Possibili criteri sono: impegno e accuratezza nella  raccolta dei dati, qualità formativa dell’esperienza,  distribuzione dei crediti all’interno dei partecipanti secondo la suddivisione degli impegni.

Audit Clinico e/o Assistenziale

L’audit clinico e/o assistenziale è l’attività condotta da professionisti sanitari con la finalità di migliorare la qualità, la sicurezza e gli esiti dei processi clinico-assistenziali attraverso una loro revisione sistematica e strutturata (tra pari o con supervisore).

L’attività di audit si articola nelle seguenti fasi:

  • identificazione delle aree cliniche e dei problemi assistenziali e organizzativi oggetto della valutazione, con conseguente identificazione del campione di pazienti;
  • identificazione del set di informazioni da raccogliere per ciascun caso secondo modalità standardizzate, rilevanti ai fini della valutazione;
  • identificazione dei parametri di riferimento (criteri, indicatori e relativi standard);
  • analisi dei dati raccolti ai fini di un confronto tra i profili assistenziali e i loro esiti clinici documentati e gli standard di riferimento;
  • definizione delle opportune strategie di miglioramento laddove sia stata riscontrata una significativa differenza tra i profili assistenziali documentati e gli standard professionali di riferimento;
  • ripetizione del processo di valutazione e gli interventi attuati per ottenere e/o sostenere il miglioramento.

A tale attività può essere attribuito un numero di crediti ECM, da un minimo di 10 ad un massimo di 25 crediti. Possibili criteri sono: impegno e accuratezza nella  raccolta dei dati, qualità formativa dell’esperienza, distribuzione dei crediti all’interno dei partecipanti secondo la suddivisione degli impegni.

Un percorso di FSC, la Formazione — Intervento

Al fine di proporre un percorso di FSC in ambito socio sanitario si è scelto di utilizzare la metodologia della Formazione – Intervento come strategia di intervento strutturata.

La formazione – intervento è un processo di apprendimento che porta un gruppo di persone a condividere presupposti, contenuti, modalità e soluzioni di cambiamento e movimento in un’organizzazione.

Con la Formazione – Intervento prende cioè il via un processo con cui un gruppo sempre più largo, mettendo in gioco le proprie competenze, valori e anche pregiudizi e affrontando assieme un problema complesso, finisce per condividere le modalità utilizzate per giungere a soluzioni progettuali nuove,  oltre che le soluzioni stesse.

Un processo di Formazione – Intervento si sviluppa quando si mette in moto un meccanismo di coinvolgimento collettivo, più o meno ampio, che consenta di confrontare i punti di partenza diversi degli attori sociali in gioco e di costruire un percorso di analisi e progettazione collettiva che faccia tesoro del contributo di ciascuno come apporto individuale a una causa generale.

La Formazione – Intervento è un processo particolarmente indicato in situazioni d’incertezza circa il corpo di teorie a cui far riferimento o alla struttura di potere che è preposta al cambiamento. In questi casi infatti il percorso circolare e ripetitivo del processo di apprendimento e l’uso delle energie del gruppo consentono di verificare le teorie e di proteggere il processo di cambiamento e la struttura che lo propone.

Il processo ha una motivazione di partenza che è solitamente il bisogno di affrontare e risolvere un problema complesso, la cui soluzione non è abituale, né nota.

L’elaborazione collettiva consente di maturare delle soluzioni scaturite dal confronto con le esperienze che i partecipanti portano o che, per l’occasione, si procurano. Ciò induce a rielaborare le esigenze di partenza e a rivedere le condizioni che le hanno prodotte, arricchendole di significato e di contenuti.

Questo risultato sollecita però una ridefinizione dell’obiettivo atteso, il quale non può essere prodotto mettendo in gioco solo le esperienze preesistenti, perché richiede contributi aggiuntivi di teorie e apporti culturali e scientifici diversi e a volte esterni.

La sommatoria di nuovi elementi e capacità interpretative e la conseguente elaborazione di idee arricchisco ulteriormente le esperienze e il loro uso per produrre il risultato atteso.

Il processo così continua e produce livelli crescenti di maturazione sia di risultati che di conoscenza ed esperienza, e circuiti crescenti di coinvolgimento collettivo.

In tale approccio si possono individuare alcuni vantaggi. Un primo vantaggio è quello di poter modellare l’intensità da dare al processo di cambiamento in relazione alla capacità di assorbimento e interiorizzazione da parte delle persone coinvolte di contenuti culturali che ne giustificano la realizzazione, si pensi a titolo di esempio, all’acquisizione in ambito infermieristico, di strategie di intervento assistenziale basate sul’EBN.

Inoltre, le persone sono indotte a produrre elaborazioni significativamente utili mettendo in gioco, in una situazione senza rete di protezione, il patrimonio delle loro conoscenze e il risultato del loro apprendimento.

In sostanza si può dire che le fasi di acquisizione, elaborazione, applicazione, realizzazione e controllo, anziché essere poste in serie, sono collocate in parallelo, nello stesso spazio processuale. Uno spazio controllato dallo stesso gruppo e pertanto molto più impegnativo.

Qui non ci sono più attori che intervengono in momenti diversi fornendo uno specifico contributo, l’uno all’insaputa dell’altro, per cui solo il coordinatore dell’intervento è pienamente consapevole e responsabile dei risultati del lavoro collettivo. Nella Formazione – Intervento tutto viene giocato insieme.

Non c’è un tempo per apprendere e un tempo per esprimere una progettualità o un comportamento che costituisca la risposta di ciò che si è appreso. Il processo didattico che la Formazione – Intervento sviluppa ha un riscontro immediato nella sua efficacia.

Non ci troviamo nella situazione in cui il docente non riesce a godere del piacere di verificare il risultato del suo insegnamento in quanto esso viene misurato fuori dall’aula a da altri attori.

Il processo consente di:

  • rendere dialettico il confronto tra gli individui;
  • sperimentare l’applicabilità di alcuni approcci e l’uso di nuove metodologie;
  • motivare l’approfondimento personale dei singoli;
  • acquisire conoscenze e competenze lungo l’itinerario;
  • confrontare l’efficacia dei percorsi tramite i risultati acquisiti;
  • arricchire le ipotesi iniziali;
  • trasferire le convinzioni maturate.

Alle persone coinvolte, questo processo consente di riconoscersi in un linguaggio e in alcuni riferimenti teorici comuni, come può essere l’EBN, che diventano poi patrimonio di un collettivo sempre più ampio. Esso consente di sentirsi orgogliosi del possesso di un corpo di conoscenze e convinzioni che diventa poi base distintiva di una propria identità culturale di riferimento.

Naturalmente questo processo implica l’inglobamento delle persone che hanno promosso il cambiamento iniziale (i promotori), un progressivo cambio di ruoli (tra docenti e discenti, ad esempio) e alla fine, una appropriazione collettiva dei contenuti e dei meriti dei risultati acquisiti con l’intervento.

La formazione d’aula può essere usata all’interno di un processo di Formazione – Intervento solo quando il gruppo o uno dei partecipanti sente la necessità di approfondire la conoscenza di un particolare contenuto teorico,  che consente di procedere con maggiore competenza lungo il percorso progettuale.

Nella formazione d’aula il formatore rileva il bisogno di conoscenza di un determinato gruppo di persone, cerca sul mercato una persona esperta che è in grado di trasferire quelle conoscenza, organizza un contesto confortevole dove possa avvenire tale trasferimento e verifica che la docenza sia efficace e l’apprendimento dei discenti sia ottimale.

Nei casi più evoluti il formatore sta in aula e gestisce un processo di riflessione collettiva sulla scorta di una sollecitazione tematica e l’uso di una strumentazione didattica attiva che consente ai partecipanti di mettere in gioco le proprie concezioni e le proprie esperienze.

Nelle situazioni migliori, il formatore arriva a misurare gli effetti di tale azione, prima al termine del programma formativo e poi, attraverso la struttura gerarchica, nell’ambito del contesto dove la persona coinvolta dall’azione formativa opera quotidianamente.

Nella formazione d’aula i discenti sono in una condizione strutturalmente passiva anche se i formatori fanno del loro meglio per animare un dibattito tra i partecipanti e simulare delle condizioni di lavoro in cui esercitarci utilizzando le nozioni trasmesse.

Nell’approccio che si sta proponendo, la  Formazione – Intervento, le condizioni che si dibattono sono quelle reali e sono le stesse su cui le persone esercitano le loro capacità di cambiamento. Saranno le persone a esprimere eventuali necessità di conoscenza e quindi di formazione per progettare insieme le migliori soluzioni di cambiamento.

Il formatore nel primo caso deve progettare un seminario d’apprendimento, mentre nel secondo deve alimentare un processo di autoapprendimento.

Nella formazione d’aula, ci si trova nella condizione in cui l’organizzazione è statica e  bisogna adeguare il comportamento degli individui ad essa. Nel secondo caso è l’organizzazione da cambiare e bisogna sollecitare i comportamenti creativi e l’autoformazione collettiva per farlo.

Nel primo caso i contributi didattici sono tutti predisposti a monte. Nel secondo caso, essi sono per lo più ricercati mano a mano che il gruppo coinvolto ne sente la necessità e il conduttore ne riconosce l’opportunità e ne conviene la possibilità con i suoi componenti.

Quindi la Formazione – Intervento è un’occasione per utilizzare un processo formativo allo scopo di aumentare le Non Tecnical Skills nei professionisti dell’assistenza, ma anche un modo di fare della formazione che permette  contestualmente lo sviluppo di un processo di cambiamento organizzativo.

In ogni caso si tratta di mettere in gioco la rivisitazione dell’esperienza, così come è andata costituendosi lungo la vita professionale.

“Ogni intervento diviene reale momento di cambiamento sociale se si pone non tanto, o non soltanto, come momento di applicazione di nuove soluzioni di azione sociale bensì piuttosto, preliminarmente e contemporaneamente, come momento di rielaborazione delle passate esperienze in merito alle soluzioni adottate e ai risultati della loro applicazione: cioè come momento di riapprendimento delle conoscenze accumulate sella base dell’esperienza ”[1].

Conclusioni

Gli elementi presentati sono fonte di innumerevoli riflessioni, che si possono fare in ambito Infermieristico. Fondamentale è pensare il sistema ECM, ed al fare formazione in ambito socio sanitario, in  modo che perda finalmente quell’elemento di passività che viene sovente propinato agli operatori sanitari.

Il mondo del sapere, specie andragogico e manageriale,  ci offre molti strumenti per edificare progetti di formazione, che non siano staccati dal mondo lavorativo, coinvolgono i destinatari dell’azione formativa in modo gratificante, non creano quella dicotomia profonda tra teoria e prassi, facciano innamorare della conoscenza i destinatari dell’azione formativa, come può essere l’approccio proposto con la FSC e la Formazione – Intervento.

Tale approccio, non ha certo la pretesa di essere l’unico utile alla crescita delle competenze infermieristiche, ma fa parte di tutta quella serie di strategie di formazione attiva, che credo sia quella strategicamente meglio percorribile all’interno delle organizzazioni complesse, come sono quelle socio sanitarie, in cui si dispone di risorse economiche sempre più limitate e dove operano professionisti dell’assistenza infermieristica disposti alla crescita del proprio bagaglio culturale ed esperienziale. Questo  al fine di assolvere al meglio il loro mandato professionale, deontologico e istituzionale: l’Assistenza Infermieristica.

 

Cosimo Della Pietà,

Infermiere ADI, ASL Taranto

 

Bibliografia

  • A Neglected Species “The Adult Learner, in AIF, Associazione Italiana Formatori, n.0, nov. 1986;
  • Agenzia Sanitaria Regionale, Emilia Romagna, “Manuale per gruppi di miglioramento della fondazione Avedis Donabedian” ed. Clueb, Bologna 1998;
  • AIF, Associazione Italiana Formatori, “Professione Formazione “ ed. Franco Angeli, Milano 2000;
  • Argyris C., Schon D.A., Organizationale Learning. A theory of Action Prospective. Addison Wesley, Reading Mass, 1978
  • Azienda USL Città di Bologna, “Miglioramento e sviluppo della Qualità nell’Azienda Sanitaria
  • Crozienr M., Friedberg E., Attore sociale e sistema, Estas Libri, Milano 1978
  • Fraboni Franco, “Manuale di didattica generale “, Edizioni Laterza & Figli, Bari 1993
  • Alessandrini, “Manuale per l ‘esperto dei processi formativi ” Carocci Editore S.P.A., Roma 2000
  • Bocca, “Pedagogia e Lavoro” tra educazione permanente e professionalità, ed. Franco Angeli, Milano 1992
  • Pontello, “ il management infermieristico” Masson, Milano 1998
  • Sarchielli, F. Novara, “Fondamenti di Psicologia dell’organizzazione ” ed. Il Mulino, Bologna 1996
  • Maggi B., La formazione: concezioni a confronto, Etas Libri, Milano 1991
  • Maggi B., La formazione: concezioni a confronto, Etas Libri, Milano 1991
  • Marrow A.J., The practical Theorist, La nova Italia, Firenza 1977
  • Prati G., Pietrantoni L., Rea A. (2006). Competenze non tecniche e marcatori comportamentali nelle professioni a rischio. NUOVE TENDENZE DELLA PSICOLOGIA. vol. 3, pp. 353 – 370. E Prati G., Catufi V., Pietrantoni L. (2011). Le competenze non tecniche dei chirurghi: il sistema NOTSS. PSYCHOFENIA. vol. 24, pp. 39 – 63.
  • Quaglino G.P., Carrozzi G.P., Il processo di formazione; Franco Angeli, Milano 1987. Quaglino G.P., Fare formazione, il Mulino, Bologna 1985

[1] Quaglino G.P., Carrozzi G.P., Il processo di formazione; Franco Angeli, Milano 1987.

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