Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa di Amsi – Uniti per Unire.
Amsi, Associazione Medici di Origine Straniera in Italia, accanto ad Umem, Unione Medica Euromediterranea, nell’ambito del Movimento Internazionale Uniti per Unire, porta avanti, da tempo, attraverso la voce del presidente e fondatore, Prof. Foad Aodi, la delicata battaglia, nel nostro Paese, contro la depenalizzazione dell’atto medico.
Ed è per questa ragione, alla luce anche di un percorso di evoluzione, legato alla tanto attesa cancellazione degli annosi processi contro i camici, che oltre tutto il Governo non ha ancora completato, che Aodi, a nome delle associazioni che presiede, esprime pieno sostegno alla Fnomceo. La Federazione dei Medici, negli ultimi giorni, “ha alzato” la voce, sollevando l’attenzione sulla necessità di ridonare serenità ai professionisti sanitari, sostenendo chiaramente, come Aodi fa da tempo, che depenalizzazione dell’atto medico significa ridonare anche attrattività ad una professione che “ha perso terreno” e che deve acquisire nuovamente l’immagine che merita agli occhi dei giovani, delle nuove leve, e naturalmente anche della collettività, con cui ricostruire un indispensabile rapporto di fiducia.
Amsi e Uniti per Unire, da tempo, sin dalla loro nascita, con gli oltre 120 corrispondenti nel mondo, supportati anche da Radio Co-mai internazionale e dalla Scuola Inter culturale Unione per l’Italia, grazie ai 25 interventi giornalieri del Prof. Aodi, tra interviste e citazioni, nonché alle migliaia di convegni organizzati fin qui, dal lontano 2000, e le innumerevoli partnership instaurate, portano avanti una strenua battaglia per la buona sanità e la valorizzazione dei professionisti sanitari, portando all’attenzione dei media statistiche sempre aggiornate.
Prima di tutto, fa notare Aodi, come già detto, nell’appoggiare pienamente la campagna della Fnomceo a favore della depenalizzazione dell’atto medico, i dati a livello mondiale ci dicono che l’Italia è agli ultimi posti nella tutela giuridica dei professionisti sanitari. Basti pensare che solo il nostro Paese, accanto a Polonia e Messico, non hanno attuato una legge che prevede di difendere i camici bianchi contro “il mare magnum” delle denunce che arrivano da parte di pazienti, spesso strumentalizzati da professionisti e persone senza scrupoli che mirano solo al risarcimento economico, quando di fatto non ci sono, nella maggior parte dei casi, reali dimostrazioni di mancanze e la maggior parte delle denunce, oltre il 97% finisce archiviata, a dimostrazione che, secondo Aodi, siamo di fronte semplicemente a percorsi tortuosi che tolgono serenità ai professionisti e fomentano, oltre tutto, fughe all’estero e dimissioni volontarie.
Va ricordato infatti che la medicina difensiva è al secondo posto, nel nostro Paese, tra le concause per la fuga all’estero.
«Nel nostro Manifesto-Appello Uniti per i Medici, con oltre 360 adesioni già arrivate da parte di associazioni, sindacati e professionisti singoli, abbiamo posto, come uno dei capisaldi della nostra battaglia, proprio la depenalizzazione dell’atto medico.
Non è possibile “mettere sulla croce” i medici al minimo presunto errore, dobbiamo tutelare e salvaguardare il loro lavoro di ogni giorno e la loro immagine, consentire loro di lavorare con serenità, per sé stessi e per il bene dei pazienti.
Dobbiamo evolverci tutti, cambiare radicalmente la cultura del nostro sistema sanitario, al fine di contrastare efficacemente la cosiddetta medicina difensiva, ricordando che, oltre tutto, le continue denunce contro i medici, oltre a essere una pericolosa perdita di tempo e a distogliere l’attenzione dalla cura dei malati, dalla ricerca, dalla prevenzione, dalla riorganizzazione degli ospedali, rappresentano anche un costo enorme che non possiamo permetterci di sostenere.
Abbattere i pregiudizi e le discriminazioni, sia contro i medici italiani che contro quelli di origine straniera, è un passaggio indispensabile per uscire dalla crisi ed elevare la qualità delle cure.
Per arrivare a questo la politica sanitaria deve “svecchiarsi”, deve smettere di cadere nell’errore delle polemiche e delle lotte intestine, come spesso accade anche negli ordini professionali.
La parola d’ordine deve essere quella dell’equilibrio, del rispetto, della sana collaborazione inter professionale, ognuno nel pieno rispetto del proprio ruolo.
Da una parte l’ordine degli avvocati, dall’altro quelli professionali, dai medici, ai fisioterapisti, agli psicologi, agli infermieri, senza dimenticare il ruolo dei sindacati e delle associazioni. Tutti dobbiamo remare dalla stessa parte, è necessario dialogare e trovare dei punti di incontro.
Devono trionfare lo spirito di collaborazione, il rispetto reciproco, la trasparenza, dal momento che le rivalse e le vendette, non portano da nessuna parte.
Non ha senso fomentare, ad esempio, denunce contro un collega, per invidia o per un inspiegabile desiderio di danneggiare l’altro professionista.
Si tratta di episodi spiacevoli a cui assistiamo, purtroppo, da troppo tempo, in Italia.
Ricordiamo, infatti, che oltre il 50% delle denunce, dopo il presunto episodio spiacevole, passano per le mani dell’azione di un professionista. Ed è qui che noi chiediamo di agire con etica, senza mettere davanti il tornaconto personale.
Nessuno di noi di Amsi e Uniti per Unire sostiene, a priori, che se esiste una grave colpa, da parte di un professionista sanitario, nei confronti di un paziente, non sia necessario darne riscontro alla famiglia e alla giustizia, ma questo non vuol dire navigare nelle acque agitate delle denunce “ad arte”, così come i media devono contribuire a cercare la verità quando si tratta di presunti casi di malasanità e a non cercare sempre il colpevole a tutti i costi, dal momento che l’accanimento degli organi di comunicazione può spesso influenzare una determinata vicenda.
Questo vuol dire che per garantire serenità ai medici non è sufficiente solo un provvedimento politico, ma occorre l’impegno di tutte le parti in causa, per garantire quella che deve essere proprio una svolta culturale e nell’educazione sanitaria del nostro Paese, di cui abbiamo bisogno adesso più che mai.
Nel resto del mondo, fa notare Aodi, ci sono numerose nazioni che possono contare su associazioni mediche, e non albi professionali, che garantiscono non solo la depenalizzazione dell’atto medico, ma mettono in azione campagne mirate di educazione sanitaria al rispetto del ruolo del professionista, che non va demonizzato, che non può essere trasformato ogni volta nel capro espiatorio delle carenze di un sistema sanitario. Tutto questo con l’obiettivo di abbattere i pregiudizi e di consentire ai professionisti di svolgere il proprio lavoro con serenità, esprimendo al massimo le proprie competenze.
Sembra un controsenso, ma la maggior parte delle denunce contro i professionisti sanitari sono una triste realtà dei paesi più sviluppati, con quelli del continente africano, ad esempio, che secondo le nostre indagini calano addirittura del 55%, oppure scendono del 62% in America Latina, sempre rispetto all’Italia, con gli altri Paesi europei, dove esiste la depenalizzazione dell’atto medico, che presentano, anche in questo caso, un numero di denunce nettamente inferiore.
E allora chiediamo un impegno globale, non solo italiano ed europeo, per tutelare i medici, per proteggerli nel loro lavoro, contro una medicina difensiva che, ripetiamo, oltre tutto, conducendo spesso ad esami tortuosi e inutili, in particolar modo nelle aree di emergenza urgenza, rappresenta, non smetteremo mai di ripeterlo, anche un grosso macigno dal punto di vista della spesa economica per un’azienda sanitaria».
Così il Prof. Foad Aodi. Presidente del Movimento Uniti per Unire ed Amsi (Associazione Medici di origine Straniera in Italia), nonché docente all’Università di Tor Vergata e già 4 volte Consigliere dell’Ordine di Roma e membro registro esperti della Fnomceo e direttore sanitario del Centro Medico Iris Italia e Direttore scientifico di agenzie di stampa italiane e straniere, con l’impegno a favore di tutti senza distinzione.
Redazione Nurse Times
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