Scienziati e ricercatori clinici stanno collaborando per la prima volta con ottici di alto livello per sviluppare uno strumento digitale in grado di prevedere il rischio di demenza a partire da un esame oculistico di routine. Il team di ricerca NeurEYE, guidato dall’Università di Edimburgo e dalla Glasgow Caledonian University, ha raccolto quasi un milione di scansioni oculari da ottici di tutta la Scozia, formando il più grande set di dati al mondo di questo tipo.
Gli scienziati utilizzeranno poi l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico per analizzare i dati delle immagini, collegati ai dati rilevanti dei pazienti su dati demografici, storia del trattamento e condizioni preesistenti. Questi dati sono anonimi e i pazienti non possono essere identificati, ma permettono ai ricercatori di trovare modelli che potrebbero indicare il rischio di sviluppare la demenza, oltre a fornire un quadro generale della salute del cervello.
Il progetto è il secondo finanziato e sostenuto da NEURii, una collaborazione globale unica nel suo genere tra l’azienda farmaceutica Eisai, Gates Ventures, l’Università di Edimburgo, l’ente di ricerca medica LifeArc e l’istituto nazionale di scienza dei dati sanitari Health Data Research UK. Insieme, i partner stanno dando a progetti digitali innovativi la possibilità di diventare soluzioni reali che potrebbero portare benefici a milioni di pazienti affetti da patologie neurodegenerative come la demenza.
David Steele, 65 anni, ingegnere meccanico in pensione, la cui madre è affetta da Alzheimer, ha dichiarato che un software predittivo come questo avrebbe potuto risparmiare alla sua famiglia dieci anni di sofferenze e lotte: “Ci sono voluti dieci anni perché a mia madre venisse diagnosticato l’Alzheimer. Inizialmente le era stata diagnosticata una degenerazione maculare secca, che però mascherava il problema di fondo, che ora sappiamo essere la cecità cerebrale legata all’Alzheimer”.
E ancora: “Il collegamento tra cervello e occhio era l’anello mancante nel suo caso. La mancata diagnosi ha fatto sì che il mio defunto padre, anch’egli anziano, si occupasse della mamma per un periodo difficile senza sapere cosa ci fosse che non andava. Se lo avessimo saputo, avremmo potuto contare su un aiuto supplementare e impegnativo che si è reso necessario. È molto importante evitare che si arrivi al precipizio, quando diventa troppo tardi per capire cosa c’è che non va”.
Baljean Dhillon, professore di oftalmologia clinica presso l’Università di Edimburgo e co-leader di NeurEYE, ha dichiarato: “L’occhio può dirci molto più di quanto pensassimo possibile. I vasi sanguigni e le vie neurali della retina e del cervello sono intimamente connessi. Ma, a differenza del cervello, possiamo vedere la retina con un’apparecchiatura semplice e poco costosa che si trova in ogni negozio del Regno Unito e non solo”.
Gli ottici, ora più spesso chiamati optometristi, saranno in grado di utilizzare il software successivamente sviluppato come strumento predittivo o diagnostico per patologie come l’Alzheimer, come strumento di triage per indirizzare i pazienti ai servizi sanitari secondari se vengono individuati i segni di una malattia cerebrale e potenzialmente come un modo per monitorare il declino cognitivo.
L’optometrista Ian Cameron, che dirige la Cameron Optometry di Edimburgo, ha dichiarato: “Gli optometristi come assistenti primari non sono una novità, e in Scozia stiamo diventando una parte sempre più alleata del NHS. Vediamo le stesse persone anno dopo anno, che siano malate o meno, abbiamo tutte le attrezzature giuste, quindi ha senso per noi essere il medico di base degli occhi e monitorare tutta la salute che possiamo vedere. La novità è che, grazie all’intelligenza artificiale, possiamo vedere ancora di più e questo è estremamente potente”.
L’identificazione delle persone a rischio di demenza potrebbe anche accelerare lo sviluppo di nuove terapie, individuando coloro che hanno maggiori probabilità di beneficiare delle sperimentazioni e consentendo un migliore monitoraggio delle risposte ai trattamenti. Secondo una commissione di Lancet, che quest’anno ha aggiunto la perdita della vista tra i fattori di rischio di demenza, essere consapevoli del proprio rischio di demenza potrebbe aiutare le persone e i medici a modificarlo attraverso cambiamenti nello stile di vita, come l’attività fisica e la dieta.
Miguel Bernabeu, professore di Medicina computazionale all’Usher Institute e co-leader di NeurEYE, ha dichiarato: “I recenti progressi dell’intelligenza artificiale promettono di rivoluzionare l’interpretazione delle immagini mediche e la previsione delle malattie. Tuttavia, per sviluppare algoritmi che siano equi e imparziali, dobbiamo addestrarli su set di dati rappresentativi dell’intera popolazione a rischio. Questo set di dati, insieme alla ricerca decennale dell’Università di Edimburgo sull’IA etica, può portare a un cambiamento di passo nella diagnosi precoce della demenza per tutti”.
Il dottor Dave Powell, Chief Scientific Officer di LifeArc, uno dei collaboratori di NEURii, parlando a nome dei partner, ha dichiarato: “Sfruttare il potenziale delle innovazioni digitali in questo modo potrebbe far risparmiare al NHS più di 37 milioni di sterline all’anno, perché si spera di accelerare la diagnosi e il trattamento di patologie neurodegenerative come la demenza. Il Regno Unito, con il suo unico fornitore di servizi sanitari, è anche nella posizione ideale per diventare un leader globale nello sviluppo di nuovi test che utilizzano i dati sanitari. Ecco perché stiamo collaborando per far avanzare promettenti progetti di salute digitale che hanno il potenziale di migliorare milioni di vite”.
I dati saranno conservati in modo sicuro nello Scottish National Safe Haven, che fornisce una piattaforma sicura per l’utilizzo a fini di ricerca dei dati elettronici del Servizio sanitario nazionale. Questa risorsa è commissionata da Public Health Scotland e ospitata dall’Edinburgh International Data Facility attraverso l’EPCC dell’Università di Edimburgo.
Redazione Nurse Times
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