Con un apposito schema di delibera, che ha ottenuto il via libera della commissione Sanità e che ora tornerà in Giunta per l’approvazione definitiva, la Regione Lazio ha definito i requisiti minimi autorizzativi per l’apertura delle case di comunità. Al momento ne è sorta solo una, a Roma, in via delle Averle (foto). Ne sono previste 131 entro la fine di marzo 2026, di cui 60 nella capitale.
Intanto le case di comunità si divideranno in case hub, più grandi e aperte h24, e case spoke, più piccole e periferiche. Tra i servizi previsti da standard in forma obbligatoria per entrambe figurano: i servizi di cure primarie, erogati da equipe multiprofessionali (con medici di medicina generale, pediatri di libera scelta); un punto unico di accesso; un servizio di assistenza domiciliare; servizi di specialistica ambulatoriale per le patologie a elevata prevalenza.
E ancora: servizi infermieristici; un sistema integrato di prenotazione collegato al Cup aziendale; l’integrazione con i servizi sociali; la partecipazione della comunità; la valorizzazione della co-produzione. Inoltre per le case spoke si prevede il collegamento obbligatorio con l’hub di riferimento.
Negli hub, inoltre, dovranno essere presenti in forma obbligatoria i servizi diagnostici di base, la continuità assistenziale e il punto prelievi, tutti facoltativi negli spoke. Facoltative per entrambi i tipi di case di comunità, invece, le attività consultoriali e per i minori, come pure gli interventi di salute pubblica (incluse le vaccinazioni nella fascia 0-18) e i programmi di screening. Raccomandati, infine, i servizi per la salute mentale, le dipendenze patologiche e la neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza, la medicina dello sport.
Nelle case di comunità hub la presenza dei medici dovrà essere garantita 24 ore su 24 e sette giorni su sette, mentre negli spoke è prevista sei giorni su sette per 12 ore. Per quanto riguarda invece gli infermieri, negli hub dovranno essere presenti tutti i giorni per 12 ore (ma è raccomandata la presenza h24), mentre negli spoke saranno operativi sempre per 12 ore al giorno, ma sei giorni su sette.
Dal consigliere regionale Rodolfo Lena (Pd) era arrivata la proposta di rendere obbligatoria l’assistenza infermieristica h24 nelle case di comunità hub. Nadia Nappi, della Direzione Salute, ha però spiegato che la delibera deve rispettare quanto stabilito dal DM 77, secondo il quale l’assistenza infermieristica continua è “fortemente raccomandata”, mentre quella minima è limitata a 12 ore al giorno.
Sempre dalla Direzione Salute fanno poi sapere che è già iniziato il lavoro di ricognizione per definire il reale fabbisogno di personale per l’apertura delle nuove case di comunità. Queste strutture sono pensate per offrire assistenza sanitaria di prossimità, riducendo così il numero delle ospedalizzazioni non urgenti. Al loro interno operano medici di medicina generale, pediatri, specialisti ambulatoriali, infermieri e assistenti sociali.
Redazione Nurse Times
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