Dal Congresso Simg il sottosegretario alla Salute torna a bocciare i nuovi presidi previsti da Pnrr e DM77, aggiungendo: “Non vi sono margini di stravolgimento, ma lavoreremo col ministro Schillaci per correggerne le storture”.
Intervenuto al Congresso della Società italiana di medicina generale (Simg), il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, ha parlato dei nuovi presidi previsti da Pnrr e Dm 77, confermando la bocciatura del Governo: “Le case di comunità, così come sono state immaginate, secondo me e secondo il ministro Schillaci, non soddisfano l’esigenza di sanità territoriale di cui abbiamo bisogno”. E aggiunge: “Non vi sono margini di stravolgimento, ma lavoreremo col ministro Schillaci per correggerne le storture”.
Entrando nel dettaglio, Gemmato ha chiarito il suo punto di vista: “A nostro avviso le 1.350 case di comunità, insieme alle 605 centrali operative territoriali (Cot) che si insediano con la misura 6 del Pnrr, non rendono. Innanzitutto per un calcolo molto semplice: ci sarebbe una casa della comunità ogni 40-50mila abitanti, alla faccia della sanità territoriale. Immagino, per esempio, nelle aree interne, in quelle montane con piccoli comuni, in quelle disagiate, dove per raggiungere un quorum di 40mila abitanti per una casa della comunità viene meno la mission per cui sono state istituite. Con questi parametri di territorialità si tradisce l’idea di una sanità di prossimità”.
Il sottosegretario ha sollevato poi il problema del personale insufficiente per attrezzare i nuovi presidi e dei fondi necessari per finanziarli: “Pensiamo alla penuria di medici di famiglia, ma in generale i sanitari non ci sono, e quindi non si capisce chi ci debba stare, in queste case di comunità. E poi non si capisce con quali fondi saranno finanziate negli anni successivi, quando finiranno i soldi del Pnrr. Come saranno mantenute? Penso alle spese per il riscaldamento o per la luce, che hanno costi alle stelle, e per cui, come Governo, abbiamo stanziato 1,5 miliardi in Legge di Bilancio”.
Per il sottosegretario la soluzione sarebbe puntare sulla rete dei medici di famiglia e delle farmacie, “che sono già presenti sul territorio, sono strutturati e sono già nella disponibilità del Ssn. Non si capisce perché si debbano creare duplicati come le case di comunità, con tutte le criticità che presentano. L’errore del Pnrr è che guarda troppo alle strutture. Bisognava partire prima dai professionisti, e poi dalle strutture e dalle apparecchiature. Una sanità che funziona si deve basare sugli operatori che vi lavorano”.
Infine un cenno a quei fondi che Filippo Anelli, presidente Fnomceo, vorrebbe fossero destinati a medici e altri sanitari: “Tutto il comparto sanitario meriterebbe una maggiore dotazione economica per i suoi professionisti, ma, essendo la coperta corta, è difficile. In manovra il Governo ha confermato l’incremento di risorse e aumentato di ulteriori 2 miliardi il Fondo sanitario. Di questi, 200 milioni saranno utilizzati per implementare le retribuzioni dei medici della medicina d’urgenza. Abbiamo inteso iniziare da loro perché li riteniamo in un certo senso medici al fronte, oltre che per rendere più attrattive queste specialità meno richieste. Si deve razionalizzare una rete di professionisti che oggi vede una fuga verso il privato o verso cooperative con medici a gettone. Così si reca una forte distorsione nell’assistenza sanitaria e si minano i bilanci regionali”.
Redazione Nurse Times
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