Home NT News Buono pasto per turni di notte, Cassazione riconosce il diritto di un infermiere
NT News

Buono pasto per turni di notte, Cassazione riconosce il diritto di un infermiere

Condividi
Condividi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’azienda sanitaria contro la sentenza che riconosceva il diritto al buono pasto di un infermiere per i turni di notte, confermando così la precedente decisione della Corte d’appello. La relativa ordinanza sottolinea l’importanza del rispetto dei requisiti formali e del principio di specificità nell’atto di ricorso, rendendo definitiva la decisione di merito favorevole al lavoratore.

I fatti

Un infermiere, dipendente di un’azienda sanitaria locale e impiegato in turni di lavoro che includevano la fascia oraria compresa tra le 20 e le 8, aveva richiesto il riconoscimento del proprio diritto a usufruire del servizio mensa, o in alternativa del buono pasto, per il periodo compreso tra il 1° febbraio 2002 e il 31 dicembre 2008.

La richiesta si fondava sull’interpretazione della normativa contrattuale collettiva (Ccnl Sanità), che lega il diritto al buono pasto non solo alla durata della prestazione lavorativa, ma anche alla sua “particolare articolazione”, tale da rendere difficoltoso o impossibile il consumo del pasto secondo le normali abitudini.

Il percorso giudiziario e l’evoluzione della controversia

In primo grado il tribunale aveva respinto la domanda del lavoratore. Successivamente la Corte d’appello aveva ribaltato la decisione, accogliendo il gravame dell’infermiere. I giudici di secondo grado avevano valorizzato l’espressione “particolare articolazione dell’orario di lavoro”, contenuta nell’art. 29 del Ccnl Sanità del 2001, ritenendo che il turno di notte rientrasse pienamente in tale casistica, generando così l’esigenza tutelata dal buono pasto.

A sostegno di questa interpretazione la corte territoriale aveva richiamato anche un accordo sindacale aziendale del 2008, che aveva esplicitamente esteso il diritto al buono pasto al personale in servizio nel turno di notte, considerandolo non come una novità, ma come una specificazione di un diritto già esistente.

Il ricorso in Cassazione

L’azienda sanitaria, soccombente in appello, ha presentato ricorso per Cassazione, affidandosi a tre motivi principali:

1. Prescrizione del diritto – L’azienda ha reiterato l’eccezione di prescrizione quinquennale.
2. Erronea interpretazione delle norme – Ha lamentato una scorretta interpretazione del Ccnl e degli accordi sindacali, sostenendo che solo l’accordo del 2008 avesse esteso il diritto al turno di notte, e quindi non potesse avere effetto retroattivo.
3. Omesso esame di un fatto decisivo – Ha contestato la mancata valutazione dell’accordo sindacale del 1996, che limitava il buono pasto alla fascia oraria diurna (12:30-14:30).

Le motivazioni della decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato tutti e tre i motivi di ricorso inammissibili, senza quindi entrare nel merito della questione sul diritto al buono pasto. La decisione si fonda interamente su ragioni di carattere processuale, offrendo importanti spunti sulla corretta redazione di un ricorso in sede di legittimità.

Inammissibilità del primo motivo

La Corte di cassazione ha giudicato la censura sulla prescrizione inammissibile perché si limitava a “reiterare” un’eccezione sollevata in primo grado, senza rispettare i requisiti minimi di specificità richiesti dall’art. 366 c.p.c. Il ricorrente, infatti, non aveva specificato se e come avesse riproposto formalmente tale eccezione in appello, facendo così scattare la presunzione di rinuncia.

Inammissibilità del secondo e del terzo motivo

Anche gli altri due motivi sono stati ritenuti inammissibili per un fondamentale difetto di specificità. L’azienda ricorrente si è limitata a lamentare un’erronea interpretazione e un omesso esame degli accordi sindacali, senza però, come imposto dalla legge, riprodurre nel ricorso i passaggi testuali di tali accordi. Questo ha impedito alla Cassazione di valutare la fondatezza delle censure. Inoltre la Corte ha sottolineato la contraddittorietà del secondo motivo e ha chiarito che il terzo motivo non lamentava un vero “omesso esame di un fatto decisivo”, ma si doleva del mero contrasto interpretativo tra la sentenza di primo grado e quella d’appello. Il che non costituisce un valido motivo di ricorso ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c.

Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione, pur non pronunciandosi direttamente sul merito del diritto al buono pasto per i turnisti di notte, ha un’importante valenza pratica. Rendendo definitiva la sentenza della Corte d’appello, conferma indirettamente la tesi favorevole al lavoratore. Soprattutto, ribadisce un principio fondamentale del processo di Cassazione: la necessità di redigere un ricorso rigoroso, specifico e autosufficiente. La mancata osservanza di questi requisiti formali conduce all’inammissibilità del ricorso, precludendo l’esame nel merito delle questioni sollevate e cristallizzando la decisione del giudice precedente.

Redazione Nurse Times

Articoli correlati

Condividi

Lascia un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *