L’aneurisma cerebrale, o intracranico, è una dilatazione della parete di una delle arterie cerebrali. Gli aneurismi intracranici conseguono ad una zona di congenita debolezza della parete arteriosa nel punto di origine dell’arteria stessa da una arteria maggiore, ma fattori acquisiti ne favoriscono l’accrescimento. I fattori principali sono rappresentati da ipertensione, fumo, dislipidemia (grassi nel sangue), diabete, consumo di droghe e da tutti i modi di vita che favoriscono l’insorgenza e l’evoluzione della arteriosclerosi (vita sedentaria, alimentazione non congrua, consumo di alcool ecc.).
Gli aneurismi cerebrali, spiega gvmnet.it, di solito hanno una forma sacculare e si trovano più frequentemente alla base del cervello, dove appunto le arterie che nutrono questo organo originano dalle arterie principali (arterie carotidi interne ed arterie vertebrali).
Gli aneurismi cerebrali, da un punto di vista clinico, possono comprimere le strutture nervose provocando deficit neurologici, ma più spesso possono rompersi provocando una emorragia all’interno della scatola cranica, con esito gravemente invalidante o assai frequentemente mortale.
Le dimensioni possono variare da pochi millimetri fino a lesioni, definite “giganti”, di diametri maggiori di 2.5 cm. L’aneurisma può interessare qualunque arteria cerebrale anche se con frequenza, e a volte sintomatologia, diversa. Gli aneurismi oltre che per le dimensioni e la sede possono essere divisi in due grosse famiglie: aneurismi cerebrali rotti e aneurismi cerebrali non rotti.
Gli aneurismi rotti vanno trattati per prevenire un nuovo e più grave sanguinamento. Oggi, gli aneurismi vengono frequentemente diagnosticati prima di rompersi, come riscontro occasionale in corso di accertamenti per altre cause (TC o risonanza magnetica eseguite eventualmente per una cefalea o per un trauma cranico anche lieve): anche questi aneurismi vanno trattati per prevenire la rottura.
Attualmente l’approccio terapeutico agli aneurismi cerebrali può essere: microchirurgico o endovascolare.
Fonti: gvmnet.it; humanitas.it
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