Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune che colpisce nel 50% dei casi nell’infanzia e nell’adolescenza, se non trattato porta alla morte e, se mal trattato, può causare molte complicazioni gravi, sia acute che croniche. Questo tipo di diabete, che rappresenta il 5% dei casi complessivi, richiede un trattamento insulinico immediato ed intensivo e un frequente monitoraggio dei valori glicemici.
Il trapianto di pancreas e quello, meno invasivo, di isole pancreatiche sono due procedure potenzialmente capaci di risolvere per molti anni il diabete di tipo 1, eliminando o riducendo l’insulino-dipendenza e allontanando o facendo regredire le complicanze. Purtroppo, però, a causa dell’utilizzo di farmaci immunosoppressori (antirigetto) e dei conseguenti effetti collaterali associati, il ricorso a questi trattamenti è limitato ai casi nei quali sono già presenti complicanze gravi o a quelli in cui la terapia insulinica non permette di controllare la malattia.
Il progetto di ricerca
Il trapianto di isole pancreatiche è una procedura particolare utilizzata in Italia da due soli centri, tra cui il Niguarda di Milano, che fino ad oggi ha trapiantato oltre 100 persone. Ed è proprio qui che, grazie al supporto della Fondazione Italiana Diabete, sta per partire un nuovo progetto di ricerca sperimentale che punta ad allargare l’applicabilità del trapianto a molte più persone, evitando il ricorso alle terapie antirigetto.
Il progetto autorizzato nel 2020, rimandato per la diffusione della pandemia, è finalmente stato attivato ed avrà una durata di 2 anni. “Utilizzeremo delle speciali microcapsule per trapiantare le cellule pancreatiche sulla membrana che circonda gli organi addominali (omento)– spiega Federico Bertuzzi, Responsabile della Diabetologia di Niguarda- con la collaborazione dello staff dei nefrologi, chirurgi dei trapianti, anestesisti e della terapia tissutale. Ci si aspetta che, grazie a queste capsule prodotte dall’Università di Perugia, il sistema immunitario del paziente non sia in grado di distruggere le cellule pancreatiche, le quali potranno quindi iniziare a produrre l’insulina necessaria. Il progetto è in collaborazione con il Diabetes Research Institue di Miami”
Non ricorrendo quindi alle terapie antirigetto, oggi necessarie per impedire l’attivazione del sistema immunitario, grazie all’utilizzo delle capsule, molti più pazienti potrebbero in futuro accedere al trapianto. “Il finanziamento di una importante quota di questo studio – dice Nicola Zeni, Presidente della FID – rappresenta per noi, dopo oltre dieci anni di attività, un traguardo, anche simbolico, molto importante. L’obiettivo della Fondazione Italiana Diabete, che è l’unica in Italia a finanziare in via esclusiva la ricerca di una cura per il diabete di tipo 1, è eradicare una malattia invisibile e poco conosciuta, che ha un costo sociale e familiare enorme. Ringraziamo proprio le famiglie dei giovani colpiti dalla patologia e gli stessi malati di diabete di tipo 1 che generosamente sostengono la Fondazione e che grazie alle loro donazioni regalano nuove speranze per la cura cellulare del diabete di tipo 1.”
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