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2025: l’anno in cui l’infermieristica ha iniziato a muoversi davvero (ma ancora non abbastanza)

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Il 2025 poteva essere un anno come tanti: stesse carenze, stessi turni, stesso sistema che sopravvive grazie agli infermieri e non per gli infermieri. E invece no.

Il 2025 è stato un anno in cui qualcosa, finalmente, si è mosso. Non tutto, non abbastanza, non ovunque.
Ma tanto da poter dire che, per la prima volta dopo molto tempo, l’infermieristica italiana ha iniziato a cambiare traiettoria.

I primi segnali: più dati, più voce, più consapevolezza (finalmente)

Il primo cambiamento del 2025 non si è visto nei reparti, ma nelle parole. Negli eventi politici.
 Nei documenti ufficiali. Nel dibattito pubblico.

La professione si è presentata con una chiarezza nuova, forte di numeri e analisi che hanno posto una verità definitiva: senza infermieri non esiste un Servizio Sanitario Nazionale funzionale.

Per decenni questo concetto era rimasto implicito, quasi imbarazzante da pronunciare. Nel 2025, invece, diventa una formula che nessuno può più ignorare: né Governo, né Regioni, né Università, né Cittadini.

Le discussioni sull’autonomia, sui ruoli avanzati, sulla formazione specialistica e sul fabbisogno reale di personale non sono più “réclame di categoria”. Sono diventate questioni di tenuta del SSN.

E questo, per la professione infermieristica, è un passo avanti epocale.

Il Congresso nazionale 2025: l’infermiere al centro del futuro del SSN

Il Terzo Congresso FNOPI di Rimini non è stato un semplice evento: è stato il luogo in cui la professione ha definito, davanti al Paese, quali siano le sue reali competenze, i suoi limiti e la direzione obbligata dei prossimi anni.

Il messaggio che esce dal Congresso è inequivocabile:

  • L’infermiere non è “di supporto”, ma cardine di ogni livello di assistenza.
  • La presa in carico territoriale è impossibile senza un infermiere formato, competente e riconosciuto.
  • La cronicità richiede figure esperte, non improvvisate.
  • L’emergenza non regge più l’attuale rapporto infermiere/paziente.
  • Le disuguaglianze territoriali non si colmano senza infermieri nelle aree interne, nelle periferie, nelle fragilità sociali.

Nel 2025 questa consapevolezza diventa collettiva, pubblica, istituzionale. E questo, pur non risolvendo i problemi, li rende finalmente “visibili”.

Il territorio, il DM/77 e la realtà: la partita che non possiamo più rimandare

Il Decreto Ministeriale 77 delinea un sistema sanitario in cui l’infermiere dovrebbe essere protagonista: case di comunità, centrali operative territoriali, infermieri di famiglia e comunità, assistenza proattiva.

Nel 2025 però la distanza tra “modello ideale” e “modello reale” rimane ampia:

  • alcune regioni hanno assunto infermieri di famiglia e comunità;
  • altre li hanno introdotti solo sulla carta;
  • altre hanno ridotto il numero di operatori per contenere la spesa.

Il 2025 ha chiarito una cosa: non esiste riforma territoriale senza un esercito di infermieri formati, stabili e valorizzati.

E oggi quell’esercito non c’è. Non per mancanza di vocazione, ma per mancanza di condizioni.

Il 2025 non risolve il problema, ma lo illumina come mai prima.

Le nuove lauree specialistiche: il passo in avanti che aspettavamo da vent’anni

Il vero fatto nuovo del 2025 è l’avvio dell’iter parlamentare per l’introduzione delle nuove lauree specialistiche infermieristiche, con percorsi clinici avanzati in:

  • Cure Primarie e Sanità Pubblica,
  • Intensivo–Emergenza,
  • Pediatrico–Neonatale.

Per la prima volta nella storia della professione italiana, la formazione specialistica non sarà relegata ai master, ma avrà un’identità accademica forte, riconosciuta e strutturata.

È il passo che rende possibile, nei prossimi anni:

  • il ruolo avanzato,
  • le competenze specialistiche riconosciute,
  • una carriera clinica vera (e non solo gestionale),
  • l’allineamento graduale ai modelli europei.

Un passo avanti, sì.
Ma già nel 2025 appare chiaro che non basta attivare la formazione: bisogna costruire i ruoli, gli spazi, le responsabilità e i modelli organizzativi che la valorizzino.

Formare specialisti senza prevedere il loro utilizzo è un errore che il sistema non può più permettersi.

Cosa non ha funzionato nel 2025: il nodo che resta irrisolto

Il passo avanti del 2025 è stato importante.
Ma il passo indietro è stato altrettanto evidente.

Nonostante dati, congressi, attenzioni politiche e nuove prospettive:

  • la carenza infermieristica resta gravissima;
  • il turn-over non è compensato;
  • molti giovani evitano le professioni sanitarie;
  • la fuga verso l’estero continua;
  • le condizioni di lavoro rimangono insostenibili in numerosi reparti;
  • la sicurezza sul lavoro (incluso il tema aggressioni) peggiora.

Il 2025 è stato l’anno della presa di coscienza, non della soluzione.

E questa è forse la verità più scomoda.

Il 2025 lascia una grande domanda aperta

Il 2025 ha messo l’infermieristica italiana al centro del dibattito nazionale come mai prima.
Ha mostrato potenzialità, competenze, prospettive reali e necessarie.
Ha aperto cantieri normativi che potrebbero ridisegnare la professione nei prossimi anni.

Ma ha anche lasciato una domanda che non possiamo ignorare: siamo pronti a diventare il sistema sanitario che abbiamo descritto nel 2025, o continueremo a rinviare tutto mentre gli infermieri si assottigliano e i bisogni aumentano?

Il 2025 è stato l’anno della consapevolezza.

Il 2026 dovrà essere l’anno del coraggio.

O resterà tutto come sempre: un progetto bellissimo, ma senza infermieri per realizzarlo.

Guido Gabriele Antonio

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