“QUIS EST HIC?”
UN INFERMIERE?!…..UN MANAGER????!….. ALLORA..: L’ INFERMIERE CASE MANAGER.
a cura di Del Mastro Francesco
INTRODUZIONE
In un epoca di forte Crisi del Sistema Sanitario Italiano, il dibattito sui modelli organizzativi di erogazione delle prestazioni ai cittadini è oramai un argomento sempre più discusso sia nella letteratura scientifica sia fra i vari professionisti e dirigenti del nostro Paese.
Contestualmente all’epoca in cui stiamo vivendo risulta necessario, per la sopravvivenza del sistema sanitario e delle diverse organizzazioni sanitarie definire modelli organizzativi-innovativi che permettano un efficace ed efficiente controllo dei costi e contemporaneamente un incremento progressivo della qualità dei servizi-cure prestate.
E’ importante, quindi, definire che cosa sia un modello organizzativo.
Un modello organizzativo è l’idea attraverso la quale viene organizzato il lavoro in un contesto assistenziale.
Tale definizione non è certo sinonimo di modello concettuale che indica il modo di rappresentarsi l’assistere o di modello professionale (o assistenziale) il quale rappresenta come un individuo decide di assumersi le responsabilità e di essere professionista ( infermiere, medico, fisioterapista ecc..).
A tal proposito, alcuni autori affermano che per far si che ci sia coerenza tra modello organizzativo, professionale e concettuale è necessario considerare la competenza del personale, quale modello professionale hanno interiorizzato, come interpretano l’assunzione di responsabilità che deriva dal profilo professionale e quale rappresentazione concettuale hanno dell’assistenza che devono erogare.
L’assistenza infermieristica ha sviluppato negli anni un approccio alla cura come processo che risponde ai bisogni fondamentali dell’uomo non solo fisici ma anche relazionali e spirituali in un ottica di presa in carico globale.
Curare significa, infatti, favorire la trasformazione in senso evolutivo e non più ricomporre, riequilibrare una struttura originaria già data.
Basti pensare alle condizioni definibili come croniche, dove l’intervento di aiuto non può configurarsi come cura nel senso di guarigione perché si ha a che fare con ostacoli (malattie, handicap,ecc) che non possono essere eliminati.
IL CASE MANAGEMENT
La necessità di coniugare la clinica con la presa in carico è presente oltre che in altri modelli assistenziali (vedasi il Primary Nursing) anche nel modello organizzativo Case Management, o Primary Nursing di 2 livello, che prevede la figura del case Manager. Tuttavia l’applicazione dei modelli organizzativi di assistenza comporta necessariamente una modifica radicale della cultura, non solo organizzativa ma anche medico-assistenziale.
Il modello organizzativo assistenziale del Case Management si propone come strumento empirico, nella realizzazione di percorsi di cura, atto a favorire l’efficacia e il controllo dei costi attraverso la massima individualizzazione delle risposte ai bisogni assistenziali.
Nel corso degli anni molti sono stati gli autori che hanno provato a dare una definizione a questo modello organizzativo:
- Sistema di accertamento, pianificazione, fornitura, erogazione, coordinamento di servizi e monitoraggio dei bisogni multipli del paziente (Zender 1990).
- Insieme di fasi logiche e processo di interazione tra i servizi di un sistema di enti, che assicura che l’utente riceva le prestazioni necessarie in modo efficace, efficiente, a costi giusti (McKenzie et al 1989).
- Modello organizzativo assistenziale che ha lo scopo di provvedere alla qualità delle cure, aumentare la qualità della vita, diminuire la frammentazione e contenere i costi dell’assistenza (ANA 1988).
Nel 1993 venne definito dalla Case Management Society of America come uno strumento collaborativo in grado di direzionare processi di valutazione, pianificazione, implementazione, monitoraggio e di valutazione finale che mette i servizi in grado di soddisfare i bisogni di salute delle persone attraverso la comunicazione e la facilitazione all’accesso delle risorse disponibili perseguendo esiti finali di efficacia e qualità.
Non si tratta quindi di una professione ma di un insieme di competenze e di pratiche specializzate che attingono al bagaglio formativo e di esperienza di diverse aree professionali; non avendo una stretta specificità professionale, il Case Manager può essere appannaggio di diverse figure professionali.
FORMAZIONE, COMPETENZE E RUOLO DEL CASE MANAGER
Chiariamo a questo punto qual è il percorso formativo dell’ Case Manager, quali sono le competenze ed abilità e quali sono le dimensioni in cui si configura il suo ruolo.
Il case manager è considerato una figura professionale rilevante nella pratica clinica avanzata. E’ un professionista che fornisce e/o coordina i servizi sociali e sanitari, per una gestione clinica di un target di popolazione di utenti (ad es. pz. terminali ed anziani) dall’ammissione alla dimissione, creando un modello unico di assistenza centrato sul singolo paziente, garantendo la continuità delle cure. Per lo svolgimento di questo ruolo deve essere richiesta una formazione di tipo avanzato. In Italia, presso alcune Università (Bologna, Pavia, Verona) sono attivi Master di primo livello della durata di un anno con l’acquisizione di 60 CFU. Sono richieste, infatti, approfondite conoscenze di assistenza, di dinamiche organizzative, di finanza e risorse comunitarie.
Le competenze di pratica clinica avanzata che elevano al ruolo di case manager includono:
- la comprensione del modello organizzativo assistenziale,
- la conoscenza di una specifica popolazione di pazienti,
- e diagnosi cliniche correlate e i trattamenti medici,
- conoscenze sulla gestione delle risorse, sull’uso dei piani di assistenza, dei protocolli e delle linee Guida;
- il riconoscimento dell’importanza del concetto di “ advocacy” del paziente e della continuità assistenziale.
Per quanto concerne il ruolo del case manager, Chiari & Santullo (2001) affermano che esso ha una dimensione clinica, manageriale, e finanziaria. Il ruolo clinico consiste accertamento dei problemi dei pazienti e delle loro famiglie ogni qualvolta questi si presentino,classificandoli in problemi reali o potenziali e valutando le condizioni fisiche, psicosociali ed emotive dei paziente.
Successivamente, per far fronte alle necessità del paziente e per il raggiungimento degli obiettivi prefissati e degli esiti attesi, in collaborazione con gli altri membri del team interdisciplinare, si dedica allo sviluppo di un piano assistenziale “personalizzato”.
Il case manager quale esperto clinico, dedica parte del proprio tempo al giro visita, al fine di promuovere una pratica di tipo collaborativo e multidisciplinare.
Questo consente il mantenimento delle abilità cliniche, permette di migliorare direttamente l’integrazione dei servizi e una migliore realizzazione degli obiettivi e dei bisogni dei pazienti descritti nel piano assistenziale.
Nel suo ruolo manageriale, il case manager ha la responsabilità di facilitare e coordinare l’assistenza dei pazienti durante la loro presa in carico.
Il Case Manager gestisce l’assistenza pianificando le modalità di trattamento e gli interventi necessari per soddisfare le necessità dei pazienti e delle loro famiglie. Determina, in collaborazione con il team interdisciplinare, gli obiettivi del trattamento e la durata del soggiorno o della degenza.
Identifica non più di tre obiettivi prioritari e prevede quando i membri del team dovrebbero essere presenti, considerando la peculiarità del paziente e i suoi bisogni.
Inoltre, valuta continuamente la qualità dell’assistenza fornita e le conseguenze dei trattamenti mediante un analisi degli esiti attesi.
Nel suo ruolo manageriale, il Case Manager deve essere in grado di garantire la continuità delle cure seguendo il paziente nei diversi setting clinici e rendendo accessibili, ad ogni persona che si occupa del paziente, le informazioni sul suo stato di salute in modo tale da garantire un assistenza quanto più possibile personalizzata e specialistica.
Pertanto, il case manager diviene una figura di riferimento per l’assistito lungo un continuum che va dall’ammissione al follow-up a domicilio.
Nella sua dimensione finanziaria, in collaborazione con i medici e con gli altri membri del team, il case manager assicura che i pazienti ricevano cure adeguate e mantiene l’allocazione delle risorse più adatte per la lunghezza della degenza o del soggiorno.
Agisce per evitare qualsiasi duplicazione inutile o frammentazione dell’attività programmata, in modo da produrre la migliore allocazione e il migliore consumo di risorse.Garantisce l’appropiatezza delle cure.
Il case manager ha anche una importante funzione di educatore sia nei confronti dell’equipe assistenziale sia nei confronti del paziente e della sua famiglia.
Quindi:
- valuta i bisogni formativi dell’equipe assistenziale e assiste il gruppo infermieristico nello sviluppo di protocolli e linee guida.
- fornisce al paziente e alla famiglia informazioni basilari per affrontare la malattie e per mettere in atto i nuovi comportamenti che sono necessari.
Egli contribuisce a migliorare la qualità di vita del paziente che affronta l’esperienza della malattia, rilevando e sviluppando le capacità residue al fine di aumentarne l’autonomia ed evidenziando i bisogni dei pazienti secondo un ordine di priorità.
In questo ruolo, il case manager nel passaggio delle informazioni si rifà al concetto di “empowerment” ovvero alla centralità della persona e al suo vissuto, considerando il ruolo attivo del paziente riguardo le cure da un modello paternalistico (il buon paziente è colui che obbedisce e osserva le prescrizioni) ad un modello paritetico nel quale la partnership e la cooperazione sostituiscono il concetto di compliance o aderenza.
L’empowerment, quindi, diviene principio basilare nella relazione case manager-paziente.
Tale principio si realizza attraverso una relazione basata sulla fiducia, proteggendo il paziente (advocacy) e agendo una funzione tutoriale, fornendo informazioni e favorendo lo sviluppo di nuove abilità e la costruzione di nuove capacità.
Il case manager non deve essere necessariamente un infermiere, infatti nei servizi di assistenza domiciliare, dove i pazienti hanno più bisogno di servizi sociali, gli assistenti sociali possono ricoprire il ruolo di case manager.
Negli ospedali, dove si pone maggiore enfasi all’assistenza, gli infermieri sono le figure più indicate per svolgere il ruolo di case manager.
Tuttavia, diversi autori sostengono che gli infermieri sono i candidati naturali per svolgere questa attività poiché le funzioni del case manager si avvicinano molto a quelle del processo di nursing: accertamento, pianificazione, implementazione e valutazione arricchito di altri componenti quali la selezione del caso, l’identificazione delle risorse, la documentazione di più risultati, compresi i costi, la qualità e lo status del cliente.
A tal proposito, alcuni autori evidenziano un chiaro dis-accordo tra le diverse definizioni e le attività che caratterizzano il Case Managment infermieristico.
Lamb ne 1992 descrisse 3 modelli di esercizio del Case Management infermieristico distinti in base al setting:
1) Modello ospedaliero: è quello in cui i singoli o gruppi di infermieri coordinano i servizi per i soggetti ad alto rischio e facilitano lo spostamento tra le Unità all’interno dell’ospedale. Gli Infermieri case manager in questo modello solitamente non seguono i pazienti all’esterno della struttura ospedaliera.
2) Modello dall’ospedale alla comunità: gli infermieri case manager si occupano di persone ad alto rischio, dal ricovero per acuti all’assistenza continua nel territorio.
3) Modello territoriale: gli infermieri case manager assistono gli individui principalmente a domicilio o in setting di comunità.
Nella letteratura Internazionale è dimostrato l’impiego di Infermieri Case Manager:
In ospedali e strutture riabilitative e a lunga degenza al fine di fornire coordinamento e supervisione dei servizi necessari ai pazienti ricoverati e di monitorare le risposte ai pazienti ai protocolli di trattamento dal ricovero alla dimissione.
Negli ambulatori e nelle organizzazioni per la continuità delle cure al fine di coordinare la continuità dell’assistenza primaria della popolazione di pazienti con condizioni a rischio o croniche quali, ad esempio, le gravidanze ad alto rischio, malattie cardiovascolari, diabete e asma.
Le assicurazioni (sanitarie, per il risarcimento dei lavoratori e per l’invalidità, per i danni personali a seguito di incidenti automobilistici) per identificare i bisogni sanitari associati alle domande di indennizzo per malattie o danni, al fine di coordinare l’accesso a risorse appropriate e con un adeguato rapporto costo efficacia e al fine di monitorare il processo di recupero fino alla massima ripresa o al massimo miglioramento possibile.
Dalla letteratura analizzata emerge che per assumere i ruoli di un “abile” e “competente” case manager è necessario sviluppare delle specifiche abilità:
Abilità interpersonali: Comunicazione, diplomazia, Assertività, Collaborazione, Negoziazione .
Abilità professionali: Saper trasmettere, saper accettare.
Abilità personali: Saper porre in ordine di priorità, saper delegare (o meglio attribuzione di responsabilità), creatività, Autodisciplina.
Abilità basate sulle conoscenze: Pensiero critico , problem solving, saper ricercare.
IL CASE MANAGEMENT E I MODELLI ORGANIZZATIVI INNOVATIVI SONO EFFICACI?
Attraverso l’adozione del modello organizzativo del Case Management in diverse strutture e contesti assistenziali si è potuto registrare una serie di vantaggi quali un aumentata soddisfazione dei professionisti maggiormente coinvolti nel processo decisionale su scelte condivise, una maggiore soddisfazione dei pazienti, maggiore continuità assistenziale, ridotta durata della degenza, una riduzione del numero dei ricoveri per paziente, una ridotta frammentazione delle cure ed una riduzione dei costi (Barelli et al, 2006).
Nella sua revisione Seago (1999) documenta, attraverso uno studio sui pazienti sottoposti ad intervento di protesi d’anca e con patologie polmonari, una riduzione della degenza rispettivamente di 2.1 e 3.5.
In un altro studio, che ha comparato più di 700 pazienti assistiti con case management dimostra una riduzione dei ricoveri (53 in meno), delle giornate di ricovero (895 in meno) e della durata della degenza (1.73 giorni più bassa) rispetto ai pazienti seguiti di routine. Altri autori evidenziano tuttavia, come alcune volte può prevalere l’aspetto organizzativo rispetto a quello clinico da parte del case manager.
CONCLUSIONI
In conclusione si può affermare che, dopo un attenta analisi della letteratura selezionata non emerge un modello organizzativo esemplare e universalmente valido cui orientarsi, ma piuttosto la ricerca e l’integrazione di diverse soluzioni adatte a quel contesto e a quei pazienti.
I modelli organizzativi orientati alla presa in carico (Primary Nursing, Case management) sollecitano sia una differenziazione delle responsabilità (scelte organizzative) sia una differenziazione delle competenze (scelte di progetto professionale) ed è per questo motivo che negli ambienti con modelli organizzativi orientati alla presa in carico si percepisce una maggiore soddisfazione dei pazienti (assistenza personalizzata), maggiore autonomia e controllo sulla pratica, migliori risultati sui pazienti e sulla struttura (appropriatezza delle cure), maggiore soddisfazione da parte degli operatori.
La qualità dell’assistenza ai pazienti si raggiunge in ambienti in cui c’è un elevato grado di soddisfazione di pazienti, infermieri e medici.
In futuro sarebbe auspicabile l’adozione e il riconoscimento della figura del case manager in tutte le realtà del servizio sanitario nazionale in modo da garantire non solo, un nuovo modello di organizzazione che accompagni e valorizzi l’assistito nel suo percorso di salute e in qualsiasi setting assistenziale soprattutto nell’assistenza domiciliare, ma anche un nuovo modo di pensare, concepire e realizzare l’assistenza e le cure ai cittadini, secondo un approccio multidisciplinare e di cooperazione fra le varie figure professionali con la condivisione di obiettivi quali la qualità delle cure, l’efficienza e l’ efficacia delle prestazioni fornite e il contenimento dei costi, in un ottica di appropriatezza delle cure.
BIBLIOGRAFIA
- Saiani, L. (2006) . Modelli di erogazione dell’assistenza infermieristica In Potter Perry Infermieristica generale-clinica (cap 13, pp. 294-298). Napoli:Edizioni Sorbona.
- Santullo, A. I modelli d’organizzazione dell’assistenza In: Santullo, A. L’infermiere e le innovazioni in sanità-nuove tendenze e strumenti gestionali. Milano: Mc GrowHill, 2004. cap. 9 p.385-390.
- Barelli, P., Pallaoro, G., Perli, S., Strimmer, S., Zattoni, M. (2006). Modelli di organizzazione dell’assistenza: sono efficaci?. Assistenza infermieristica e ricerca, 25(1): 35-41.
- Chiari, P., Santullo, A. (2001). L’infermiere Case Manager. Milano: McGraw-Hill.
- Santullo, A. (2004). L’infermiere e le innovazioni in sanità. Nuove tendenze e strumenti gestionali. Seconda edizione. Milano: McGraw-Hill.
- Lee, D.T.F., Mackenzie, A.E., Chin, T.M. (1998). Case Management: a review of the definitions and practices. Journal of Advanced Nursing, 27(5):933-939.
- Mantehey, M. (2008). La pratica del Primary Nursing. L’erogazione dell’assistenza basata sulle relazioni e guidata dalle risorse. Prima Edizione Italiana. Roma. Il Pensiero Scientifico Editore
- Di Giulio, P., Saiani, L. ( 2005). Efficacia della presa in carico del paziente in Comunicare con il paziente di Marinella Sommarugga. ( pp. 17- 23). Edizione Carocci Faber.
- Leone, M.V. ( 2012).Il Case Management e l’Infermiere Case Manager in salute mentale: revisione della letteratura. Elaborato finale Corso di laurea in Infermieristica.
- Nunziante, P. (2007). Il Case Management.
SITOGRAFIA
- www.associazioneitalianacasemanager.it. Ultimo accesso: 15 Settembre 2014
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