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L’arte terapia contro i due oscuri passeggeri nel tunnel dell’Alzheimer

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Licia, infermiera italiana in UK: guida per una scelta consapevole!
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Introduzione di Giuseppe Papagni

Felicia Livrieri, infermiera neo laureata, propone il suo lavoro di ricerca sull’Alzheimer. La collega pone la sua attenzione sulle possibilità terapeutiche non farmacologiche come l’arte.

Introduzione
L’Europa negli ultimi secoli ha assistito ad un fenomeno piuttosto rilevante: l’invecchiamento della popolazione. Questo fenomeno è sempre accompagnato da alcuni aspetti comuni come la malattia, il decadimento fisico e psichico, la morte. La demenza è tra le patologie più frequenti in questa fase della vita.
La malattia di Alzheimer è una patologia neurodegenerativa rappresenta dal 40 al 70% di tutte le forme di demenza ed è sia ad alta morbilità che morbosità. Il fenomeno dell’Alzheimer è una vera e propria emergenza socio-sanitaria ed è, per la complessità assistenziale, una sfida per l’infermiere ed il nursing geriatrico.

Assistere il paziente affetto da Alzheimer è difficile: i cambiamenti comportamentali, cognitivi e nella comunicazione richiedono di modificare quasi completamente il modo di affrontare la vita e le situazioni del quotidiano.
L’Alzheimer priva il paziente di se stesso, si può immaginare come un lungo tunnel buio nel quale il paziente perde la propria identità, le proprie tracce. Ad aggravare questo quadro clinico ci sono due sintomi caratteristici della patologia ad esordio piuttosto precoce: apatia e depressione.

Due oscuri passeggeri che velocizzano il decadimento cognitivo e la regressione psico-fisica del paziente. Non sempre sono utili le terapie farmacologiche per contrastare questi due mali per questo si ricorre a terapie alternative comportamentali.
La mia curiosità sull’argomento e in particolare sulla ricerca di una terapia efficace per migliorare la qualità di vita del paziente nasce a seguito della visione del film “Still Alice”, in cui si narra la tragica esperienza di una donna alla quale viene diagnosticata precocemente la malattia di Alzheimer con una serie di stravolgimenti che ne seguono.

Mi sono così posta degli interrogativi:

  • esiste una terapia efficace per garantire al paziente con Alzheimer una miglior qualità di vita?
  • Quale terapia potrebbe essere più utile e adatta all’utente affetto da questa patologia?
  • Esiste qualche strategia che combatta l’apatia e la depressione, causa principale di un precoce decadimento cognitivo?

Tra le varie terapie comportamentali adoperate con i pazienti affetti da Alzheimer, ha suscitato particolare interesse l’utilizzo dell’arte terapia.
Da sempre l’arte mi ha affascinata ed attratta, non a caso il mio percorso scolastico superiore è stato artistico. Ho voluto così sperimentare il valore terapeutico dell’arte nel paziente affetto da Alzheimer.
Obiettivo del mio progetto di tesi è di vedere se applicando la tecnica dell’arte terapia si riducono i livelli di apatia e depressione nel paziente affetto da Alzheimer. Così mi sono posta degli interrogativi:

  • Può l’utilizzo del disegno guidato ridurre i livelli di apatia e depressione?
  • Può l’arte coinvolgere attivamente i pazienti con morbo di Alzheimer?
  • L’arte terapia riesce a ridurre ansia e agitazione?
  • Può l’arte terapia migliorare l’autostima dell’utente?
  • L’arte può essere uno strumento efficace per contrastare l’isolamento e favorire la socializzazione?
  • Oltre ai benefici psichici, può portare benefici fisici al paziente?
  • Complessivamente si può affermare che l’arte terapia assicura uno stato di benessere all’utente che la pratica?

Nel mio percorso di tesi ho cercato di dare risposte a questi quesiti attraverso un viaggio alla scoperta di questa patologia e alle strategie utilizzate per contrastare i suoi sintomi, analizzando l’arte terapia.

Partendo dall’analisi critica del piano assistenziale del paziente affetto da Alzheimer, ho evidenziato la presenza di due problemi fondamentali: apatia e depressione due oscuri passeggeri. Chiedendomi se i due mali sono collegati sono passata a definirne le conseguenze sulla vita del paziente. Ecco che nasce l’esigenza di trovare delle strategie atte a combattere questi due sintomi.

Tra le terapie non farmacologiche l’arte terapia può essere la soluzione? E’ da qui che prende vita il mio progetto di ricerca.

Il paziente con Alzheimer è un paziente COMPLESSO che oltre ai problemi gestionali dello stato funzionale, cognitivi e della comunicazione è affetto da problemi comportamentali e della personalità. L’obiettivo assistenziale è quello di preservare le capacità residue e questo è possibile solo tramite tecniche non farmacologiche.

La presenza di Apatia e depressione evidenziate nel piano assistenziale va ad influire sul paziente riducendo la qualità di vita, peggiorando i sintomi cognitivi e velocizzando la degenerazione della malattia, per questo è opportuno definirli OSCURI PASSEGGERI. Studi hanno dimostrato che l’arte terapia potrebbe migliorare questa situazione.

L’arte terapia non è altro che l’insieme dei trattamenti che utilizzano il ricorso all’espressione artistica allo scopo di promuovere la salute e favorire la guarigione, infatti viene utilizzata in diversi ambiti applicativi. In ambito medico va a riabilitare le funzioni motorie, comportamentali e sociali. Da studi sono stati evidenziati benefici effettivi su pazienti FRAGILI, tra questi citiamo quelli svolti in America, Svizzera e Inghilterra.

Quindi si può affermare che l’arte terapia preserva le condizioni mnestiche, cognitive e motorie; migliora lo stato emotivo comportamentale e riduce i livelli di apatia e depressione. Tutto ciò è stato avvallato da studi scientifici, ricordiamo lo studio randomizzato svolto in Giappone nel 2011 Su 39 pz con Alzheimer lieve.

Presi in considerazione un gruppo di arte terapia e uno di controllo per 12 settimane; il gruppo di arte terapia svolgeva 1 seduta a settimana con esercitazione giornaliera di 15 minuti. Alla fine delle 12 settimane lo stesso gruppo si è mostrato meno apatico e Qualità di Vita (QdV) aumentata del 10% rispetto al gruppo di controllo.

Ho deciso quindi di sperimentare questa tecnica su pazienti affetti da Alzheimer di grado lieve/moderato ospiti nella RSSA “Casa Alberta” di Corato. L’obiettivo è stato capire se l’arte terapia riduceva i livelli di apatia e depressione, favoriva la comunicazione, coinvolgeva gli ospiti nel disegno guidato, riduceva i livelli di ansia e agitazione, migliorava l’autostima, la coordinazione motoria e favoriva la socializzazione.

Ho effettuato perciò un campionamento a grappoli includendo nel campione i pazienti con Alzheimer lieve moderato,  per definire meglio il grado di Alzheimer ho utilizzato la scala standardizzata MMSE che mi evidenziava l’entità del deficit cognitivo. Ho studiato il mio campione nel quadrimestre Marzo – Giugno 2015. Solamente 9 pazienti hanno partecipato allo studio con prevalenza femminile ed età tra i 75 e 85 anni.

L’ELABORAZIONE DEI DATI è stata resa possibile dalla somministrazione di due scale: per l’apatia una Rating scale AES e per la depressione la Check List GDS; in 3 tempi: inizio, metà e fine quadrimestre. Le sedute sono state a giorni alterni e della durata di circa un’ora in un setting quale un laboratorio artistico nel quale gli utenti venivano stimolati con il disegno guidato e colori in sedute individuali e di gruppo.

L’andamento dei livelli di apatia è stato decrescente con diminuzioni significative tra il tempo T0 e il tempo T2. Anche i livelli di depressione sono diminuiti in T2 rispetto al T0 ma si è verificato un trend altalenante tra T1 e T2 con un leggero incremento che non ha influito sulla riduzione dei livelli di depressione iniziali. Questo andamento è spiegabile proprio per l’instabilità dell’umore tipica nei pazienti affetti da questa malattia.

CONCLUSIONI
In conclusione si può affermare che l’arte terapia è risultata essere una metodologia non farmacologica vincente nel ridurre i livelli di depressione e apatia nel paziente affetto da morbo di Alzheimer con grado lieve-moderato e migliorare la sua qualità di vita.
Considerando le difficoltà iniziali riscontrate nell’applicare la metodica, si è riusciti a coinvolgere tutti gli utenti presenti nell’RSSA, compresi coloro che si presentavano più apatici, diffidenti e disinteressati.
La situazione è progressivamente migliorata incontro dopo incontro, tanto che alcuni pazienti hanno esternato maggior interesse nella tecnica e si sono mostrati impazienti nell’attesa della seduta successiva. Basti pensare che alcuni utenti hanno richiesto esplicitamente di prolungare la durata degli incontri.
Dovremmo evidenziare che non sono mancate le occasioni in cui si è dovuto rimandare ad un secondo momento l’attività, perché l’utente si è rifiutato di colorare: “Oggi ho solo voglia di parlare, togli quei colori”, frasi simili hanno dato conferma di un miglioramento nella comunicazione.
Dai rifiuti categorici e dagli atteggiamenti di chiusura o d’assenza assoluta di comunicazione, si è giunti all’espressa necessità di comunicare e di raccontarsi. Ciò è stato facilitato attraverso l’utilizzo di un atteggiamento empatico, non di costrizione o punizione.
La soddisfazione del trattamento di arte terapia, è stata espressa anche dagli operatori della struttura che hanno notato un netto cambiamento dei comportamenti degli utenti prima e dopo ogni seduta di arte terapia, definendo che il paziente passava da un atteggiamento ansioso e agitato ad uno rilassato e calmo.

In particolare un Utente che prima della seduta ha spesso mostrato uno stato agitato e bisbetico, dovuto alla consapevolezza del suo decadimento psico-fisico, ha conseguito dopo il trattamento, un comportamento più calmo e predisposto al confronto.
Inoltre gli utenti della struttura hanno dichiarato di provare emozioni positive mentre svolgevano l’attività di colorazione. Le emozioni positive sono state la conferma dell’azione catartica nel produrre arte, e nella maggior dei casi, hanno portato gli utenti ad essere più predisposti a partecipare anche ad altre attività occupazionali della struttura.
Evidente è l’aumento dell’autostima, percepita dagli utenti della struttura. Difatti, mostravano fieri e soddisfatti ai loro familiari, i disegni colorati.
Attraverso l’arte terapia, l’utente riferiva di sentirsi fruttuoso nell’attività quotidiane della struttura.
“Mi piace vedere una faccia giovane e sorridente che mi faccia compagnia e al tempo stesso mi faccia colorare, mi piace far vedere quanto sono brava alle mie figlie. I pomeriggi sembrano interminabili fino all’orario visite, ho scoperto un nuovo interesse e coltivarlo mi fa sentire meglio”
Attraverso questa terapia si è favorita anche la socializzazione tra gli utenti della struttura. E’ stata infatti occasione di scambio di opinioni, esperienze e condivisione di attività comune.
Nel gruppo, non sempre omogeneo, si sono presentate anche discussioni, cosi da determinare dei sottogruppi, ma questo ha messo in atto dinamiche nuove che hanno spronato i pazienti a mettersi in gioco.

E’ stato emozionante vedere la relazione d’aiuto tra gli utenti, in cui il comun denominatore era rappresentato da un nuovo interesse comune: l’arte.
Attraverso l’utilizzo dei pastelli si è ottenuta anche una miglior coordinazione motoria.
Alcuni pazienti soffrivano di disturbo da movimenti stereotipati, durante l’attività di colorazione questo disturbo si è ridotto fino a sparire in alcuni casi.
Inoltre tra gli utenti, erano presenti pazienti con difficoltà motorie e ausili per la deambulazione che li demotivavano a spostarsi e partecipare ad attività, le sedute di arte terapia hanno spronato i pazienti a deambulare per raggiungere il setting operativo.

Infine, qualche considerazione scaturisce dall’osservazione dei disegni colorati.
Seppur priva di competenze utili ad analizzare criticamente il disegno degli ospiti, è ben visibile che tra i primi e gli ultimi disegni colorati (Disegno 1 prima e 2 dopo) vi siano dei cambiamenti significativi.
Si può notare che si è passati da disegni semplici con poche linee, quali sole e fiore, a disegni più complessi con la presenza di dettagli, la casa, e la possibilità di personalizzali liberamente come nel caso del cane.
La scelta di una complessità graduale è stata dettata proprio dall’atteggiamento del campione dinanzi al disegno proposto, sole e fiore risultavano già molto complessi nella prima seduta e come si può vedere alcuni utenti hanno lasciato incompleto il disegno, in alcuni casi i tratti erano incerti e caotici. La scelta dei colori molto casuale.

Col passare del tempo ogni disegno portato a termine ha rappresentato una vittoria per il paziente, aumentato la sua autostima spingendolo verso complessità maggiori.
Negli ultimi disegni infatti, non ci sono parti incomplete, i tratti sono più decisi ed omogenei e i colori più attinenti alla realtà indice di maggior consapevolezza dell’attività svolta.

Concludendo si può affermare che l’esperienza della sperimentazione sull’arte terapia è stata non solo utile a seguito di tutti i motivi sopra citati, ma è stata soprattutto un’esperienza ricca di soddisfazioni e gratificazioni.
Un quadrimestre emozionante che ha portato molteplici benefici all’utente e a chi lo circonda. Tutto ciò ha spinto gli operatori della struttura ad inserire l’arte terapia tra le attività occupazionali giornaliere.
Ciò conferma che la terapia non farmacologica è in grado di garantire veri benefici al paziente con Alzheimer, è in grado di curare psiche e corpo, donare uno stato di benessere e di conseguenza rallentare il decadimento cognitivo.
In tutto il tunnel buio della malattia di Alzheimer, con la presenza dei due oscuri passeggeri apatia e depressione che velocizzano la perdita di se stessi, l’arte terapia si pone come bagliore di speranza, come metodo efficace per contrastare questi due mali e rallentare la progressione della malattia stessa.

Possiamo definire che l’arte terapia ha ridotto i livelli di apatia e depressione, ha coinvolto l’intero campione (immaginiamolo su uno più esteso i suoi effetti sarebbero straordinari), ha migliorato la coordinazione motoria, ridotto i livelli di ansia e agitazione, ha favorito la partecipazione ad altre attività ricreative della struttura e ha aumentato l’autostima e favorito la socializzazione.

Potrei concludere affermando che il mio lavoro mi rende sempre più sostenitrice di un’affermazione fatta anni fa ma sempre vera “Vorrei che tutti i medici aggiungessero alla loro attrezzatura diagnostica e terapeutica una scatola di matite colorate”.

 

Livrieri Felicia

 

IN ALLEGATO

L’ARTE TERAPIA CONTRO I DUE OSCURI PASSEGGERI NEL TUNNEL DELL’ALZHEIMER

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