Ha patteggiato una condanna a due anni di reclusione, con pena sospesa, l’infermiera caposala 49enne dell’hospice dell’Asl Umbria 1 accusata di aver più volte versato un sedativo nell’acqua di una dottoressa. La vicenda, risalente al 2023, vide scattare le indagini del Nas quando il medico segnalò i propri sospetti, legati allo strano sapore dell’acqua. Per questo motivo aveva evitato di ingerire il liquido nella maggior parte delle occasioni, evitando conseguenze gravi.
Le successive analisi rivelarono “quantitativi compresi tra 3 e quasi 15 milligrammi di Midazolam Cloridrato“, una “sostanza soggetta a prescrizione medica non ripetibile e per uso esclusivamente ospedaliero, avente effetto sedativo”. Secondo l’accusa, l’infermiera avrebbe adulterato “in modo fraudolento e ripetuto” l’acqua contenuta nelle bottigliette della dottoressa con l’intento di “cagionare lesioni consistenti negli effetti conseguenti all’alterazione dell’ordinario stato psicofisico correlato all’assunzione di un farmaco sedativo”.
La sostanza era contenuta nelle boccette di morfina (cinque) e nelle fiale di Talentum (dieci) che l’infermiera avrebbe sottratto dal luogo di lavoro. Oltre all’adulterazione dell’acqua, le furono contestati anche i reati di stalking, tentate lesioni aggravate, peculato e detenzione ai fini di spaccio, calunnia. Quest’ultima era legata alle presunte accuse, rivolte a soggetti non identificati, di aver falsificato la sua firma nel registro delle sostanze stupefacenti, pur sapendoli innocenti.
L’infermiera dovrà pagare le spese legali a favore delle parti civili, ossia la dottoressa e l’Asl Umbria 1, che hanno annunciato l’intenzione di avviare anche una causa civile per ottenere il risarcimento dei danni subiti. Inoltre l’Azienda dovrà valutare il profilo disciplinare della dipendente, inizialmente sospesa dal servizio. Provvedimento, questo, bloccato in attesa degli sviluppi del processo penale. Ora la 49enne rischia il licenziamento.
Redazione Nurse Times
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