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Tesi “Aderenza terapeutica al trapianto di fegato e gestione infermieristica nelle varie fasi del processo assistenziale”

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Giunge al nostro indirizzo mail [email protected] il lavoro di tesi compilativa del dott. Daniele Laezza, dal titolo “Aderenza terapeutica al trapianto di fegato e gestione infermieristica nelle varie fasi del processo assistenziale”, laureandosi in Infermieristica presso l’Università della Campania, nell’a.a. 2016 – 2017.


…di Daniele Laezza

 

Il trapianto di fegato costituisce l’unica terapia valida per molte epatopatie terminali, per l’insufficienza epatica acuta e per alcune malattie metaboliche o congenite, dell’adulto o di interesse pediatrico, che implicano un coinvolgimento del fegato.

In Italia, dove le malattie epatiche in fase terminale rappresentano un importante problema di sanità pubblica e la mortalità per cause epatiche, seppure in lenta riduzione, è ancora molto rilevante, il ricorso al trapianto di fegato è divenuto progressivamente crescente negli ultimi anni. Oggi si può certamente affermare che il trapianto di fegato è in Italia una procedura consolidata, con di 23 Centri Trapianti attivi nel paese, tra cui:

  • in Piemonte e in Liguria, Azienda Ospedaliero-Universitaria “San Giovanni Battista” (Le Molinette) di Torino; Azienda Ospedaliero-Universitaria “San Marino” di Genova;
  • In Emilia Romagna e in Toscana, Policlinico “Sant’Orsola-Malpighi” di Bologna; Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena; Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana
  • In Campania, Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale “A. Cardarelli” di Napoli;
  • In Puglia, Policlinico di Bari – Ospedale Giovanni XXIII.

Secondo il Report del Centro Nazionale Trapianti, l’Italia, con 22 donatori per milione di persone, è terza tra i grandi paesi europei, dopo la Spagna e la Francia e avanti al Regno Unito e alla Germania. La media europea è 16.9 donatori per milione.

In particolare, il Centro trapianti di fegato dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana è al vertice della classifica nazionale. Lo dicono i dati del Centro Nazionale Trapianti. Nel 2015 Pisa è in testa, con 119 procedure, seguita da Torino (108), e Bergamo (97).

Nonostante una generale stabilità delle attività di donazione, il numero totale dei trapianti di fegato del 2015 è aumentato rispetto al 2014. Questo record è il prodotto della vocazione trapiantologica della Toscana che si fonda su un’intensa attività regionale di donazione di organi, frutto dell’impegno dei cittadini, delle strutture sanitarie e della guida dell’Organizzazione Toscana Trapianti.

Malgrado l’aumento del numero di trapianti di fegato, la numerosità dei pazienti in attesa di trapianto è cresciuto parallelamente, raggiungendo 1.499 pazienti in lista d’attesa al 31/10/07.

Il tempo di attesa medio per un trapianto di fegato nel 2007 è stato di 1.82 anni ed il tasso di mortalità dei pazienti in lista d’attesa del 7.2%. Questi numeri da una parte sottolineano la validità complessiva del sistema trapianto di fegato, dall’altro chiaramente indicano alcune importanti direttive verso cui è necessario muoversi per implementare ulteriormente il sistema, tra cui l’incremento delle donazioni, la maggiore fruibilità del trapianto, la piena trasparenza ed equità del sistema.

La disparità tra il numero dei pazienti che arrivano al trapianto ed il numero di quelli che potrebbero beneficiare della procedura, rende per altro ragione degli sforzi compiuti in questi ultimi anni volti ad incrementare il numero degli organi potenzialmente disponibili.

L’Associazione Italiana Studio Fegato (AISF) è stata partecipe sin dall’inizio della straordinaria crescita del sistema trapianto di fegato italiano, accanto ai gruppi chirurgici che ne sono certamente stati i maggiori protagonisti. Nel 2006 il Comitato di segreteria AISF ,consapevole dell’importanza crescente del trapianto di fegato per la comunità epatologica, ha istituito una Commissione Permanente sul Trapianto di Fegato, la quale ha promosso l’avvio di nuove iniziative, tra le quali la più rilevante, attualmente in corso, è certamente rappresentata dallo studio osservazionale Liver Match, uno studio prospettico di ampie dimensioni, di carattere nazionale, volto a definire le condizioni ottimali del matching tra donatore e ricevente capaci di influenzare l’outcome a breve e lungo termine.

In questa tesi sono stati infatti trattati temi come ‘’cenni di anatomia e fisiologia del fegato’’ (cap. 1 );  ‘‘i fattori di rischio, virali e non, che inducono a trapianto di fegato’’ ( cap.2 e cap.3); ‘’ dalla fase pre-operatoria al trapianto di fegato’’ (cap. 4);  la “gestione clinica delle complicanze post – trapianto” (cap. 5), mediche e chirurgiche sia precoci che tardive; infine, un approfondimento speciale sulle donazioni d’organo (cap.6).

Il paziente trapiantato di fegato deve essere seguito in tutte le fasi del processo assistenziale da un équipe multidisciplinare adeguatamente preparata. L’infermiere, ogni giorno, si trova ad agire all’interno di questa équipe, in cui ogni figura professionale, al fine di raggiungere il più alto stato di benessere della persona (che è l’obiettivo finale del processo assistenziale ), si trova a trattare il paziente e a interagire routinariamente.

Così come esposto nell’elaborato, l’assistenza infermieristica non solo va dalla gestione di un drenaggio nel post-operatorio, alla gestione delle complicanze (come un sanguinamento, complicanze vascolari oppure complicanze biliari), ma l’infermiere presta anche supporto psicologico al paziente trapiantato.

E’ importante ascoltare quali sono le emozioni e i pensieri che circolano, in questa fase molto delicata di riabilitazione, nella testa dei pazienti trapiantati. Da questo concetto si delinea un fattore che sta alla base dell’attività infermieristica “l’empatia”: nella relazione di cura è la capacità dell’operatore di vedere la situazione con gli occhi del paziente, di entrare nei suoi pensieri, nei suoi significati, anche se sono diversi dai nostri, entrando in contatto con ciò che prova (paura, angoscia, preoccupazione, soddisfazione); in termini più comuni è indicata come il mettersi nei panni dell’altro.

In Italia il ruolo, le funzioni generali e gli ambiti di competenza dell’infermiere sono definiti dal “Profilo Professionale dell’infermiere”, istituito col Decreto n° 739/94  che, all’articolo 1 definisce l’infermiere come l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell’iscrizione all’albo professionale, è responsabile dell’assistenza generale infermieristica. L’assistenza infermieristica che è preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa ed è di natura tecnica, relazionale, educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie, l’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l’educazione sanitaria.

Nell’elaborato della tesi è ben definito il capitolo sull’assistenza del paziente trapiantato e la relativa educazione sanitaria, che è in egual modo importante, poiché bisogna “ educare” non solo i pazienti, al fine di attivare la loro partecipazione all’interno della rapporto infermiere-utente ( nel processo assistenziale infermieristico ) e stimolare la loro autonomia, ma anche i parenti dei pazienti perché, dopo le dimissioni, possano fornire un supporto stabile domiciliare ed evitare ulteriori complicanze.

L’epatite C, così come descritto precedentemente, è un infezione spesso asintomatica, ma la sua cronicizzazione può portare alla cicatrizzazione del fegato e, infine, alla cirrosi che risulta generalmente evidente dopo molti anni e che può portare a sviluppare insufficienza epatica, cancro del fegato, varici esofagee e gastriche. Al giorno d’oggi esiste un farmaco antivirale ad azione diretta, da un anno e mezzo disponibile in commercio, che da un successo terapeutico intorno al 95%.

Tra gli effetti collaterali che possono insorgere, a differenza dei i farmaci l’interferone e la ribavirina, sono quasi del tutto assenti: il paziente può avere al massimo un astenia, ma nessun effetto collaterale particolare. L’obiettivo del Piano di eradicazione dell’epatite C è di far accedere , a questi trattamenti specifici, 240.000 pazienti in tre anni  e per renderlo possibile è stato reso strutturale un fondo dedicato di 1 miliardo e mezzo di euro (500 milioni annui).

L’accesso a un maggior numero di pazienti dipenderà ovviamente, anche dalla disponibilità delle aziende produttrici a contrattare prezzi più bassi per il Servizio sanitario nazionale. Inoltre, i nuovi farmaci che arriveranno a breve sul mercato avranno un prezzo inferiore rispetto a quelli utilizzati finora e alcuni di essi non dovranno essere utilizzati in associazione ad altri farmaci, consentendo una riduzione del costo unitario dell’intero ciclo di cura. Finora sono stati avviati ai trattamenti 70.698 pazienti, sulla base di sette criteri di rimborsabilità che hanno previsto l’accesso modulato dei malati di epatite C in base al principio di urgenza clinica.

Il dottor Cecere, primario del reparto di Gastroenterologia, dell’Ospedale “Moscati’’ di Aversa, ha tenuto nel giorno 6 Ottobre 2016, una conferenza finalizzata a sensibilizzare il nostro territorio sulla donazione di organi, con la presenza di tre persone trapiantate di fegato che ho intervistato successivamente. In Campania il 36,8% della popolazione è in opposizione al trapianto.

Questo è un dato sconvolgente, poiché la Campania è la prima regione di mortalità per cirrosi epatica. Bisogna sensibilizzare il nostro territorio sulla donazione degli organi,  partendo dalle scuole, poiché è in esse che le generazioni future si evolvono ed è per questo che è importantissimo che siano informati in maniera adeguata su queste tematiche. Se si vuol fare un grande passo verso il progresso e soprattutto per la riduzione del range di mortalità nel nostro paese, è importante sostenere sempre le campagne sulla donazione degli organi da parte dei professionisti sanitari, con l’obiettivo di sensibilizzare la massa poiché: la donazione di organi che sta alla base del trapianto, in quanto senza donazione non abbiamo organi, e senza quest’ultimi non si può effettuare alcun trapianto (da vivente) e ciò porterebbe ad un aumento vertiginoso di mortalità nazionale! Sarebbe importante informarsi, scegliere e decidere come esprimersi rispetto alla donazione.

Donare significa dare una possibilità concreta di continuare ad esistere, attraverso una potente espressione di amore che quel dono rappresenta.

Sono rimasto particolarmente colpito da una giovane e sana donatrice, dall’età di 45 anni, che mossa da una stimolo di altruismo e amore, un giorno decise di donare un fegato, ovviamente non sapendo a chi e non sapendo nulla della vita di costui. La cosa più importante, come afferma la donatrice, è ‘’ora stiamo bene in due. E mi piace pensare che questa persona possa vivere le sue giornate e pensare al proprio futuro con ritrovata libertà’’.

Condivido pienamente il suo pensiero relativo alla donazione e ho deciso di completare la conclusione del mio elaborato della tesi con la dichiarazione di questa umile donatrice:

‘’Io credo che nella vita ciascuno possa incontrare tante e tante occasioni per trasformare l’«io» in «noi», perché in tanti modi diversi, durante il proprio cammino, si presenta la possibilità di scegliere di vivere questa trasformazione. Quest’esperienza di donazione di un fegato ad una persona sconosciuta ha donato, a propria volta, due significati alla mia vita: il primo è la ragione stessa di esistere, in quanto manifestazione del senso di «comunità»; il secondo è l’aver dato alla luce una vita nuova, quella che ha davanti a sé la persona sconosciuta che porta in grembo il mio fegato. Mi chiamo Paola. Ho preso tempo per riflettere, ho atteso che le emozioni si trasformassero in sentimenti‘’.

 

Allegato

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