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Stomaterapia: una rete da costruire. L’esperienza eccellente dell’Ospedale del Mare di Napoli

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Nel panorama sanitario italiano il percorso di cura del paziente stomizzato è spesso segnato da incertezze, difficoltà pratiche e un forte impatto psicologico. Non si tratta solo di gestire esiti di chirurgia maggiore, ma di accompagnare la persona in un processo di adattamento profondo, che coinvolge il corpo, l’identità e la quotidianità. In questo contesto l’assistenza infermieristica specializzata diventa fondamentale per restituire autonomia, dignità e qualità di vita.
Giuseppe Fama

All’Ospedale del Mare di Napoli ha preso vita nel 2023 uno dei primi ambulatori regionali interamente dedicati alla stomaterapia. Il centro è il risultato di un lavoro di progettazione che oggi rappresenta un punto di riferimento.  Alla guida di questo innovativo modello assistenziale c’è il dottor Giuseppe Fama, titolare di incarico organizzativo presso l’U.O. di Chirurgia d’urgenza e responsabile del centro, che ha saputo coniugare rigore clinico e attenzione relazionale in un approccio realmente centrato sulla persona. Ne abbiamo parlato con lui, che ci ha raccontato cosa significa accompagnare chi ha “imparato a vivere con la stomia”.

Dottor Fama, ci racconti le origini del Centro di Stomaterapia all’Ospedale del Mare.
“L’idea del Centro di Stomaterapia dell’Ospedale del Mare è nata nel settembre 2022, inizialmente come un’attività progettuale nuova e necessaria. Abbiamo ufficialmente avviato l’attività nell’ottobre 2023, strutturando un percorso organizzativo solido, orientato alla presa in carico globale del paziente stomizzato. L’idea è nata da me, in sinergia assoluta con il dottor Mariano Fortunato Armellino, Direttore dell’U.O.C. Chirurgia generale ed esperto di stomaterapia. È stato un lavoro corale, che ha ricevuto l’avallo pieno della Direzione Strategica dell’ASL Napoli 1 Centro, in particolare del direttore generale, dottor ingegner Ciro Verdoliva, e della dottoressa Maria Corvino, direttore sanitario aziendale. Senza il loro supporto, nulla di tutto questo sarebbe stato possibile e per questo li ringrazio”.

Quante persone si rivolgono oggi al Centro e da quali territori provengono?
“Nel 2024 abbiamo seguito 240 pazienti con circa 600 accessi complessivi. Il 40% proviene dall’Asl Napoli 1 Centro, il 50% dall’Asl Napoli 3 Sud, mentre il restante 10% da altre aree della Campania. È la conferma che stiamo diventando un punto di riferimento territoriale, con un impatto che supera i confini della nostra azienda sanitaria”.

Il ruolo delle associazioni: quanto è cambiato e quanto conta oggi?
“Il ruolo delle associazioni dei pazienti stomizzati è profondamente cambiato: non sono più solo gruppi di auto-mutuo aiuto, ma attori centrali nel sistema salute. Collaboriamo attivamente con tutte e desidero fare un ringraziamento speciale alla FAIS, presieduta dal dottor Pier Raffaele Spena.

Il loro contributo si articola su cinque pilastri fondamentali: in primis il supporto tra pari che riduce solitudine e ansia e offre una testimonianza concreta di vita attiva con una stomia; garantiscono momenti di formazione e informazione promuovendo conoscenza e consapevolezza, elementi chiave per l’aderenza terapeutica; garantiscono anche l’advocacy, difendendo i diritti dei pazienti e partecipando ai tavoli istituzionali.

Ultimi, ma non meno importanti, sono la collaborazione con il Ssn -umanizzando il percorso di cura e segnalando criticità con spirito costruttivo – e la lotta allo stigma, al fine di normalizzare la condizione attraverso campagne e testimonianze pubbliche. Le associazioni arrivano dove il sistema sanitario, da solo, non può arrivare. Senza di loro, l’assistenza sarebbe tecnicamente completa ma umanamente incompleta.

Quali sono le sfide future per l’assistenza alle persone stomizzate?
“Sicuramente uniformare l’assistenza su tutto il territorio nazionale. Serve un cambio di passo strutturale. La mia proposta è l’introduzione e l’applicazione vincolante, in tutta Italia, di un PDTA nazionale per la persona stomizzata. Un PDTA ben costruito garantirebbe il riconoscimento del ruolo dello stomaterapista come case manager, l’appropriatezza dei presidi – basata sulle esigenze individuali – e la presa in carico globale della persona, inclusi supporto psicologico, counseling nutrizionale e reinserimento sociale. Sarebbe il passaggio da un’assistenza disomogenea e a macchia di leopardo a un sistema strutturato, equo e dignitoso per tutti i cittadini”.

Quali sono le principali prestazioni cliniche e assistenziali che offrite?
“Nel nostro centro garantiamo un percorso completo che inizia già prima dell’intervento chirurgico. Per i pazienti candidati a chirurgia d’elezione, adottiamo il protocollo ERAS, un approccio multidisciplinare che include il colloquio con stomaterapista, chirurgo, nutrizionista e psicologo. Nel post-operatorio, lavoriamo sulla gestione della stomia, ma anche sulla riabilitazione del pavimento pelvico, elemento cruciale per chi è candidato alla ricanalizzazione. Garantiamo inoltre quattro accessi territoriali per il supporto psicologico di base per accompagnare il paziente nel recupero non solo fisico, ma anche emotivo e sociale, rappresentando la perfetta integrazione ospedale-territorio nell’Asl Napoli 1”.

C’è un’esperienza che le ha fatto comprendere il valore del rapporto umano nella cura?
“Sì, c’è una significativa che posso raccontare: una madre di 50 anni, rimasta vedova da poco, si è trovata ad affrontare la stessa patologia che aveva colpito il marito e successivamente i suoi due figli gemelli. Entrambi hanno subito un intervento con posizionamento di ileostomia nella stessa seduta chirurgica, con un decorso simile. Nonostante il dolore, questa donna non si è mai abbattuta. È stata un punto di riferimento per noi, un esempio di forza e dignità. Ha trasformato il suo dolore in guida. Questa esperienza mi ha ricordato che la relazione è una vera forma di cura, una possibilità di crescita reciproca”.

E se avesse carta bianca, da dove partirebbe?
“Cambierei un punto solo, ma decisivo: l’inserimento del bisogno di stomacare nei Lea. Perché se quel bisogno non esiste ufficialmente, allora non esiste neanche lo stomaterapista come figura strutturale nel sistema sanitario. È da lì che derivano varie criticità: la mancanza di capacità prescrittiva per lo stomaterapista, un limitato assetto amministrativo sui referti o sui flussi informativi che possa creare un maggior riconoscimento dei dati regionali.

Vi è inoltre un’ambiguità nei ruoli nei momenti di transizione ospedale-territorio, dove spesso non è chiaro quando occorre la figura specialista e quando basta un’assistenza infermieristica di base. Manca, infine, una matrice nazionale delle competenze, che riconosca i diversi livelli di specializzazione e di competenza infermieristica. Un accreditamento specifico dei centri di stomaterapia – che spesso sono classificati come ambulatori generici – sarebbe la svolta per determinare un cambio di paradigma”.

Un’ultima riflessione?
“Serve più riconoscimento per lo stomaterapista e un rafforzamento della rete di professionisti sul territorio. Dobbiamo aumentare il numero degli specialisti e fare in modo che siano punto di riferimento non solo per i pazienti ma anche per i colleghi. Dobbiamo costruire un sistema in cui ciascun paziente venga preso in carico con competenza, dignità e umanità, indipendentemente da dove viva.

Colgo l’occasione, infine, per ringraziare tutte le figure professionali, istituzionali e ordinistiche (il dottor Lanzuise e la dottoressa Rea), che hanno contribuito a sostenere questo percorso. Il loro supporto è stato prezioso. Il ringraziamento più grande va a tutto il mio team di infermieri fatto di professionisti straordinari che – in corsia e in ambulatorio – garantiscono la migliore qualità assistenziale. Sono orgoglioso nel fare parte di questa squadra”.

L’esperienza condivisa dal dottor Giuseppe Fama non è solo la testimonianza di un progetto ben riuscito, ma anche un esempio concreto di come l’assistenza infermieristica possa evolvere in una direzione realmente centrata sulla persona. In un’epoca in cui la tecnica rischia spesso di oscurare l’aspetto umano della cura, l’ambulatorio di stomaterapia dell’Ospedale del Mare dimostra che è possibile coniugare formazione, multidisciplinarietà, educazione terapeutica e relazione empatica.

La presa in carico del paziente stomizzato richiede tempo, ascolto e una rete solida di competenze. È anche un richiamo, per il sistema sanitario nel suo complesso, a investire maggiormente in servizi territoriali specializzati, nella formazione continua degli infermieri e nel coinvolgimento attivo delle associazioni di pazienti.

Accompagnare chi ha “imparato a vivere con la stomia” è un processo che si può affrontare con successo solo quando il paziente non è lasciato solo, ma accompagnato con professionalità, sensibilità e fiducia. Ed è proprio questa la direzione in cui dovrebbe convergere l’assistenza infermieristica del futuro”.

Anna Arnone

Redazione Nurse Times

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