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Screening oncologici 2023, Gimbe: “Scarsa adesione e troppe disuguaglianze regionali”

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Nel 2023 oltre 50mila tumori e lesioni pre-cancerose non sono stati identificati a causa della mancata adesione della popolazione ai programmi di screening oncologici organizzati inclusi nei livelli essenziali di assistenza (Lea). Lo ha calcolato la Fondazione Gimbe in base ai dati del Report dell’Osservatorio Nazionale Screening (Ons), network che monitora gli screening oncologici offerti dal Servizio sanitario nazionale. 

Nonostante quasi 16 milioni di cittadini siano stati invitati a sottoporsi ai test di screening per mammella, cervice uterina e colon-retto, solo il 43% ha aderito. Le percentuali di adesione restano ampiamente inferiori agli standard europei, con forti diseguaglianze territoriali che penalizzano in particolare le regioni del Mezzogiorno.

Prevenzione e diagnosi precoce rappresentano strumenti fondamentali per ridurre la mortalità oncologica e garantire la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale. L’attuale livello di adesione agli screening organizzati è insufficiente e richiede un rafforzamento delle capacità organizzative, una comunicazione istituzionale più efficace e una maggiore responsabilizzazione della cittadinanza.

“Nel 2023 – spiega Nino Cartabellotta, presidente Gimbe, intervistato da Repubblica – la mancata adesione ai programmi di screening organizzati non avrebbe consentito di identificare: circa 10.900 carcinomi della mammella, di cui quasi 2.400 invasivi di piccole dimensioni; quasi 10.300 lesioni pre-cancerose del collo dell’utero; oltre 5.200 tumori al colon-retto; quasi 24.700 adenomi avanzati. Complessivamente si tratta di oltre 50mila lesioni, la cui identificazione avrebbe consentito di avviare il percorso per una diagnosi precoce e, ove necessario, per una terapia efficace”.

Gli screening oncologici inclusi nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), che tutte le Regioni sono tenute a offrire gratuitamente, prevedono la mammografia per le donne tra i 50 ed i 69 anni, lo screening del tumore della cervice uterina per le donne tra i 25 ed i 64 anni e quello colon-rettale per donne e uomini tra i 50 ed i 69 anni. In alcune Regioni non sottoposte a “piano di rientro”, grazie a fondi extra, le fasce di età sono state ampliate: lo screening mammografico viene esteso anche alle donne tra i 45 e i 49 anni e tra i 70 e i 74 anni e quello colon-rettale alla fascia di età 70-74.

“Il tasso di adesione agli screening – spiega il presidente Gimbe – è un indicatore che sintetizza le performance complessive dei servizi sanitari regionali sugli screening organizzati. Riflette la capacità di mantenere aggiornati i dati anagrafici della popolazione target, programmare e spedire gli inviti, promuovere campagne di sensibilizzazione pubblica e garantire l’erogazione dei test di screening”.

Eppure molte persone, soprattutto nel caso dei controlli mammografici e del tumore della cervice uterina, scelgono vie diverse da quella dello screening organizzato. “Per questi esami, però, non esistono dati oggettivi – ad esempio il tasso di identificazione dei tumori o la percentuale di positivi che si sottopongono al test di secondo livello -, né controlli standardizzati sulla qualità dei test. E non vi è alcuna certezza che, in caso di esito positivo, venga attivato un adeguato percorso diagnostico e terapeutico”.

Il presidente Gimbe sostiene che, se tanti cittadini preferiscono seguire una via diversa dallo screening organizzato, qualcosa non funziona: “È evidente che, sul fronte degli inviti, molte Regioni, in particolare del Sud, devono migliorare le proprie capacità organizzative. Ma la principale criticità rimane la scarsa adesione agli screening: servono maggiori informazioni, strategie di comunicazione efficaci e coinvolgimento attivo dei cittadini. Perché aderire agli screening organizzati significa diagnosi precoce, trattamento tempestivo delle lesioni pre-cancerose, un numero maggiore di guarigioni definitive, meno sofferenze per i pazienti, costi minori per il Ssn e, soprattutto, meno decessi per tumore”.

Redazione Nurse Times

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