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Sconfigge un linfoma e realizza il suo sogno: diventare infermiera!

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Sconfigge un linfoma e realizza il suo sogno: diventare infermiera! 1
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Un esempio straordinariamente positivo… che da forza. Forza di lottare, di non arrendersi, di andare avanti, di vincere e di realizzare i propri sogni.

È la storia di Ilenia Cocco, mamma della provincia di Nuoro, che ha sconfitto un Linfoma non-Hodgkin e ha fatto tesoro della sua esperienza di malattia… per diventare una infermiera. Ce lo racconta in una bella lettera, in esclusiva per Nurse Times.

“Questa è la mia storia.

Mi chiamo Ilenia, sono infermiera e mamma di un bellissimo bambino di 4 anni e porto in grembo il suo fratellino. Voglio iniziare a raccontare proprio da qui perché la vita dona la vita e sapete perché vi scrivo questo? Come ho già detto sono un’infermiera e ho frequentato il 1° anno presso l’Università Degli Studi di Genova e i restanti 2 anni presso l’Università Degli Studi di Sassari, ma sono stata per tanto tempo anche una paziente. Infatti, all’età di 14 anni mi è stato diagnosticato un Linfoma non-Hodgkin con successivo trapianto di Midollo Osseo e sono stata molto fortunata ad avere avuto il mio fratellino come Donatore di VITA.

Essere pazienti è un esperienza dolorosa e, quando si è bambini, adolescenti o nel bel mezzo della gioventù questa si fa sentire ancora più forte, ma se nel cammino si incontrano persone meravigliose come gli infermieri, medici, OSS, psicologi, dirigenti e tutti coloro che sono passati, in quel periodo, nella mia stanza e che erano portatori sani di sorrisi, l’esperienza della malattia si fa in qualche modo meno dura. Ebbene, dopo i primi momenti di sconforto, posso dirvi che ci si trova ad avere una forza interiore che porta a combattere per superare qualunque ostacolo.

La MIA FORZA mi ha fatto lottare e ho vinto per qualcosa di grande, PER LA VITA. Ho vinto perché sono Mamma e ho realizzato, grazie alla mia vittoria, il mio sogno di diventare infermiera! Voi vi chiederete perché, proprio infermiera? Perché l’infermiere sta a diretto contatto con il paziente e con la sua empatia deve saper trasmettere sicurezza, forza e allegria: queste sono le qualità che le mie oramai colleghe mi hanno trasmesso quando stavo lottando con la malattia.

L’Infermiere dovrebbe poter avere il tempo di instaurare un rapporto di fiducia con il paziente, proprio come è stato fatto con me, e avere la capacità di ascoltare chi in quel momento ha bisogno di attenzioni e impegnarsi a dare informazioni sempre più chiare ai pazienti e insegnare anche ai familiari come essere dei buoni care-giver. Inevitabilmente, nel mio cammino, ho incontrato alcuni infermieri “sgarbati”, ma io sono molto grata anche a loro perché, con il loro atteggiamento, mi hanno insegnato a capire come non devo essere.

Durante la mia permanenza nel reparto di Oncoematologia nasceva sempre più forte dentro di me il desiderio di poter avere cura delle persone che si trovano ad affrontare una situazione difficile come quella della malattia. Il desiderio crebbe ogni giorno di più finché i miei sogni iniziarono a prendere forma e finalmente diventai Infermiera. Lasciai la mia amata isola per inseguire il mio sogno. Più studiavo, più facevo il tirocinio e più mi rendevo conto di aver intrapreso la strada giusta e anche quella stanchezza, che la chemioterapia ti lascia come sottofondo per ricordati che tra le tue vene c’è stata, svaniva, quando entravo nei reparti, studiavo alcune materie o imparavo alcune procedure, sentendomi avvantaggiata rispetto ai miei colleghi perché dall’esperienza della malattia ho saputo cogliere le cose positive e fare bagaglio per quello che sarebbe stato il mio futuro. Imparai a leggere l’emocromo a soli 14 anni e lo insegnai ai miei compagni del liceo, perché la mia esperienza doveva portare solo “positività” nella mia vita e di coloro che mi stavano intorno. Questo è proprio quello che ognuno di noi, in qualità di operatore sanitario, dovrebbe insegnare ai pazienti, trarre beneficio dalle proprie esperienze. Invece, tutto questo, sta diventando quasi impossibile da fare poiché in questo periodo la nostra professione sta attraversando un periodo di crisi occupazionale e nelle varie strutture sanitarie il personale è sempre più ridotto al minimo, e cercare di occuparsi del paziente nella sua totalità sta diventando sempre più difficile in quanto si ci si trova costretti a dover svolgere velocemente i protocolli sanitari senza potersi occupare dell’aspetto emozionale dell’assistito.

Sarebbe auspicabile che si ponesse fine a questa situazione di carenza occupazionale in quanto la sanità dovrebbe essere ai primi posti nei disegni di uno stato in quanto questo significa mettere al primo posto l’individuo specialmente quando si trova ad essere in una situazione di svantaggio come quella di affrontare una malattia. Inoltre, noi professionisti, dovremmo poter svolgere serenamente il nostro delicato lavoro ed avere la possibilità di un aggiornamento professionale continuo in modo da essere consapevoli che al termine del turno di lavoro si è operato in tutta sicurezza e con tutta l’umanità possibile.

Al termine della mia lettera vorrei augurare a me e a coloro che la leggeranno di cogliere sempre le nuove opportunità con entusiasmo e di non perdere mai la speranza e la fiducia di fronte alle situazioni difficili. Il sacrificio fa parte del nostro amato lavoro, non finalizziamo la professione solo alla critica ma impariamo a costruire… con passione e grinta.

Ilenia Cocco, infermiera”

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Alessio Biondino

 

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