È bene soffermarsi su alcune riflessioni bioetiche circa l’interruzione volontaria della gravidanza, nonostante l’argomento richieda un’ampia trattazione in tal senso.
La bioetica intesa come scienza rivolta alla risposta di dilemmi riguardanti la pratica clinica, sta diventando sempre più una necessità viste le evoluzioni tecnologiche, le scoperte scientifiche degli ultimi decenni. L’azione medica in senso generale sta determinando un fenomeno in cui l’uomo sta avendo il predominio ed il comando sulle forze naturali, addirittura in casi estremi, tenta addirittura di avere la presunzione di considerarsi onnipotente, sfidando la natura stessa.
In merito alla diatriba bioetica sulla legittimità dell’interruzione di gravidanza, esistono diverse correnti di pensiero etico-morale: la visione liberale, quella utilitarista e quella personalista.
Secondo una Visione Liberale il feto non ha una propria autonomia per cui bisogna unicamente rispettare l’autonomia ed il libero arbitrio di chi lo ha prodotto. Compete alla persona prendere la decisione finale.
La legge 194/78 si presenta come una legge dall’etica laica, ovvero una morale laica, secondo la quale nessuna persona può essere trattata come un mezzo, quindi nello specifico questa legge consente alla donna la libertà di abortire ma anche la libertà di divenire madre. Non le si impone un determinato comportamento. Secondo questa visione bioetica, il divieto di abortire è inconcepibile. (www.bioetiche.blogspot.it)
La Consulta di Bioetica, organo italiano rappresentativo di questa scuola di pensiero bioetico, sostiene che il vero problema attuale è non la revisione in senso restrittivo della legislazione vigente, ma la sua completa attuazione. Le attività dei consultori familiari è diventata meno efficace, perché non hanno una distribuzione uniforme nel territorio nazionale. La legge avrebbe dovuto stimolare l’educazione sessuale nelle scuole, la promozione della coscienza dei metodi contraccettivi, la tutela della maternità sul piano economico e giuridico.
Molti sostengono che con l’entrata in vigore della legge 194/78 sia diminuito il ricorso all’aborto, sottacendo che è un dato comune a molti Paesi industrializzati, quindi il fenomeno risulta più legato alle trasformazioni socio-culturali dell’ultimo secolo che alla legge stessa.
Un punto qualificante la legge 194/78 è che consente l’autodeterminazione non vincolato al consenso del partner, riconoscendo l’appartenenza al corpo della donna del processo biologico. Tenendo conto dello sviluppo del prodotto del concepimento, risulta del tutto arbitrario attribuirgli il carattere di Persona, quindi la Consulta di Bioetica ritiene che la legge vigente in Italia in nessun modo risulta un attentato alla vita, ma porta avanti il dibattito culturale sulla necessità di forme di educazione della sessualità e della generazione responsabile. (www.consultabioetica.org)
La Visione Utilitarista, non si discosta molto da quella liberale le differenze sono sottili e riguardano i principi fondanti del pensiero: il diritto all’aborto deve essere concesso senza alcuna restrizione in quanto il feto non può provare piacere e dolore, quindi il piacere o benessere è il massimo principio di Utilità. Il feto non è una persona, solo dopo la 18^settimana il feto prova dolore ma la decisione della donna prevale su di esso. L’aborto è legittimato per minimizzare il danno causato da aborti clandestini.
Contrariamente, la Visione Personalista, ispirata dal Personalismo ontologicamente fondato, ritiene che la dignità della persona deve essere rispettata sin dal suo concepimento. L’embrione è vita umana e merita rispetto e tutela, per cui la pratica di interruzione volontaria della gravidanza è considerato omicidio. Sicuramente quest’ultima visione trova fondamento nel Magistero cattolico, ma consente di scindere l’aborto dal concetto di reato morale nella misura in cui vi sono eccezioni che la stessa Chiesa riconosce come “eccezioni”. Secondo la Chiesa l’embrione è frutto dell’unione e dell’amore, indi per cui, lo stupro, la fecondazione sotto incapacità di volere, la violenza ed in presenza di terapie per la donna che risultano dannosi per il feto, rappresentano condizioni di legittimità per procedere all’interruzione della gravidanza.
L’aborto è un delitto orribile perché colpisce l’innocente che non può difendersi, non senza conseguenze sulla madre, fisiche e psichiche. Dal punto di vista prettamente biologico, la fusione dei gameti, maschile e femminile, danno inizio ad una nuova vita. Contrariamente alle teorie pre embrionali, che considerano lo zigote non Persona, si può affermare che le cellule totipotenti sono diverse da quelle che le hanno generate, quindi godono di una loro identità. Seppur non si sono formati ancora gli organi, queste cellule contengono già le future caratteristiche dell’individuo nascente (altezza, timbro della voce, colore degli occhi, ecc.). Quindi secondo questa visione il nuovo codice genetico rappresenta già una Persona e come tale i suoi diritti, non escluso il Diritto alla vita. (www.gesumaria.it)
Sulla base di quanto la bioetica internazionale discute, nelle sue diverse forme e secondo i diversi principi fondanti, bisogna attivare una valutazione nelle diverse realtà italiane, dove l’interruzione volontaria della gravidanza viene praticata.
Medici e sanitari possono espletare la loro attività clinica secondo una propria morale e fede, quindi possono avvalersi dell’Obiezione Di Coscienza, nel caso ritengano l’aborto contrario alle proprie convinzioni. Per ragioni etiche o morali, medici e ausiliari individuati in maniera specifica (medici di fiducia, medici generalisti, dipendenti, anestesisti, ostetriche, infermieri) possono obiettare cioè rifiutarsi di adempiere ad un obbligo di legge quale l’interruzione della gravidanza con apposita dichiarazione comunicata al medico provinciale. (www.dirittierisposte.it) È anche vero però che il sanitario in genere non può rifiutarsi di procedere alla pratica abortiva quando la vita della donna è in imminente pericolo. Sono escluse dal diritto di rivendicare l’obiezione di coscienza tutte le attività di assistenza del pre e post aborto.
Parlare di obiettori di coscienza e non, è alquanto riduttivo e non consente di avere un approccio equilibrato riguardo ad un tema tanto sensibile e discutibile.
I Comitati Etici dovrebbero farsi carico della responsabilità di stilare delle linee guida generiche ma che consentano di valutare la moralità delle scelte compiute, considerando diversi fattori: i diritti ed i doveri del feto, della donna, della coppia, dell’operatore sanitario e della società.
Non dimentichiamo che l’infermiere compartecipa all’azione…le riflessioni bioetiche sono in cerca di concreta attuazione clinica!
Maurizio Limitone
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