Il Nord Italia, e soprattutto regioni come Toscana, Emilia Romagna e il Veneto, presentano Reti oncologiche che garantiscono una presa in carico rapida per i pazienti con tumore e garantiscono anche la prossimità delle cure. Il Sud e alcune Regioni del Centro, come Calabria e Marche, mostrano invece forti ritardi nell’integrazione ospedale-territorio e accesso limitato alle cure in prossimità.
La conseguenza di questa disomogeneità è che due pazienti con la stessa patologia possono ricevere trattamenti molto diversi in base alla regione di residenza. È quanto emerge dalla sesta indagine nazionale condotta dall’Agenas (vedi allegato), che ha analizzato il livello di attuazione delle Reti oncologiche regionali attraverso i dati raccolti nel 2023.
“Rimangono da supportare Calabria, Molise, Marche, Basilicata e Sardegna, in in cui – si legge nell’indagine Agenas – appaiono evidenti, anche dalla mobilità e dall’incompleta risposta al soddisfacimento della domanda interna dei pazienti residenti, i margini di miglioramento”.
L’indagine ha preso in esame i sette tumori più diffusi (mammella, colon, retto, polmone, prostata, ovaio e utero), valutando parametri come il numero di ricoveri effettuati entro 30 giorni dalla prenotazione e l’accessibilità ai trattamenti di chemio e radioterapia entro 60 minuti o 100 chilometri dal domicilio del paziente. Le Reti oncologiche regionali, spiega il report di monitoraggio, “presentano differenze significative nella presa in carico dei pazienti, nei tempi di accesso alle cure e nella prossimità dei servizi”.
Reti oncologiche: un’Italia a due velocità
Netta è la differenza tra regioni “totalmente performanti” (Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte/Valle d’Aosta, Veneto e Lazio) e regioni in cui il raggiungimento della performance è “legato più alla produttività di singoli centri anche se tuttavia non integrati in un sistema di rete” (Lombardia e Friuli Venezia Giulia). Migliorano, rispetto al 2022, le reti oncologiche di Campania, Umbria, Abruzzo, Puglia, Friuli Venezia Giulia. Stabile la situazione di Liguria, Sicilia, Bolzano e Trento.
L’adesione della popolazione agli screening oncologici migliora, ma rimane bassa, con “valori sotto le soglie ottimali”, persistenti “criticità” e frammentazione territoriale. Nel 2024 sei regioni non superano la soglia minima di copertura del 35% della popolazione per la mammografia. Per lo screening del tumore del colon retto, 7 regioni non arrivano al 25% di copertura minima.
Per lo screening alla cervice uterina questa soglia non è raggiunta da 3 regioni. Le migliori performance sono quelle di Trento, Toscana, Emilia Romagna, Umbria, Veneto, Piemonte e Bolzano. Mentre Campania, Sicilia e Puglia restano tra le regioni con adesione più bassa. Mancano i dati di Calabria e Sardegna, che li stanno inviando in questi giorni.
Nello specifico, il monitoraggio evidenzia che per lo screening alla mammella il target del raggiungimento di un’adesione almeno al 35% della popolazione femminile che riceve l’invito è raggiunto da 15 regioni, con il valore più alto nella Provincia autonoma di Trento, pari quasi al 73%, seguito dall’Emilia Romagna con il 67%. Sottosoglia la Basilicata (in calo e si ferma a 33%), la Campania (che cresce ma non va oltre il 32%), la Puglia e la Sicilia (rispettivamente con il 34 e il 29%).
Per lo screening al colon retto l’obiettivo è il raggiungimento del 25% di copertura, come effettivamente fatto da 14 regioni. Non lo hanno invece raggiunto l’Abruzzo che si ferma al 24%, la Campania al 14% il Lazio al 22%, la Puglia al 5%, la Sicilia al 14%. A cui si aggiungono Calabria e Sardegna di cui il report non riporta i dati. Per il tumore alla cervice uterina, 18 regioni raggiungono il target del 25% di adesione, mentre la Pa di Bolzano si ferma il 13%. Anche in questo caso i dati di Calabria e Sardegna non sono riportati.
Complessivamente il Nord ha performance più elevate, con adesione allo screening mammografico al 55%, al colon retto al 42% e alla cervice al 45%. Al Centro l’adesione è più bassa (47%, 29%, 41%). Al Sud è molto critica (36%, 15%, 34%), con performance lontane dagli standard nazionali.
ALLEGATO: Report Agenas
Redazione Nurse Times
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