Il papillomavirus virus (Hpv) è responsabile di 7.500 tumori all’anno in Italia e può anche compromettere la fertilità, soprattutto maschile. Nonostante la possibilità di prevenirlo attraverso screening regolari e una più ampia copertura vaccinale tra i giovani, l’adesione ai programmi resta ancora insufficiente.
Se ne è parlato al Senato, in occasione del convegno “L’impegno per un’Italia libera dall’Hpv: tutelare la fertilità ed eliminare i tumori prevenibili”, su iniziativa del senatore Guido Quintino Liris, con la partecipazione delle associazioni e fondazioni firmatarie del Manifesto per l’eliminazione dei tumori correlati al papillomavirus.
“Il papilloma virus è pericoloso fattore di rischio oncologico dal quale però possiamo difenderci – spiega Alessandra Fabi, consigliere nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) -. E’ un patogeno che viene trasmesso durante tutti i rapporti sessuali non protetti. Non deve essere considerato solo un problema femminile perché determina, sia negli uomini che nelle donne, l’88% dei tumori dell’ano e il 30% di quelli dell’orofaringe, cavo orale e laringe. Tutte malattie curabili quando vengono trattate tempestivamente in modo adeguato. Va incrementata la partecipazione agli screening e in tutte le Regioni sono già attivi programmi gratuiti”.
Tra i maschi in Italia è il papilloma virus la principale causa ogni anno di oltre 2.400 casi di cancro e 3.mila decessi. La prevalenza del Dna dell’Hpv nello sperma è quasi doppia tra i pazienti infertili (20%) rispetto al resto della popolazione (11%).
“In Italia il vaccino è ormai disponibile gratuitamente da molti anni sia per i maschi che per le femmine – dichiara Enrico Di Rosa, presidente della Società Italiana d’Igiene (SItI) -. Eppure i dati sulle immunizzazioni sono insoddisfacenti e lontani dagli obiettivi prefissati dalle istituzioni sanitarie internazionali. Tra le femmine per le coorti tra il 2009 e il 2003 siamo a poco più del 70%. Si registrano dati peggiori fra i maschi delle coorti 2004-2003 dove i tassi scendono addirittura sotto il 20%. Proprio per i giovani uomini vanno previste attività informative specifiche”.
Per Annalisa Calabrò, professoressa di Igiene e sanità pubblica all’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, “la vaccinazione ‘opportunistica’ in occasione dello screening organizzato e l’estensione del diritto a tutte le donne tra i 26 e i 45 anni, indipendentemente dal setting di offerta, rappresentano strategie di grande rilevanza che meritano un’attenta valutazione da parte dei decisori”.
Redazione Nurse Times
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