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Osteoporosi, un nuovo modello assistenziale di Case Management previene il rischio di fratture

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Si stima che oltre 500mila italiani ogni anno, di età compresa tra i 65 e gli 85 anni, subiscano una frattura da fragilità, ovvero la rottura delle ossa (generalmente polso, omero, vertebre e femore) causate dall’osteoporosi, malattia che si rende più evidente con l’avanzare dell’età.

Più la popolazione invecchia e aumentano i grandi anziani, più crescono i numeri dei ricoveri in urgenza per questo tipo di fratture. Un’emergenza che gli ospedali sono chiamati a gestire in quanto ha un forte impatto sia sociale sia sui costi della sanità. Questo tipo di fratture, infatti, può portare a disabilità gravi e permanenti, se non alla morte del paziente.

Non solo, i soggetti che hanno avuto una frattura da fragilità sono maggiormente esposti al rischio di eventi futuri, come spiega il dottor Massimo Varenna, direttore dell’Unità operativa complessa di Osteoporosi e malattie metaboliche dell’osso dell’Asst Gaetano Pini-CTO di Milano: “Il riconoscimento della fragilità scheletrica è fondamentale per identificare il rischio di frattura del paziente e per applicare interventi terapeutici corretti, allo scopo di prevenire il peggioramento del quadro clinico, inteso come incidenza di nuove fratture. Il rischio di una nuova frattura da fragilità nei successivi 12-24 mesi è infatti fino a 5 volte maggiore dopo il primo evento. Tra queste, la frattura di femore è quella che merita particolare attenzione perché il rischio di mortalità è più elevato”.

Solo le fratture di femore, la maggior parte delle quali dovute alla fragilità ossea del paziente, all’ASST Gaetano Pini-CTO sono circa 800 ogni anno, la quasi totalità delle quali è gestita entro le 48 ore dall’evento. Per fornire una risposta adeguata ai pazienti e per rispondere alla richiesta di Regione Lombardia di occuparsi in modo più efficace della prevenzione delle fratture da fragilità, l’Asst Gaetano Pini-CTO ha implementato il nuovo modello organizzativo-assistenziale, con il sostegno della Uos Gestione cronicità e processi integrati e della direzione aziendale delle Professioni sanitarie e sociosanitarie (DAPSS), che mette al centro i pazienti con cronicità e fragilità.

“Il percorso prevede l’identificazione, il trattamento e il monitoraggio di pazienti con frattura di femore prossimale da fragilità attraverso un approccio multidisciplinare che vede la cooperazione di più figure specialistiche – spiega il dottor Varenna – Grazie a questo nuovo modello organizzativo che mette in atto strategie già ampiamente utilizzate all’estero che hanno portato a risultati comprovati, parliamo del Fracture Liaison Service (FLS), si migliora la qualità della vita del paziente a cui è garantita una maggiore appropriatezza diagnostica- terapeutica-assistenziale”.

Il modello prevede anche la presenza di un infermiere specializzato (Case Manager), incaricato di individuare i pazienti a rischio – utilizzando strategie di case finding – e di coordinarne l’assistenza garantendo un monitoraggio continuo e un trattamento adeguato a lungo termine.

I pazienti che entrano in questo percorso presentano una frattura di femore prossimale secondaria a trauma minore (per esempio caduta dal letto o da seduto, da posizione eretta o da un’altezza minima, cioè meno di due gradini). Il paziente accede al Pronto soccorso ed è ricoverato in uno dei quattro reparti di ricovero per le fratture da fragilità. Si attiva quindi il Programma H48, ovvero un protocollo che prevede che il paziente esegua esami ematochimici, ECG e visita anestesiologica in Pronto soccorso entro 4 ore e sia sottoposto a intervento chirurgico entro 48 ore.

Alla dimissione post-intervento, i pazienti eleggibili sono trasferiti presso la sede del Dipartimento di Riabilitazione dell’ASST Gaetano Pini-CTO, il Polo Riabilitativo Fanny Finzi Ottolenghi, diretto dal prof. Antonio Frizziero, dove con i medici fisiatri e i fisioterapisti iniziano il programma di riabilitazione. Incontrano inoltre il Bone Specialist, ovvero il medico reumatologo esperto nella gestione dei pazienti con malattie del metabolismo minerale e osseo.

“Il Bone Specialist – spiega Varenna – valuta gli accertamenti clinici, di laboratorio e strumentali che il paziente ha già effettuato nel suo iter ortopedico/fisiatrico che andranno integrati alla valutazione specialistica finalizzata a quantificare il rischio di frattura. Sulla base dei risultati ottenuti, impostiamo il trattamento terapeutico più adeguato, tra una terapia farmacologica domiciliare oppure infusiva con la collaborazione del personale infermieristico. È previsto poi un follow-up per valutare la risposta alla terapia”.

Perché sia veramente efficace e funzionale questo modello non può prescindere dalla creazione di una rete assistenziale che collega l’ambito ospedaliero, il territorio e il domicilio del paziente, coinvolgendo non solo il medico di medicina generale, ma anche le strutture riabilitative territoriali e gli ospedali di comunità dove le diverse professioni sanitarie (infermiere di famiglia e di comunità, fisioterapista, personale medico specialistico operante sul territorio) contribuiscono a strutturare la continuità assistenziale del paziente anziano con frattura femorale da fragilità. È previsto, infine, un coinvolgimento diretto del paziente in un percorso educazionale mirato a evitare comportamenti in grado di incrementare il rischio di una nuova frattura.

“Questo nuovo modello organizzativo rappresenta un importante passo avanti nella presa in carico globale del paziente anziano con frattura da fragilità – conclude la dottoressa Rossana Giove, direttore sociosanitario dell’Asst Gaetano Pini-CTO -. Mettere al centro la persona significa garantire non solo cure tempestive e appropriate, ma anche un accompagnamento lungo tutto il percorso assistenziale, dall’ospedale al ritorno a casa. È fondamentale costruire una rete integrata tra ospedale, territorio e domicilio, affinché la continuità delle cure sia reale e concreta. Il nostro obiettivo è migliorare la qualità della vita dei pazienti più fragili, prevenendo nuove fratture e favorendo il recupero funzionale e l’autonomia”.

Redazione Nurse Times

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