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Omotransfobia: le misure di contrasto del Ddl Zan

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Omotransfobia: le misure di contrasto del Ddl Zan
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Rilanciamo un approfondimento di Openpolis sul disegno di legge che combatte le discriminazioni riferite all’identità di genere e la disabilità.

Nelle ultime settimane il cosiddetto Ddl Zan, la proposta di legge che prevede l’introduzione nel nostro ordinamento di misure di contrasto a omofobia, transfobia e altre discriminazioni riferite all’identità di genere e la disabilità, è tornato prepotentemente al centro del dibattito. Dopo essere stato approvato alla Camera nel novembre scorso, infatti, adesso la proposta deve concludere il proprio iter al Senato.

Prima di approdare in aula però il provvedimento deve essere discusso e approvato nella commissione di Palazzo Madama competente per materia. Cioè la commissione giustizia presieduta dall’esponente della Lega, Andrea Ostellari. E proprio il Carroccio, fortemente contrario al provvedimento, ha cercato tramite il proprio senatore di rallentarne il più possibile l’iter rinviandone la calendarizzazione. Una situazione di stallo che si è sbloccata solo nei giorni scorsi grazie al voto della maggioranza dei membri della commissione.

Giudicata una legge divisiva da alcuni, liberticida da altri o inutile da altri ancora, il percorso per arrivare all’approvazione di questa proposta di legge pare essere ancora molto lungo e ricco di ostacoli. In questo approfondimento cercheremo di capire meglio quali sono i contenuti di questa proposta, quali sono i suoi obiettivi e se presenta delle criticità.

Lo spirito della legge – Negli ultimi anni l’utilizzo di parole d’odio, specie online, è diventato un fenomeno dalle proporzioni preoccupanti. Secondo alcuni studi infatti quando personaggi influenti adottano linguaggi d’odio, incoraggiando forme di violenza e discriminazione, questo fenomeno può portare anche a gravi conseguenze per le vittime.

In Europa queste dinamiche sono oggetto di monitoraggio da diversi anni. L’istituzione più attiva nel contrasto ai discorsi d’odio è il Consiglio d’Europa (Coe, organo di cui fanno parte 47 stati tra cui l’Italia). Questa organizzazione ha lanciato diverse iniziative e campagne di sensibilizzazione ed ha promosso la creazione di una “Alleanza contro l’odio” europea. Un invito che l’Italia ha raccolto nel 2016 con l’istituzione della commissione parlamentare Jo Cox.

Il Coe ha anche adottato un protocollo riguardante gli atti di razzismo e xenofobia commessi attraverso la rete. Convenzione che l’Italia ha firmato ma non ha ancora ratificato. Nonostante queste iniziative però secondo l’Eurobarometro speciale 2019 fenomeni di discriminazione sarebbero percepiti in maniera molto più marcata nel nostro paese che nel resto d’Europa. Secondo il rapporto infatti i pregiudizi maggiori ancora oggi si ritrovano nelle discriminazioni etniche e razziali ma sono molto forti anche quelle legate all’identità di genere.

Ad oggi, in Italia non esiste una legislazione specifica a tutela delle persone vittime di cimini d’odio legate a quest’ultima fattispecie. A confermarlo è un report dell’agenzia europea dei diritti fondamentali (Fra) pubblicato nel 2020. Il Disegno di legge Zan (che prende il nome dal deputato del Pd, Alessandro Zan, relatore del testo approvato alla camera) vorrebbe sanare questa lacuna.

Cosa prevede il Ddl Zan – Tra i detrattori della proposta di legge c’è chi la ritiene inutile poiché sostiene che le misure per punire i crimini d’odio siano già previste nel codice penale. Altri invece la ritengono una norma che andrebbe a limitare la libertà di espressione garantita dall’articolo 21 della costituzione. Ma che cosa dice esattamente il testo approvato alla camera?

Il testo della proposta di legge (che durante il suo iter ha assorbito altri ddl simili) non introduce nuovi reati nel nostro ordinamento ma estende pene già previste per altre fattispecie – come l’odio razziale o religioso – anche ai crimini d’odio legati all’orientamento sessuale o alla identità di genere oltreché verso i disabili. Sa da un lato è quindi vero che le pene erano già previste, dall’altro le norme non tutelavano le vittime di queste tipologie di violenza. Per questo il ddl Zan prevede la modifica di 6 norme del nostro ordinamento. Si tratta in particolare di:

  • articolo 604 bis del codice penale;
  • articolo 604 ter del codice penale;
  • decreto legge 122/1993 convertito con modificazioni;
  • articolo 90 quater del codice di procedura penale;
  • decreto legislativo 215/2003;
  • articolo 105 quater del decreto legge 34/2020 convertito con modificazioni.

Tra le modifiche più rilevanti, quella dell’articolo 604 bis del codice penale che prevede la reclusione fino a quattro anni per l’autore del reato nei casi in cui venga appurata la propaganda o l’istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica o religiosa. Il ddl Zan amplia il campo di queste fattispecie anche a discriminazioni fondate “sul sesso, sul genere, sull’orienta­mento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità“. Le stesse fattispecie sono poi aggiunte anche all’articolo 604 ter c.p. che prevede un aggravamento della pena nei casi in cui l’autore del reato intenda agevolare l’azione di organizzazioni che tra le loro attività prevedono l’istigazione all’odio e alla discriminazione.

Un’operazione simile è stata effettuata anche per quanto riguarda l’articolo 90 quater del codice di procedura penale il quale prevede che, nella valutazione complessiva delle vicende, venga anche considerata la condizione di particolare vulnerabilità della vittima. Anche in questo caso, il ddl Zan andrebbe ad aggiungere a questa condizione elementi legati al sesso, al genere, all’orientamento sessuale o identità di genere.

Un altro elemento interessante è l’introduzione, prevista dall’articolo 7, della giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia. Si tratta di una giornata che viene celebrata a livello internazionale già dal 2005 il 17 maggio di ogni anno e che ricorda la rimozione da parte dell’organizzazione mondiale della sanità dell’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali. Tale ricorrenza veniva già celebrata anche in Italia attraverso un messaggio da parte delle più alte cariche dello stato come il presidente della repubblica. Ciò che il ddl Zan prevede su questo fronte è semplicemente l’impegno per le scuole e le altre amministrazioni pubbliche a realizzare iniziative di sensibilizzazione sul tema della tolleranza.

Un ultimo elemento riguarda la destinazione di fondi a favore di centri a sostegno delle vittime di violenza motivate da orientamento sessuale e identità di genere, per prestare assistenza legale, sanitaria, psicologica, e anche vitto e alloggio. Tale somma era già stata prevista all’interno del Decreto Rilancio del 2020. La modifica apportata dal ddl in questo caso prevede l’estensione di queste risorse a tutte le vittime di reati rientranti nel nuovo articolo 604 bis del codice penale che abbiamo già visto.

Le critiche al provvedimento – Questa proposta di legge ha scatenato ampi dibattiti e polemiche. Sono molte infatti le critiche  mosse al testo approvato alla camera. Tra le principali osservazioni c’è anche quella secondo la quale tale norma sarebbe inutile poiché le tutele contro questo tipo di reati sono già previste nel nostro ordinamento.

Come abbiamo visto però si tratta di una critica poco corretta. Infatti è vero che ci sono già leggi che prevedono delle pene contro i reati d’odio. Queste però non contemplano esplicitamente che tali reati possano essere estesi anche all’omotransfobia. Stesso ragionamento vale anche nel caso delle aggravanti legato al sostegno ad associazioni dedite all’istigazione all’odio e alla violenza. Lacune che il Ddl Zan andrebbe a colmare.

Un’altra critica avanzata alla proposta è quella di essere una “legge liberticida“. Un’accusa mossa anche da una parte importante del mondo cattolico, da sempre contrario al riconoscimento di pari opportunità, in termini ad esempio di matrimonio e adozione per le coppie omosessuali. Chi sostiene questa tesi afferma che il Ddl Zan causerebbe un grave limite alla libertà di espressione di simili posizioni. In realtà, però, come abbiamo visto, nel ddl questi temi non vengono affrontati. Inoltre l’articolo 4 del testo approvato alla camera prevede una specifica clausola a tutela del pluralismo delle idee.

Un’ultima critica mossa al provvedimento, fonte di preoccupazione anche per molti cittadini che hanno chiesto chiarimenti nella nostra sezione checknews, è che questa possa rappresentare un primo passo verso l’introduzione nelle scuole dell’insegnamento delle cosiddette “teorie gender”.

In realtà però nel testo approvato non viene fatto alcun riferimento all’introduzione nei programmi scolastici dell’insegnamento di queste teorie. L’unico riferimento alla scuola fatto dal Ddl Zan è quello dell’articolo 7 in cui alle istituzioni scolastiche, così come alle altre pubbliche amministrazioni, viene richiesto di organizzare iniziative di sensibilizzazione in occasione della giornata del 17 maggio.

L’iter del provvedimento – Fin qui abbiamo visto quali sono i contenuti del ddl Zan ma a che punto è l’iter parlamentare per la sua approvazione? Come abbiamo già detto la proposta di legge è già stata approvata alla camera lo scorso 4 novembre. All’epoca il provvedimento fu adottato con 265 voti favorevoli e 193 contrari.

Non è possibile conoscere nel dettaglio come votarono i singoli deputati in quell’occasione dato che la votazione avvenne con scrutinio segreto. Tuttavia su questo tema si sono formati dei raggruppamenti trasversali. Se da un lato infatti una parte del centrodestra si è schierata a favore del provvedimento, dall’altra una parte significativa del mondo femminista non ha lesinato critiche, in particolare all’articolo 1. Che fornisce alcune definizioni come quella di “genere” e di “identità di genere”.

Al di là di queste critiche il provvedimento adesso deve passare all’esame del senato. Il primo passaggio necessario da questo punto di vista è rappresentato dalla discussione all’interno della commissione competente per materia. Che a palazzo madama è la numero 2, giustizia, presieduta dall’esponente della Lega, Andrea Ostellari. Qui l’iter del provvedimento si è arenato.

Il presidente di commissione ha infatti un ruolo di primo piano nella definizione del calendario dei lavori e di conseguenza nella scelta delle proposte di legge da trattare. Secondo l’articolo 29 del regolamento del senato infatti il calendario dei lavori viene definito nell’ambito dell’ufficio di presidenza. In quest’organo ristretto, la destra oltre ad esprimere il presidente ha anche uno dei due vicepresidenti: il senatore di Fdi, Alberto Balboni. Due membri importanti di questo ufficio quindi appartengono a partiti apertamente contrari alla proposta di legge.

Ostellari ha più volte rinviato la calendarizzazione del provvedimento dato che il suo partito lo definisce “divisivo” per la maggioranza e non urgente. La situazione si è sbloccata solo pochi giorni fa. Una nota al già menzionato articolo 29 infatti stabilisce che, in caso di mancanza di accordo tra le forze politiche sulla definizione dei lavori, questa dovrà essere discussa da tutta la commissione. E proprio grazie al voto dell’assemblea (13 favorevoli a fronte di 11 contrari) si è potuto procedere alla calendarizzazione.

Nonostante ciò, l’iter del provvedimento è tutt’altro che in discesa. Ostellari infatti ha mantenuto per sé l’incarico di relatore. Si tratta di una prassi insolita ma che rientra nei poteri del presidente della commissione. L’articolo 41 comma 2 del regolamento di palazzo Madama afferma infatti che il ruolo di relatore spetta al presidente o ad un senatore da lui stesso delegato. Solitamente il presidente di commissione delega un altro membro come relatore. Ma la decisione di Ostellari di mantenere per sé questo incarico è del tutto legittima.

L’esponente leghista dunque eserciterà un doppio “ruolo chiave” nei confronti del provvedimento. Non solo infatti in quanto presidente di commissione definirà l’ordine del giorno delle sedute ma, come relatore, diventa di fatto il “regista politico” del provvedimento. Questo può rallentare non poco i lavori.

Per quanto i poteri del presidente e del relatore non siano illimitati, questa doppia posizione espressa da un senatore apertamente contrario al provvedimento può dunque allungare anche di molto i tempi dell’iter. Come abbiamo visto infatti sono stati necessari diversi mesi solo per procedere alla calendarizzazione della discussione. Ostellari ha fatto sapere che avrà bisogno di alcune settimane per presentare la sua relazione. Probabilmente dunque dovrà passare ancora molto tempo prima che venga presentato il documento da cui potrà partire la discussione vera e propria.

Redazione Nurse Times

Fonte: Openpolis

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