La quota annuale di iscrizione all’Ordine degli infermieri è a carico del datore di lavoro, presso le cui strutture il dipendente infermiere lavora in regime di contratto di esclusività.
La struttura sanitaria deve anche sostenerne i costi di iscrizione. In altre parole, la tassa di iscrizione all’albo – obbligatoria e finalizzata all’esercizio professionale – grava sul datore di lavoro, in quanto gli infermieri sono da considerarsi dipendenti pubblici a tutti gli effetti, ed essendo anche tenuti all’iscrizione all’albo professionale, sarà quindi l’azienda sanitaria pubblica a dover fronteggiare i costi dell’iscrizione.
A stabilirlo è stata la sentenza della Corte d’Appello di Trieste, dando ragione a 215 infermieri che avevano presentato un ricorso al tribunale di Pordenone attraverso il proprio sindacato Nursind.
L’iscrizione all’albo degli infermieri è subordinata al godimento dei diritti civili, al possesso del prescritto titolo ed all’abilitazione all’esercizio professionale in Italia. Inoltre occorre avere la residenza o il domicilio o esercitare la professione di infermiere nella circoscrizione dell’Ordine.
Obbligo, quindi, di iscrizione all’albo e diritto al rimborso della relativa spesa da parte della Pubblica amministrazione in cui l’infermiere lavora a tempo pieno e indeterminato, ma soprattutto in regime di esclusività.
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