“Se un medico lavora diverse ore in più al mese e poi deve stare a casa a riposo, visto che ogni medico accumula in media circa 20 ore in più al mese, magari perché lavora nel weekend o fa i turni di guardia, che sono obbligatori, significa che, quando tutti i medici si metteranno a recuperare le ore extra, chiuderemo gli ospedali alle 2 del pomeriggio”.
Parola di Maurizio Viecca, primario cardiologo all’ospedale Sacco di Milano, in un’intervista all’Agi si fa portavoce di un pensiero ricorrente tra gli addetti ai lavori: se le regole sugli orari dei medici dirigenti saranno applicate alla lettera, l’ospedale non migliorerà. Anzi, andrà in affanno con le liste d’attesa e l’utenza si rivolgerà al privato. In altreb parole, non si può garantire il rispetto degli orari senza aumentare il personale. L’alternativa è pagare gli straordinari, oggi “versati solo in casi particolari”.
Il nuovo Contratto dei medici ospedalieri 2019-2021 stabilisce regole importanti sull’orario di lavoro ordinario. L’articolo 43 fissa la durata in 36 ore settimanali distribuite su 5 giorni da 7 ore e 12 minuti o in 6 giorni da 6 ore l’uno. Se il lavoro è articolato in turni da 12 o 24 ore, la turnazione va formalizzata entro il 20 del mese prima, o in alternativa con calendari plurisettimanali ed annuali sotto le 36 ore medie a settimana, comprensivi di periodi “light” entro le 28 ore/settimana ed altri di massimo 4 mesi con orari fino a 44 ore/settimana. Le 11 ore consecutive giornaliere di riposo, se non fruite per intero, vanno completate se non subito dopo il servizio reso, nei successivi 3 giorni (non più 7) “fino al completamento delle 11 ore di riposo”.
“Giustamente le amministrazioni saranno obbligate a rispettare la nuova regola – dice Viecca –. Pensiamo se un paziente dovesse morire per un’ipotetica colpa medica. Interverrebbe la Procura ipotizzando che ciò sarebbe avvenuto perché il medico non ha riposato abbastanza ove non avesse rispettato la regola del riposo. Ebbene, i danni di questa novità non li vedremo subito ma a mano a mano che si accumuleranno i riposi”. Viecca suggerisce di far restare, su base volontaria, i medici pensionati, dando loro il Tfr e “uno stipendio normale, ovviamente senza i contributi”.
Sul tema è intervenuto anche Pierino Di Silverio, segretario nazionale di Anaao Assomed, che a Doctor 33 ha dichiarato: “Le liste di attesa sono dovute, come sancito anche recentemente dalla Corte dei Conti, alla carenza del personale e non rappresentano il problema, ma l’effetto dello smantellamento del Ssn avvenuto negli ultimi 20 anni. Il rispetto del riposo, sancito in Italia dalla Legge n. 161 del 30 ottobre 2014, che ha recepito la direttiva europea, è un diritto del lavoratore inalienabile e nel Servizio sanitario salvaguarda lo stato di benessere psicofisico dei medici a garanzia anche dei pazienti e della sicurezza delle cure. Il riconoscimento di questo diritto, acquisito dopo decennali battaglie, deve rimanere un caposaldo”.
E ancora: “L’obbligo di applicare la normativa europea ha fatto emergere la verità che da tempo, inascoltati, denunciamo. Cioè che in tutti questi anni di tagli lineari, di blocco del turn over per i piani di rientro, di pensionamenti e gravidanze non sostituite, di deregulation selvaggia dei modelli organizzativi e dell’orario di lavoro, di svilimento dei contenuti professionali attraverso il taglio delle strutture operative e la precarizzazione violenta del lavoro medico e infermieristico, il Ssn è stato tenuto in piedi grazie allo spirito di sacrificio e al senso di responsabilità dei suoi operatori, che si sono fatti carico di condizioni di lavoro penose, gravose e rischiose effettuando una quantità impressionante di ore di lavoro eccedenti il dovuto, valutabili in circa 10 milioni ogni anno per i soli medici ospedalieri. Ore che mai saranno retribuite o recuperate. Se diciamo che ogni medico lavora tuttora, mediamente, per 14 mesi all’anno non andiamo lontano dalla verità. Quindi non sono certo i professionisti a lavorare troppo poco!”.
Roberto Carlo Rossi, presidente di Omceo Milano, non è distante dal pensiero di Di Silverio, ma per lui la provocazione di Viecca coglie nel segno: “Il rispetto degli orari di lavoro fissato dal contratto ospedalieri è una norma sacrosanta, ma se gli organici sono sotto il 50% come avviene in molti reparti in Lombardia – al punto che l’assessore Bertolaso va in Sud America a cercare medici – è doveroso accompagnare l’applicazione della normativa europea con l’abolizione dei tetti al personale nel Ssn”.
Per Rossi le assunzioni in ospedale sono lo step prioritario e ineludibile: “L’ospedale fa una medicina del ‘fotogramma’, offre specifiche prestazioni chieste su input del collega del territorio. È chiamato ad aumentare i volumi di attività e ad assumere di conseguenza. La medicina generale fa una ‘medicina del film’, è chiamata a costruire una continuità di cura per i pazienti cronici. Qualcuno pensa che possiamo fare diagnosi di laboratorio ed imaging sostituendoci al Ps, ma restiamo orientati sulla soluzione di problematiche non urgenti. Le nostre urgenze sono al 90% burocratiche e per il resto legate a coliche renali ed epatiche, addominali, crisi ipertensive o respiratorie in Bpco”.
Sempre Rossi: “Per affrontare il lavoro in più forse basterebbe avere i medici di assistenza primaria di dieci anni fa. Ma le regioni un po’ confondono le carte. Creano centri per lo screening dei codici bianchi e verdi – i Cau emiliano romagnoli – e li riempiono di colleghi usciti dal triennio. Inoltre media e politica continuano falsamente a dire che il medico di famiglia è ricco e lavora 15 ore a settimana. Non si capisce che molti colleghi se ne sono andati anzitempo perché oberati di lavoro. E i giovani, vista l’antifona, non si avvicinano alla professione. Urge insegnare a scuola l’educazione sanitaria. Servirebbe a informare i giovani cittadini sull’apporto della prevenzione nel ridurre l’impatto delle malattie e sull’uso intelligente dei servizi sanitari”.
Redazione Nurse Times
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