Nuove frontiere dell’assistenza infermieristica: Nursing & Martial Arts, un connubio vincente nella lotta alla Fibrosi Cistica in età pediatrica
Introduzione
Il presente elaborato è la sintesi di una tesi di laurea in infermieristica dell’Università di Bari, polo Taranto Marina Militare, dove sono presentate delle nuove frontiere in cui l’assistenza infermieristica può spingersi per raggiungere le sue finalità, quelle di garantire livelli di salute più elevati alle persone.
Il lavoro ha lo scopo di presentare un abito dell’assistenza infermieristica, purtroppo ancora poco esplorato e conosciuto, ovvero il connubio possibile tra le Arti Marziali e l’Assistenza Infermieristica.
Nonostante possano sembrare due ambiti del tutto divergenti, in realtà, è possibile sintetizzarli in tre parole, ossia: “Martial Arts Therapy”.
La Martial Arts Therapy viene utilizzata come terapia complementare alle tradizionali psicoterapie e/o terapie farmacologiche, soprattutto nel paziente pediatrico. Attualmente la Ricerca ha evidenziato effetti terapeutici positivi riguardanti la sfera fisica ed emozionale, si è visto che queste discipline aiutano i piccoli pazienti ad avere un miglior controllo emotivo.
Le Arti Marziali sono un insieme di pratiche fisiche e mentali legate al combattimento, nonché un metodo scientifico estremamente valido per far sì che i piccoli recuperino un rapporto positivo con il proprio corpo. Esse consentono al bambino di avere un maggior autocontrollo, garantiscono la salute fisica, la meditazione, il controllo della respirazione e sono fondamentali per acquisire confidenza con il proprio corpo, sicurezza nelle proprie capacità e consapevolezza dei propri limiti.
Le Arti Marziali hanno lo scopo di far muovere i bambini, divertendosi; non necessitano di ausili o strumenti che devono essere maneggiati, riducendo il rischio di trasmissione delle infezioni e di contaminazione degli oggetti, rendendo la loro permanenza in ospedale un po’ meno gravosa.
La Fibrosi Cistica (FC) è una malattia genetica autosomica recessiva che accorcia decisamente la vita. È la malattia genetica più diffusa in Italia ed è provocata da mutazioni del gene che codifica la proteina CFTR (“gene regolatore della conduttanza transmembrana della Fibrosi Cistica“) localizzato sul braccio lungo del cromosoma 7, che implicano un alterato funzionamento di tale gene presente nelle cellule che secernono muco, che colpisce soprattutto le vie respiratorie e il tratto gastrointestinale.
Le caratteristiche definenti della Fibrosi Cistica sono le malattie polmonari croniche e progressive, derivanti dalla produzione di secrezioni disidratate, da muco denso e vischioso, con conseguente ostruzione delle vie aeree e da malnutrizione derivante dall’insufficienza pancreatica.
È quindi possibile curare i bambini affetti da Fibrosi Cistica con lo sport e con il gioco, prendendosi cura soprattutto dell’aspetto respiratorio e del fatto che essi hanno bisogno di fare movimento, affinché le loro secrezioni bronchiali non ristagnino e quindi non si infettino e non danneggino i loro polmoni.
Su questi presupposti si basa il lavoro dell’Associazione no profit “Kids Kicking Cancer” (nata negli USA per opera di Rabbi Elimelech Goldberg, meglio conosciuto come Rabbi G., in seguito alla morte della figlia affetta da leucemia), che ha adottato questa iniziativa nell’Ospedale Bambino Gesù di Roma e successivamente nel Policlinico di Bari, per sostenere la partecipazione dei piccoli pazienti e potenziare l’alleanza terapeutica con gli infermieri e i medici, garantendo un’assistenza a 360°.
I Professionisti che offrono il proprio operato nell’Associazione, sono spinti da forti motivazioni e alcuni di essi, seguono periodicamente training specifici per poter lavorare con i piccoli pazienti; infatti, essi vengono formati allo scopo di diventare “Martial Arts Therapist” e in questo modo, acquisiscono metodiche che aiutano ad alleviare il dolore, insegnando a reagire alla malattia fisicamente, spiritualmente ed emotivamente.
Le tre parole che meglio rappresentano la missione di questa Associazione, sono:
- Power: identifica la “forza” per affrontare una situazione estrema, in questo caso la malattia.
- Peace: è il raggiungimento della consapevolezza della propria forza e di una maggiore “tranquillità interiore”.
- Purpose: è il traguardo finale, in cui i bambini che hanno compreso l’importanza di questa metodica, insegnano agli altri le tecniche che hanno appreso, aiutandoli a superare i momenti di difficoltà.
Benefici della pratica sportiva
L’attività fisica, compresa quella sportiva, è fortemente raccomandata nelle persone con Fibrosi Cistica, in quanto previene, sin dalla giovane età, il declino della funzione respiratoria. Oltre a migliorare le prestazioni muscolari e cardio-respiratorie in generale, l’esercizio fisico aiuta la rimozione dei secreti bronchiali, poiché riduce il riassorbimento del sodio, determinando un muco meno denso e più facile da espettorare. Un maggiore drenaggio delle vie aeree si traduce in un minor ristagno di muco, di conseguenza si riduce l’infiammazione e il rischio di infezioni batteriche.
La FC ha anche un importante impatto sullo stato nutrizionale dei soggetti affetti pertanto, per chi desideri iniziare un’attività sportiva agonistica, è fortemente consigliato un “counseling” nutrizionale. Altrettanto importante è offrire ai pazienti informazioni adeguate sull’assunzione di liquidi ed elettroliti e sul controllo glicemico in corso di allenamento.
Non meno importante è l’effetto che l’esercizio fisico esplica sulla qualità di vita di bambini ed adulti affetti da Fibrosi Cistica. È importante promuovere l’esercizio fisico sin dai primi anni di vita del bambino, organizzando attività adeguate alle diverse fasce di età.
Secondo studi presenti in letteratura i pazienti sottoposti ad un programma di allenamento aerobico, di almeno 4 sedute di esercizi la settimana, mostrano un miglioramento significativo della percezione della qualità della vita rispetto a pazienti in sola terapia medica, anche dopo 2 anni di follow-up (“Quality of Well Being Scale”).
Va quindi affermato che la malattia in quanto tale non costituisce una controindicazione all’esercizio fisico, sia esso svolto in veste amatoriale o anche in qualità di agonista.
Promuovere l’aderenza all’esercizio fisico è di cruciale importanza.
La formulazione di un programma di allenamento specificamente rivolto ad un paziente con FC deve considerare le sue caratteristiche individuali: l’età, la gravità della malattia respiratoria, lo stato nutrizionale, la presenza di comorbidità.
Già nel bambino la propensione all’attività fisica può essere favorita attraverso il gioco, secondo le tappe dello sviluppo psicomotorio, e mediante il coinvolgimento dei genitori. Al bambino con malattia polmonare severa è utile prescrivere programmi di esercizio fisico strutturato (cyclette, esercizi per la forza, esercizi per la coordinazione, esercizi per la flessibilità) privilegiando le attività aerobiche.
Nel paziente adolescente, in cui è frequente una riduzione della compliance (insieme a minori livelli di attività fisica rispetto ai coetanei sani), è importante considerare i fattori favorenti l’aderenza ai programmi di esercizio: la supervisione periodica dei programmi di allenamento, le preferenze del paziente, la variazione delle attività, il tutto allo scopo di facilitare la partecipazione a lungo termine.
In generale, le raccomandazioni riguardanti la scelta delle attività e la prescrizione dei programmi di allenamento distingue i pazienti con malattia respiratoria di grado lieve-moderato da quelli con malattia severa.
Ai primi sono consigliate attività di tipo principalmente aerobico (bicicletta, camminata, nuoto, corsa, canottaggio etc.), ma anche l’allenamento della forza muscolare e della mobilità. La tipologia suggerita è quella dell’allenamento continuo e/o intervallato, con frequenza di 3-5 volte a settimana, per una durata di 30-45 minuti per sessione di allenamento.
Ai pazienti con danno polmonare severo è utile prescrivere il ricondizionamento all’esercizio tramite il cammino, la cyclette, esercizi a corpo libero o con piccoli pesi, le attività di vita quotidiana. Si consiglia una modalità di allenamento intervallato di breve durata (20-30 minuti), da eseguire 5 volte a settimana a una bassa intensità di sforzo.
La Federazione Medico Sportiva Italiana elabora e pubblica periodicamente dei criteri di valutazione pneumologica per l’idoneità all’attività sportiva.
Per quello che concerne la FC, per pazienti con buon controllo della malattia indica l’idoneità allo svolgimento di attività sportive anche agonistiche quali vela, nuoto, pallanuoto, atletica leggera, calcio, tennis, pallavolo, basket, danza, canottaggio, ciclismo, sci di fondo. Prudenza viene raccomandata per quello che riguarda gli sport ad “alto contatto” (per esempio, lotta e football americano), soprattutto per i pazienti ad alto rischio di pneumotorace. Inoltre, gli sport in quota potrebbero aggravare situazioni respiratorie instabili.
Come per ogni altra patologia cronica respiratoria, prima di concedere l’idoneità agonistica allo sport è necessaria una valutazione globale del soggetto, che tenga conto dell’età, della gravità della malattia respiratoria, dello stato nutrizionale e della presenza di comorbidità. Nei casi dubbi, il medico dello sport potrà avvalersi della consulenza del team multidisciplinare FC di riferimento del paziente, per una definizione del quadro clinico completa ed accurata.
Prima di intraprendere un programma di allenamento è raccomandata l’effettuazione di un test dinamico per la valutazione della tolleranza allo sforzo e per l’identificazione di limitazioni all’esercizio, per le quali saranno fornite al paziente raccomandazioni di sicurezza da osservare durante l’allenamento.
Per ottenere il certificato di idoneità all’attività agonistica, oltre ad un buon quadro clinico generale, è necessario che il volume espiratorio massimo al primo secondo di una espirazione forzata (VEMS o FEV1), misurato alla spirometria, sia >70% del valore predetto di normalità e siano assenti ipossiemia ed ipercapnia. Inoltre, dovranno essere escluse alterazioni cardiovascolari all’elettrocardiogramma sotto sforzo.
Controindicazione momentanea (di solito 30 giorni) all’esecuzione di attività sportiva è la riacutizzazione respiratoria in atto.
I pazienti con FC e le famiglie dovrebbero essere informati accuratamente circa l’importanza dell’attività fisica quotidiana e degli effetti positivi ad essa correlati, sia a breve che a lungo termine; in questa fase svolge un ruolo di fondamentale importanza il personale sanitario che ha in cura il paziente con FC.
Per ottenere una migliore e prolungata aderenza, dovrebbero essere consigliate le attività fisiche che il paziente preferisce, con le quali si diverte e che siano anche supportate dai familiari.
Testimonianza di una giovane “guerriera”
Questa è la testimonianza di una ragazza a cui è stata diagnosticata la Fibrosi Cistica a 11 mesi.
“La mamma mi racconta che dormivo solo seduta, mai sdraiata: non respiravo, tanto ero piena di muco. Quando andavo all’asilo mi faceva le battiture e dovevo tossire. Inoltre, soffiavo con una cannuccia in una bottiglia piena d’acqua in cui c’erano delle palline colorate che dovevo muovere facendo le bolle (era la PEP mask dei tempi). Di notte si usava il nebulizzatore, che vaporizzava il sale con l’acqua fisiologica.
I miei erano stati molto chiari: fin da bambina non mi hanno mai nascosto la verità. Mi hanno detto che per fare determinate cose avrei faticato più degli altri, perché respiravo meno, e che la fatica doveva essermi da stimolo, non da deterrente, per riuscirci. Non dovevo mollare.
La Fibrosi Cistica non mi fa paura, da quando sono nata l’affronto con la consapevolezza del percorso di una malattia degenerativa.
Crescendo, ho praticato diversi sport, ma la svolta è avvenuta con la scoperta degli sport da combattimento, i quali ormai vanno in accoppiata quotidiana con la terapia, regalandomi risultati evidenti.
Per me combattere è sinonimo di curarmi, perché la malattia, che lo voglia o meno, mi mette dei limiti; combatto per cercare di superarli o almeno di contrastarli.
La vita è una lotta per tutti, in particolar modo per me, che ogni giorno affronto un avversario invisibile: fare le terapie mi fa mancare un nemico concreto; sul Tatami mi batto contro un avversario in carne ed ossa e, ancora un po’, contro i miei limiti. Tre anni fa i miei livelli stavano calando drasticamente, al punto che un piano di scale era diventato un ostacolo, così, mi sono allenata e sono passata dal 40 al 65% di FEV1, non avendo più bisogno di ricoveri così frequenti. Questa preparazione atletica mi ha migliorato la qualità della vita.
Per quanto concerne i miei progetti a breve e lungo termine, a livello sportivo ho tutte le intenzioni di continuare con le Arti Marziali.
La malattia mi portato via già abbastanza tempo e non ho intenzione di farmene portare via altro”.
La respirazione efficace (rilassamento e riduzione dell’ansia) nella pratica del Karate
È stata accertata l’esistenza di un collegamento fra mente, sistema nervoso e respiro; le tensioni, le preoccupazioni, le ansie e le paure, sono purtroppo in grado di influire sul suo ritmo. Questo, tuttavia, non deve scoraggiarci poiché è anche vero il contrario: si può partire dal respiro per risolvere molti problemi.
Le funzioni principali dell’apparato respiratorio sono: l’inspirazione e l’espirazione (ventilazione polmonare), scambio gassoso nei polmoni, trasporto dei gas respiratori e metabolismo nei tessuti.
La ventilazione polmonare è possibile solo per “differenza di pressione”. L’aria penetra all’interno dei polmoni solo se in essi vi è una pressione minore e l’espulsione dell’aria avviene solo se la pressione nei polmoni è maggiore di quella esterna. Questa differenza di pressione è provocata dai movimenti respiratori, con l’apporto dei diversi muscoli i quali si distinguono in inspiratori (diaframma) ed espiratori (intercostali – addominali).
Nell’uomo prevale un’attività respiratoria di tipo addominale o diaframmatica, mentre la donna ha una maggiore predisposizione per una respirazione costale o toracica.
L’atleta deve essere allenato a respirare il più possibile con il naso, anche se esso permette un ingresso minore di aria. Questo perché il contatto con la mucosa nasale ha una duplice funzione: trattiene le particelle e preriscalda l’aria in modo che arrivi ai polmoni alla giusta temperatura. L’organismo avverte da solo la necessità di passare ad una respirazione con la bocca, nel caso di un bisogno maggiore di ossigeno come avviene, ad esempio, in sforzi intensi e prolungati.
Una respirazione lenta e profonda, soprattutto nella fase di recupero, offre molti vantaggi: tutte le zone polmonari sono ventilate, gli scambi gassosi ed il recupero sono migliori.
L’esecuzione regolare degli esercizi respiratori rafforza la muscolatura, aumenta il volume polmonare e la quantità massima di aria che si può emettere dai polmoni con un’espirazione forzata, dopo una inspirazione anch’essa forzata.
Bisogna ora chiarire l’importanza che riveste un utilizzo corretto della respirazione nella pratica del Karate e come deve essere adattata alle diverse esigenze tecniche. Nella fase di inspirazione i muscoli addominali tendono a rilassarsi, mentre nella espirazione questi tendono a contrarsi e la “forza della contrazione” dipende dall’intensità e dalla velocità con cui viene espulsa l’aria dai polmoni. Quello che però è interessante chiarire è come poter migliorare e sfruttare i cicli respiratori.
Nella vita di tutti i giorni, svolgendo le comuni attività, gli atti respiratori avvengono più o meno nei tempi previsti garantendo all’organismo di poter assolvere a tutte le sue funzioni. In pratica, noi respiriamo senza rendercene conto perché il tutto è regolato da impulsi nervosi, che indicano la posizione dei polmoni, la percentuale di anidride carbonica presente nel sangue e altro ancora.
Nello sport invece, possiamo rivolgere un’attenzione particolare al modo con cui si respira, non solo per avere una resistenza maggiore allo sforzo, ma come è stato già detto, anche per assicurare un processo di recupero migliore.
Nella pratica del Karate, in senso molto generale, si insegna che si deve inspirare durante le parate ed espirare negli attacchi.
E’ importante ricordare che nel Karate si deve utilizzare in modo appropriato la quantità d’aria residua che rimane fisiologicamente nei polmoni (circa il 20%), per essere sicuri di avere sempre una discreta riserva che può dare nei momenti che lo richiedono, una rapida contrazione dei muscoli addominali e quindi una potenza finale più grande in un tempo brevissimo. Tutto questo permette, facendosi aiutare da una buona dose di concentrazione, di guidare la respirazione in modo che risponda continuamente alle esigenze tecniche e quindi di essere sempre nella condizione ottimale di contrazione ed espansione muscolare.
Visto che una delle principali responsabilità del Professionista Infermiere è quello di “prendersi cura” delle persone assistite, concentrandosi molto sull’aspetto della relazione con gli stessi e non limitando il proprio operato alla sola somministrazione della terapia o ad altri compiti assistenziali (seppur fondamentali), l’obiettivo di questa mia “indagine conoscitiva” è quello di dimostrare come, integrando l’Assistenza Infermieristica allo sport e in particolare alle Arti Marziali, si possa migliorare la respirazione dei bambini affetti da Fibrosi Cistica.
A tal proposito, il quesito della suddetta Ricerca è il seguente: “In che modo la figura dell’infermiere può contribuire al superamento dell’ansia e dello stress derivante dalle numerose terapie alle quali sono costretti a sottoporsi questi piccoli guerrieri?”
Pertanto, ho pensato di seguire un percorso che potesse partire dalla comparsa dei disturbi psico-fisici che la Fibrosi Cistica comporta, per poi trattare il ruolo che assume l’infermiere nell’assistenza individualizzata al paziente pediatrico, mediante l’applicazione di tecniche basilari provenienti dalle Arti Marziali.
Per fare ciò, è stato somministrato un questionario anonimo al Coordinatore e a tutto il personale infermieristico del Reparto di Pediatria dell’Ospedale Santissima Annunziata di Taranto.
È stato chiesto loro di valutare l’eventuale utilità dell’intervento, le loro conoscenze in materia e la loro predisposizione nell’accettare questa proposta di progetto.
Inoltre, tale questionario mi ha consentito di conoscere le loro impressioni ed emozioni in merito e naturalmente l’importanza dell’eventuale “risposta terapeutica” da parte del piccolo assistito affetto da Fibrosi Cistica con severi problemi respiratori.
Dall’indagine condotta si evince che una buona quota di infermieri si è dimostrata sensibile alla tematica in oggetto (80%) e questo aspetto rappresenta un punto di partenza positivo, altri possiedono una scarsa preparazione conoscitiva al riguardo (19%) e una piccolissima percentuale di loro ha mostrato un atteggiamento discordante (1%).
CONCLUSIONI
Fino a non molto tempo fa le persone affette da Fibrosi Cistica si astenevano dal praticare attività fisica, in quanto si pensava che lo sforzo, e la conseguente mancanza di respiro, avrebbero affaticato ulteriormente i loro polmoni, che ad un certo punto avrebbero ceduto.
Oggi ci rendiamo conto che è esattamente l’opposto, poiché alcuni esercizi sono consigliati anche durante le infezioni.
Sappiamo che i pazienti che si mantengono in forma possono lottare meglio contro questa malattia, poiché doverla affrontare è sempre un trauma e lo è ancora di più se si tratta di bambini. Inoltre, essi contraggono meno infezioni e generalmente vivono meglio e più a lungo; sempre più frequentemente, infatti, i Professionisti Sanitari integrano l’attività fisica nel regime della clearance dei polmoni.
«Ognuno di noi ha la forza per soffiare via il dolore», tutto ciò è possibile «inspirando la luce e buttando fuori il buio».
La citazione di Rabbi Elimelech Goldberg, è calzante per rispondere alla domanda, nonché focus centrale del presente lavoro: “In che modo la figura dell’infermiere può contribuire al superamento dell’ansia e dello stress derivante dalle numerose terapie alle quali sono costretti a sottoporsi questi piccoli guerrieri?”.
Un aiuto, anche se sembrerà strano, può arrivare dalle Arti Marziali; quello che potrebbe sembrare un gioco, è invece un metodo scientifico estremamente valido per far sì che i piccoli recuperino un rapporto positivo con il proprio corpo.
Le Arti Marziali permettono al bambino di avere un controllo della respirazione, di fare attività fisica, di muovere le articolazioni e quindi di uscire un po’ da quello che è il normale “congelamento”, rappresentato dalla cura e dalla malattia.
Le statistiche riportano casi di 5000 bambini trattati ogni anno nel mondo, 160 Martial Arts Therapists formati in Italia per 2500 lezioni l’anno, in tutti gli ospedali della penisola e la differenza tra prima e dopo la lezione è evidente.
Lo scopo dell’indagine era di produrre informazioni sul livello di conoscenza e sensibilizzare gli infermieri, circa l’applicazione della Martial Arts Therapy nei reparti pediatrici per il trattamento della Fibrosi Cistica.
Una buona quota di infermieri si è dimostrata sensibile alla tematica in oggetto e questo aspetto rappresenta un punto di partenza positivo, altri possiedono una scarsa preparazione conoscitiva al riguardo e una piccolissima percentuale di loro ha mostrato un atteggiamento discordante.
A mio avviso, per far fronte alla carenza di informazioni del personale infermieristico, bisognerebbe strutturare una proposta formativa che abbia lo scopo di rispondere a questo bisogno di conoscenza.
È impensabile che ancora oggi, nel 2018, i professionisti sanitari limitino la loro assistenza basandosi esclusivamente sulla somministrazione della terapia, ignorando l’esistenza di approcci differenti da quelli canonici, ad esempio incentrati sulla valenza terapeutica del gioco, che rende la degenza meno noiosa, ovvero “a misura di bimbo”.
Affinché gli infermieri divengano maggiormente consapevoli della rilevanza del tema in materia di approccio relazionale al piccolo paziente, mediante l’applicazione delle Arti Marziali, è necessario che essi comprendano quanto il problema sia presente nella pratica quotidiana.
Ci si augura comunque che la rilevanza del tema, oggi sentita già in diversi ospedali italiani, ben presto si espanda maggiormente creando nei prossimi anni una varietà di infermieri più preparati in materia.
Dedico questo elaborato agli Eroi, piccoli e grandi che devono affrontare il dolore, la paura, la malattia.
Al loro coraggio, alla loro saggezza, ai loro insegnamenti. Alla vita.
Viviana Mitrotta, Infermiera
Cosimo Della Pietà, Professore a contratto CdL Infermierisica
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Fibrosi cistica: news su terapie, sperimentazioni e qualità della vita.
Fibrosi cistica, sempre più stretta la relazione con il mondo dello sport, www.osservatoriomalattierare.it
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