Salute, Nursing Up. Riforma numero chiuso Medicina. De Palma: «Non serve alla nostra Sanità un esercito di giovani dirottato verso infermieristica come seconda scelta, dopo aver fallito l’accesso al nuovo percorso di Medicina».
«In una Italia che ha bisogno come il pane di infermieri, in una Italia che senza valorizzazione dei professionisti dell’area non medica, non smetteremo mai di denunciarlo, non ha alcun futuro, ci appare controverso e poco chiaro il provvedimento del Senato in relazione alla Riforma di accesso a Medicina, soprattutto ci sembra poco rispettoso dell’identità e delle necessità delle altre professioni sanitarie.
Oggi questo esecutivo vuole mettere in atto quella che definisce una Riforma della Facoltà di Medicina, ma che in realtà non prevede nessuna rivoluzione sull’abolizione del numero chiuso, ma solo un percorso di accesso diverso rispetto a quello attuale.
La riforma prevede un primo semestre libero dopo il quale si dovrà sostenere un esame di Stato: nel caso di mancata ammissione verranno riconosciuti i crediti formativi utili per potere cambiare facoltà. Per essere ammessi al secondo semestre, oltre ad aver passato tutti gli esami, sarà prevista la collocazione in una graduatoria di merito nazionale. L’unica cosa certa è che non si tratta, ripetiamo, della fine del numero chiuso. All’atto di iscrizione a Medicina infatti tutti gli aspiranti medici dovranno indicare una seconda scelta sempre all’interno di quell’area che potrebbe diventare la loro destinazione finale: la doppia iscrizione sarà gratuita. In alternativa potranno optare per qualsiasi altro corso di laurea, perdendo però i crediti acquisiti: le modalità per questo cambio in corsa andranno definite solo successivamente.
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
Da parte nostra un quesito è quindi doveroso. Cosa è, e cosa ne sarà è dalla valorizzazione e dell’identità delle altre professioni sanitarie, in primis quella infermieristica?
A nostro avviso non appare certo edificante, nel pieno di un crisi di carenza di personale, che dovrebbe essere risolta con ben altri interventi, assistere all’azione di un Governo che concentra ancora una volta il suo interesse solo sulla questione dei medici, come se in Italia fossero questi a mancare e non gli infermieri!
Non è nemmeno costruttivo ipotizzare una percentuale di iscritti ad infermieristica, che vi si trovano in quanto “reduci” dalla bocciatura per diventare medici.
Il medesimo discorso potrebbe valere per le altre facoltà, che hanno bisogno di riconquistare il loro appeal e non di essere “riempite” da un esercito di scontenti che le ha scelte come piano B.
Sono questi gli infermieri del futuro che vogliamo per la tanto attesa svolta?
Vogliamo essere chiari, una volta per tutte, continua De Palma.
L’Italia ha bisogno di infermieri, il mondo ha bisogno di infermieri, e non è certo una nostra pretesa, ma una necessità della popolazione che continua ad essere denunciata da report nazionali e internazionali autorevoli, OCSE sopra tutti.
E’ già estremamente difficile, nel pieno di una scelta consapevole, diventare infermiere, nel complesso contesto del nostro Paese, dovendo resistere “alle intemperie” di una sanità che versa in una condizione di crisi che rischia di diventare irreversibile, e che si abbatte come un ciclone sui professionisti dell’assistenza, fino a spingerli a fughe all’estero e dimissioni.
Gli ultimi dati parlano di un buon 30% di studenti infermieri che si perdono durante il corso universitario, e si tratta di persone “che volevano di fatto diventare infermiere” .
Figuriamoci cosa accadrebbe, e quanti in più potremmo perderne, se una parte di queste “nuove leve” non avesse neanche scelto di diventare infermiere come propria priorità.
E’ arrivato il momento di risolvere i problemi alla radice, e di inquadrare le reali carenze di cui occuparsi prioritariamente, o si rischia pericolosamente di imboccare una strada senza ritorno», chiosa De Palma.
Redazione Nurse Times
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