Grande successo per il progetto editoriale denominato NExT (Nurse EXperimental Thesis) targato Nurse Times
Giunge al nostro indirizzo mail [email protected] il lavoro di tesi della dott.ssa Giada Lucia LAZZARATO dal titolo “Adolescenti con patologia oncologica e sfera della sessualità: la necessità di una presa in carico dedicata”, laureatasi presso l’Università degli Studi di Milano “Bicocca”, nell’a.a. 2017 – 2018.
…di Giada Lucia LAZZARATO
L’adolescenza segna il periodo centrale di transizione da età infantile ad età adulta, ovvero l’arco temporale tra i 10 e i 24 anni di età (Moules et al., 2017). È caratterizzata dalla pubertà e dalla maturazione di organi e tessuti (Ministero della Salute, 2015): rappresenta una fase di cambiamento, sviluppo ed adattamento e quando la patologia oncologica si manifesta durante tale fase di crescita è possibile che lo sviluppo delle esperienze tipiche dell’età adolescenziale vengano eclissate da quella della malattia (Moules et al., 2017).
Gli studi epidemiologici effettuati dai Registri Tumori-AIRTUM, nel periodo 2003 – 2008, hanno dimostrato che nell’ultimo decennio si è verificato un incremento dell’incidenza di malattia negli adolescenti, che invece rimane stazionaria nell’infanzia (Tabella n.1).
Tabella n.1: Epidemiologia dei tumori in età infantile ed adolescenziale (Ministero della Salute, 2016; Società Italiana di Pediatria, 2016)
Peculiarità della malattia oncologica in età adolescenziale è che le forme più frequentemente presentate sono tipiche dell’età pediatrica e meglio rispondono a protocolli pensati per questa popolazione (Ferrari et al., 2008).
Gli adolescenti ed i giovani adulti, inoltre, sperimentano un ritardo diagnostico (+ 140 giorni) legato anche allo scarso monitoraggio che genitori e famiglia possono esercitare sui soggetti di questa età, sempre alla ricerca di autonomia e indipendenza (La Repubblica, 2015). Questi aspetti, uniti allo scarso arruolamento degli adolescenti nei trials clinici (1989-2006: arruolamento del 55% degli adolescenti vs 70% bambini), fanno sì che la prognosi di un giovane adulto affetto da malattia oncologica sia generalmente peggiore rispetto a quella di un bambino o di un adulto portatori di simile patologia. (Ferrari et al., 2008).
Dal punto di vista della presa in carico, diversi autori descrivono gli adolescenti come “No Man’s Land” (Ferrari A., 2014; Magni et al., 2016): essi infatti sono spesso esclusi dal mondo pediatrico per raggiunti limiti di età (secondo regolamentazioni regionali e/o nazionali) pur tuttavia discostandosi dalle caratteristiche della popolazione adulta e non trovando un ambiente ad esso dedicato nelle Unità Operative per adulti. Questo comporta, ovviamente, frammentazione dei servizi, scarsa comunicazione ed integrazione professionale, con rischio di scarsa qualità di cura offerta all’adolescente, peggioramento della prognosi e peggior follow-up. Moules et al (2017) definiscono questi soggetti come una “tribù a parte” per le esigenze specifiche e poco allineabili a quelle delle età cui si accostano (bambini e adulti): tra queste una delle più significative riguarda la sfera della sessualità, intesa come esplorazione e conoscenza di sé, anche attraverso la relazione affettiva e sessuale con l’altro (Morgan et al., 2010; Magni et al., 2016; Moules et al., 2017; Olsson et al., 2018).
Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la sessualità rappresenta “un aspetto centrale dell’essere umano durante tutta la vita e comprende sesso, identità di genere e ruoli, orientamento sessuale, erotismo, piacere, intimità e riproduzione. La sessualità è un’esperienza che trova espressione in pensieri, fantasie, desideri, credenze, attitudini, valori, comportamenti, pratica, ruoli e relazioni. Mentre la sessualità può includere tutte queste dimensioni, non tutte vengono sempre espresse. La sessualità è influenzata da interazioni di fattori biologici, psicologici, sociali, economici, politici, culturali, etici, legali, storici, religiosi e spirituali” e la salute sessuale è uno “stato di benessere fisico, emozionale, mentale e sociale in relazione alla sessualità” (OMS, 2006).
Questo evidenzia quanto l’aspetto della sessualità nell’adolescente e specialmente in quello affetto da malattia oncologica, sia di importanza centrale al fine di garantire una stabilità emotiva e psichica a lungo termine (Moules et al., 2017).
La ricerca scientifica riguardante queste tematiche si è da sempre concentrata sulla sfera bio-fisiologica spesso studiando quasi unicamente l’aspetto della fertilità. In realtà, numerose sono le sfaccettature della problematica in merito alle relazioni che il soggetto è in grado di stabilire con un partner, alla propria self-confidence in ambito di sessualità, nel raggiungimento di tappe socialmente riconosciute (ad es. matrimonio, primo rapporto sessuale) e nell’interesse provato verso queste attività (Sundberg et al., 2010; Zebrack et al., 2010; Geue et al., 2015).
Negli anni ‘60 è ’70 è stato evidenziato come un trattamento aggressivo della patologia oncologica pediatrica diventasse un “costo” per i sopravvissuti con la comparsa di nuovi problemi tra cui: ritardi della crescita, malattie cardiache e polmonari, disordini neurologici e cognitivi e la possibile comparsa di una nuova neoformazione. Il trattamento anti-tumorale prevede la combinazione di diverse terapie e può includere chirurgia, radiazioni e terapia farmacologica medica. Le alterazioni sperimentate dai sopravvissuti al cancro sono specifiche in base al tipo di tumore poiché associate al tipo di intervento chirurgico, alla dose di chemioterapia così come alla dose delle radiazioni e dalla loro localizzazione ricevute durante la radioterapia (Jacobs et al., 2013).
Il trattamento anti-tumorale si associa ad effetti a breve e lungo termine sulla salute e ad effetti tardivi come ad esempio deficit cognitivi dopo aver ricevuto radiazioni al cranio. Gli effetti a lungo termine sono quelli che iniziano durante il trattamento e persistono; gli effetti tardivi sono quelli che insorgono anni dopo la conclusione del trattamento come risultato del trattamento ricevuto: questi effetti trattamento-correlati, sono stati documentati fino a 30 anni post-diagnosi ed è stato dimostrato che compromettono in maniera significativa la qualità di vita dei sopravvissuti (Bober et al., 2013; Jacobs et al., 2013; Moules et al., 2017).
Tutte le modalità usate per trattare il tumore hanno il potenziale di compromettere significativamente la funzione sessuale, una situazione che spesso rimane irrisolta e rappresenta una fonte di stress nei sopravvissuti (Bober et al., 2012).
I problemi fisico-sessuali più comuni includono: basso desiderio, dolore ai genitali, minore lubrificazione, difficoltà di erezione ed eccitabilità (Olsson et al., 2018).
L’esposizione alle radiazioni di cranio, ovaie e testicoli ed alcuni tipi di chemioterapia (ad esempio gli agenti alchilanti come ciclofosfamide, cisplatino, carboplatino oxaliplatino ed altri) possono causare un ritardo o l’assenza della pubertà, della libido, della maturazione sessuale e disfunzioni erettili (Jervaeus et al., 2015).
Il trattamento chirurgico (in particolar modo quando comporta la rimozione del tumore o degli organi affetti con conseguenti cicatrici o amputazioni), può influenzare in modo significativo l’individuo, la sua autostima e l’immagine corporea: un cambiamento dell’aspetto fisico potrebbe causare una minore confidenza sessuale e la sensazione di sentirsi poco attraente (Jervaeus et al., 2015; Moules et al., 2017).
Tuttavia, coloro che sopravvivono al tumore infantile sembrano essere resilienti e capaci di adattarsi bene, sebbene ci siano gruppi di sopravvissuti più vulnerabili con un rischio aumentato di complicanze ed esiti a lungo termine invalidanti, da un punto di vista fisico e/o psico-emotivo: infatti essi sono a maggior rischio di sviluppare sintomi depressivi ed ansia in relazione alla loro diagnosi di cancro e al trattamento.
Per alcuni, questi sintomi possono essere classificati come da stress post-traumatico o, in casi estremi, disturbo da stress post-traumatico (Jacobs et al., 2013).
Spesso gli adolescenti assumono comportamenti rischiosi per la salute (ad esempio uso di tabacco, droghe ed alcol o sesso non protetto) che sono associati ad una varietà di outcomes avversi che includono abuso e/o dipendenza da sostanze, scarso rendimento scolastico e professionale e scarsa salute fisica e mentale; a differenza di coloro che sopravvivono alla patologia oncologica, i quali spesso tendono all’astinenza o alla limitazione di suddetti comportamenti rischiosi per la salute come meccanismo per rimanere sani (Klosky et al., 2014; Morgan et al., 2010).
Un comportamento che richiede particolare attenzione è il comportamento sessuale rischioso, definito come l’assunzione di comportamenti sessuali che portano alla trasmissione o alla contrazione di malattie od infezioni oppure ad una gravidanza
inattesa (Klosky et al., 2014).
Per questo motivo, è importante considerare che lo sviluppo di una esperienza diretta o la costruzione di proprie conoscenze nel campo della sessualità sono particolarmente compromesse nel caso di ragazzi affetti da una malattia oncologica, costretti a lunghe ospedalizzazioni o a periodi di isolamento domestico (Moules et al., 2017). Questo fa sì che, diversamente dai propri coetanei sani, spesso adolescenti malati non affrontino l’argomento né con adulti né tra pari. Anche il tema della sicurezza in ambito dei rapporti sessuali e della prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili (MST) è molto sottovalutato e poco trattato con questa categoria di ragazzi: infatti, gli adolescenti che hanno avuto una storia di malattia in età infantile spesso si ritengono sterili e non utilizzano precauzioni durante i rapporti perché non si considerano a rischio di contagio (Bolte et al., 2008). Questo è solo un esempio di quanto il tema sia cruciale.
Ciononostante, la sessualità negli adolescenti malati di tumore è un tema che appare di difficile gestione anche perché è ancora un tabù sociale, per certi aspetti, discutere di sessualità con i giovani (Moules et al., 2017). Questo è vero anche per i professionisti sanitari che, al contrario, potrebbero avere un ruolo chiave nel rendere questi argomenti discussi e fruibili da parte di giovani e ragazzi: è stato dimostrato che i professionisti sanitari spesso evitano di affrontare l’argomento della sessualità o della disfunzione sessuale quando parlano con i sopravvissuti al cancro, a meno che questi non inizino a trattare il tema di propria iniziativa (Jervaeus et al., 2015).
Il team di cura multidisciplinare di un bambino/adolescente potrebbe anche facilitare la conversazione in merito alla sessualità ed all’intimità, decidendo anche in che modo strutturare la conversazione (in presenza o meno del partner/genitori) in accordo prima di tutto con l’assistito, e poi l’eventuale partner e i caregivers (Bolte et al., 2008).
Alla luce di queste considerazioni, l’obiettivo di questo elaborato è identificare le problematiche presentate dalla popolazione di adolescenti e giovani adulti affetti (anche in età infantile) da patologia oncologica, in merito alla sfera della sessualità nelle sue sfaccettature.
Si intende anche verificare se sono presenti gap di conoscenze e competenze, derivanti anche da eventuali carenze da parte di servizi o personale sanitario (Moules et al., 2017). L’elaborato, inoltre, vuole identificare anche strategie che possano rappresentare interventi dedicati ai bisogni identificati.
A sostegno intervengono documenti ufficiali della professione infermieristica quali il Profilo Professionale ed Il Codice Deontologico (CD) che definiscono la natura dell’assistenza infermieristica come di natura tecnica, relazionale, educativa, identificando, tra le principali funzioni della stessa, la prevenzione delle malattie, l’educazione sanitaria rivolta ad individui di ogni età, nel pieno rispetto della libertà e dignità individuali (DM n. 739/94; CD, 2009, art. 2 e 3).
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